sabato, dicembre 14, 2013
Sono 139 le istituzioni finanziarie che continuano a investire nella produzione di bombe a grappolo, in inglese “cluster bombs”: il dato è contenuto in un rapporto - ripreso dall'agenzia Misna - pubblicato a Copenhagen dall’organizzazione non governativa Pax Christi, che riferisce di un flusso di 24 miliardi di dollari nell’arco di circa tre anni.

Radio Vaticana - Nel documento si sottolinea che le istituzioni sono sia pubbliche sia private e che hanno sede in 13 Stati differenti. Sessantasette sono registrate negli Stati Uniti, 23 in Corea del Sud e 19 in Cina, Paesi che non hanno sottoscritto la Convenzione per la messa al bando delle cluster. A finanziare la produzione degli ordigni, si sottolinea nel rapporto, sono però anche 22 società di Paesi firmatari: Canada, Francia, Germania, Giappone, Svizzera e Gran Bretagna. Nello studio si riferisce che i circa 24 miliardi di dollari sono stati investiti nella produzione di bombe a grappolo tra il 1° giugno 2010 e il 31 agosto 2013. In questo periodo il flusso è stato inferiore di 19 miliardi rispetto a quello rilevato da un precedente rapporto, diffuso lo scorso anno. A pesare sarebbe stata la decisione della società turca Roketsan e dei colossi statunitensi L-3 Communications e Lockheed Martins di non produrre più componenti e munizioni per le cluster. Secondo Roos Boer, co-autore del rapporto, l’impegno contro le bombe a grappolo va comunque intensificato. “Continuare a finanziare la produzione di questi ordigni vietati – ha scritto l’esperto – è inaccettabile da un punto di vista etico: sia i governi che le istituzioni finanziarie devono metterli al bando una volta per tutte”.

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