I nuovi cardinali di Francesco – Concluse le celebrazioni del
Concistoro
di Paolo Fucili
Ricevendo l'ambita porpora, un cardinale novello non entra a far parte di una “corte”. “Lo dico specialmente a voi”, si è raccomandato Francesco coi 19 cardinali cui ha consegnato ieri berretta, anello e “titolo” o diaconia cardinalizia. Sobrio, essenziale e concreto doveva essere il primo concistoro di papa Bergoglio, annunciato lo scorso 12 gennaio, e così è stato, in linea col severo monito dell'omelia di stamane, alla messa celebrata in san Pietro alle 10 coi cardinali vecchi e nuovi: no ovvero ad abitudini e comportamenti “di corte”, nel senso deteriore del termine, quali “intrighi, chiacchiere, cordate, favoritismi, preferenze. Il nostro linguaggio”, consiglia invece caldamente il Pontefice, “sia quello del Vangelo: sì, sì; no, no; i nostri atteggiamenti quelli delle Beatitudini, e la nostra via quella della santità”.
Così li vuole Francesco, “santi” più che “principi” in una parola, come templi di Dio, suggerisce oggi Paolo nella seconda lettura, in cui si celebra la “liturgia esistenziale” della bontà, del perdono, del servizio. Al contrario, ha incalzato il Pontefice, “un cuore vuoto di amore è come una chiesa sconsacrata, sottratta al servizio divino e destinata ad altro”. Con la precisazione non marginale che la santità può sì sembrare una “meta irraggiungibile”; ma non è mai un'opera nostra, semmai il frutto della docilità allo Spirito di Dio. Perché no, porgere l'altra guancia o amare il proprio nemico, insegna appunto il Vangelo odierno, non è certo facile né comodo: ma Gesù “non è venuto a insegnarci le buone maniere, maniere da salotto! Per questo non c’era bisogno che scendesse dal Cielo e morisse sulla croce”, ha spiegato con l'abituale, schietta efficacia.
Dunque “amiamo coloro che ci sono ostili; benediciamo chi sparla di noi; salutiamo con un sorriso chi forse non lo merita; non aspiriamo a farci valere, ma opponiamo la mitezza alla prepotenza; dimentichiamo le umiliazioni subite”. E all'Angelus di mezzogiorno altro ammonimento ancora, per chi ha “ministeri di guida” nella Chiesa: mai “ritenersi proprietari di poteri speciali, padroni, ma porsi al servizio della comunità, aiutandola a percorrere con gioia il cammino della santità”, lavorando nella Chiesa per quell'unità che “è più importante dei conflitti! L’unità della Chiesa è di Cristo, i conflitti sono problemi che non sono sempre di Cristo”.. Quindi è seguito un caldo invito ai presenti a pregare per Papa, cardinali e vescovi tutti “perché siamo buoni servitori: buoni servitori, non buoni padroni!”.
Così è terminata per Francesco una settimana intensa di lavoro, iniziata col vertice del cosiddetto “G8” (il consiglio di cardinali da lui istituito per progettare la riforma della Curia romana) e le sessioni del concistoro strardinario sulla famiglia, in vista del sinodo di ottobre sul medesimo tema. Ma le principali attenzioni erano puntate già alla vigilia sulle celebrazioni del fine settimana, per la “creazione” (così si dice) dei primi cardinali scelti da Francesco.
C'è
chi ha festeggiato l'avvenimento con un curioso rinfresco a base di
birra e wurstel, è il caso del tedesco Muller, prefetto della
Congregazione per la Dottrina della fede. Per tutti, ad ogni modo,
valeva l'invito dell'insolita lettera “aperta” diffusa il giorno
dopo l'annuncio dei nomi delle nuove porpore. Non essendo il
cardinalato né una “promozione” o un “onore”, semmai un
“servizio”, Francesco esortava ad accogliere la nomina con gioia,
ma “fa’ in modo che questo sentimento sia
lontano da qualsiasi espressione di mondanità, da qualsiasi
festeggiamento estraneo allo spirito evangelico di austerità,
sobrietà e povertà”.
E' lo “stile” che papa Bergoglio ha adottato per primo e pretende ora dai suoi più stretti collaboratori. Quando poi la “sostanza” c'è ed è questa, passi per “usanze” o “consuetudini” che quanto a “forma” potrebbero suggerire altre idee, come ad esempio le cosiddette “visite di calore” alle nuove porpore nel pomeriggio di ieri, tra Aula Nervi e Palazzo Apostolico, salutati da amici, parenti e conoscenti desiderosi di felicitarsi con loro. La differenza “forma”-“sostanza” si potrebbe ben definire la medesima su cui ieri rifletteva Francesco, prima della rituale imposizione della berretta sul capo dei 19 prescelti. Si parlava appunto di “camminare” dietro Gesù, come discepoli, perché “Gesù non è venuto ad insegnare una filosofia, un’ideologia… ma una via, una strada da percorrere con Lui, e la strada si impara facendola, camminando”. Un cammino non certo facile , poiché la via di Cristo è quella della croce. E poiché siamo “umani”, “peccatori”, “siamo esposti alla tentazione di pensare alla maniera degli uomini e non di Dio”. Come quando i fratelli Giacomo e Giovanni chiedono a Gesù un posto privilegiato, accanto a lui, in paradiso, suscitando lo sdegno degli altri discepoli: “se prevale la mentalità del mondo, subentrano le rivalità, le invidie, le fazioni…”, è stato il saggio commento di Francesco, che entrando e uscendo dalla Basilica vaticana ha salutato con cordialità il Papa emerito Benedetto XVI, presente anche lui a sorpresa, per la prima volta, ad una celebrazione del successore in san Pietro.
Il
collegio cardinalizio ridisegnato dal primo concistoro di Francesco è
più largo per numero e più vario per estrazioni e provenienze dei
suoi 218 ora membri, di cui 122 aventi diritto ad entrare in conclave
non avendo ancora compiuto (come prescrive la norma vigente) 80 anni
di età. Tra i nuovi 19, ben 5 sono italiani, tra cui il segretario
di Stato card. Parolin, l’arcivescovo di Perugia card. Bassetti, lo
storico segretario particolare di Giovanni XXIII card. Capovilla,
novantottenne, che riceverà la berretta i prossimi giorni a Sotto il
Monte dalle mani del delegato del Papa card. Sodano. Nell'insieme 8
sono le berrette andate all'Europa, 7 all’America, 2 all’Asia e 2
all’Africa. I paesi ora rappresentati sono 68, di cui 53 hanno
almeno un cardinale elettore.
Tra questi 122 ultimi, in dettaglio, 61 sono europei, 19 latinoamericani, 15 i nordamericani, 13 gli asiatici e gli africani, e uno viene dall’Australia. L'Italia ne conta ben 29, 11 gli USA, 5 Spagna, Germania, Brasile e India. 42 sono i “curiali”, che cioè ricoprono incarichi nella curia romana, 80 invece i “residenziali”, pastori (o ex) di diocesi del mondo. Francesco ha voluto privilegiare soprattutto i secondi, assegnando loro ben 12 delle 16 berrette andate a cardinali “under 80”, con qualche sorpresa pure nella scelte delle sedi: Perugia (card. Bassetti), ad esempio, che da oltre un secolo non aveva un arcivescovo cardinale, o Cotabato (card. Quevedo), nelle Filippine, diocesi nata appena nel 1976. Degni di nota sono infine l'haitiano Langlois e Felix di Saint Lucia, nelle antille, primi cardinali della storia dei rispettivi paesi.
di Paolo Fucili
Ricevendo l'ambita porpora, un cardinale novello non entra a far parte di una “corte”. “Lo dico specialmente a voi”, si è raccomandato Francesco coi 19 cardinali cui ha consegnato ieri berretta, anello e “titolo” o diaconia cardinalizia. Sobrio, essenziale e concreto doveva essere il primo concistoro di papa Bergoglio, annunciato lo scorso 12 gennaio, e così è stato, in linea col severo monito dell'omelia di stamane, alla messa celebrata in san Pietro alle 10 coi cardinali vecchi e nuovi: no ovvero ad abitudini e comportamenti “di corte”, nel senso deteriore del termine, quali “intrighi, chiacchiere, cordate, favoritismi, preferenze. Il nostro linguaggio”, consiglia invece caldamente il Pontefice, “sia quello del Vangelo: sì, sì; no, no; i nostri atteggiamenti quelli delle Beatitudini, e la nostra via quella della santità”.
Così li vuole Francesco, “santi” più che “principi” in una parola, come templi di Dio, suggerisce oggi Paolo nella seconda lettura, in cui si celebra la “liturgia esistenziale” della bontà, del perdono, del servizio. Al contrario, ha incalzato il Pontefice, “un cuore vuoto di amore è come una chiesa sconsacrata, sottratta al servizio divino e destinata ad altro”. Con la precisazione non marginale che la santità può sì sembrare una “meta irraggiungibile”; ma non è mai un'opera nostra, semmai il frutto della docilità allo Spirito di Dio. Perché no, porgere l'altra guancia o amare il proprio nemico, insegna appunto il Vangelo odierno, non è certo facile né comodo: ma Gesù “non è venuto a insegnarci le buone maniere, maniere da salotto! Per questo non c’era bisogno che scendesse dal Cielo e morisse sulla croce”, ha spiegato con l'abituale, schietta efficacia.
Dunque “amiamo coloro che ci sono ostili; benediciamo chi sparla di noi; salutiamo con un sorriso chi forse non lo merita; non aspiriamo a farci valere, ma opponiamo la mitezza alla prepotenza; dimentichiamo le umiliazioni subite”. E all'Angelus di mezzogiorno altro ammonimento ancora, per chi ha “ministeri di guida” nella Chiesa: mai “ritenersi proprietari di poteri speciali, padroni, ma porsi al servizio della comunità, aiutandola a percorrere con gioia il cammino della santità”, lavorando nella Chiesa per quell'unità che “è più importante dei conflitti! L’unità della Chiesa è di Cristo, i conflitti sono problemi che non sono sempre di Cristo”.. Quindi è seguito un caldo invito ai presenti a pregare per Papa, cardinali e vescovi tutti “perché siamo buoni servitori: buoni servitori, non buoni padroni!”.
Così è terminata per Francesco una settimana intensa di lavoro, iniziata col vertice del cosiddetto “G8” (il consiglio di cardinali da lui istituito per progettare la riforma della Curia romana) e le sessioni del concistoro strardinario sulla famiglia, in vista del sinodo di ottobre sul medesimo tema. Ma le principali attenzioni erano puntate già alla vigilia sulle celebrazioni del fine settimana, per la “creazione” (così si dice) dei primi cardinali scelti da Francesco.
C'è
chi ha festeggiato l'avvenimento con un curioso rinfresco a base di
birra e wurstel, è il caso del tedesco Muller, prefetto della
Congregazione per la Dottrina della fede. Per tutti, ad ogni modo,
valeva l'invito dell'insolita lettera “aperta” diffusa il giorno
dopo l'annuncio dei nomi delle nuove porpore. Non essendo il
cardinalato né una “promozione” o un “onore”, semmai un
“servizio”, Francesco esortava ad accogliere la nomina con gioia,
ma “fa’ in modo che questo sentimento sia
lontano da qualsiasi espressione di mondanità, da qualsiasi
festeggiamento estraneo allo spirito evangelico di austerità,
sobrietà e povertà”.
E' lo “stile” che papa Bergoglio ha adottato per primo e pretende ora dai suoi più stretti collaboratori. Quando poi la “sostanza” c'è ed è questa, passi per “usanze” o “consuetudini” che quanto a “forma” potrebbero suggerire altre idee, come ad esempio le cosiddette “visite di calore” alle nuove porpore nel pomeriggio di ieri, tra Aula Nervi e Palazzo Apostolico, salutati da amici, parenti e conoscenti desiderosi di felicitarsi con loro. La differenza “forma”-“sostanza” si potrebbe ben definire la medesima su cui ieri rifletteva Francesco, prima della rituale imposizione della berretta sul capo dei 19 prescelti. Si parlava appunto di “camminare” dietro Gesù, come discepoli, perché “Gesù non è venuto ad insegnare una filosofia, un’ideologia… ma una via, una strada da percorrere con Lui, e la strada si impara facendola, camminando”. Un cammino non certo facile , poiché la via di Cristo è quella della croce. E poiché siamo “umani”, “peccatori”, “siamo esposti alla tentazione di pensare alla maniera degli uomini e non di Dio”. Come quando i fratelli Giacomo e Giovanni chiedono a Gesù un posto privilegiato, accanto a lui, in paradiso, suscitando lo sdegno degli altri discepoli: “se prevale la mentalità del mondo, subentrano le rivalità, le invidie, le fazioni…”, è stato il saggio commento di Francesco, che entrando e uscendo dalla Basilica vaticana ha salutato con cordialità il Papa emerito Benedetto XVI, presente anche lui a sorpresa, per la prima volta, ad una celebrazione del successore in san Pietro.
Il
collegio cardinalizio ridisegnato dal primo concistoro di Francesco è
più largo per numero e più vario per estrazioni e provenienze dei
suoi 218 ora membri, di cui 122 aventi diritto ad entrare in conclave
non avendo ancora compiuto (come prescrive la norma vigente) 80 anni
di età. Tra i nuovi 19, ben 5 sono italiani, tra cui il segretario
di Stato card. Parolin, l’arcivescovo di Perugia card. Bassetti, lo
storico segretario particolare di Giovanni XXIII card. Capovilla,
novantottenne, che riceverà la berretta i prossimi giorni a Sotto il
Monte dalle mani del delegato del Papa card. Sodano. Nell'insieme 8
sono le berrette andate all'Europa, 7 all’America, 2 all’Asia e 2
all’Africa. I paesi ora rappresentati sono 68, di cui 53 hanno
almeno un cardinale elettore.
Tra questi 122 ultimi, in dettaglio, 61 sono europei, 19 latinoamericani, 15 i nordamericani, 13 gli asiatici e gli africani, e uno viene dall’Australia. L'Italia ne conta ben 29, 11 gli USA, 5 Spagna, Germania, Brasile e India. 42 sono i “curiali”, che cioè ricoprono incarichi nella curia romana, 80 invece i “residenziali”, pastori (o ex) di diocesi del mondo. Francesco ha voluto privilegiare soprattutto i secondi, assegnando loro ben 12 delle 16 berrette andate a cardinali “under 80”, con qualche sorpresa pure nella scelte delle sedi: Perugia (card. Bassetti), ad esempio, che da oltre un secolo non aveva un arcivescovo cardinale, o Cotabato (card. Quevedo), nelle Filippine, diocesi nata appena nel 1976. Degni di nota sono infine l'haitiano Langlois e Felix di Saint Lucia, nelle antille, primi cardinali della storia dei rispettivi paesi.
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