Un commento sul libro "Anoressia delle passioni" di Serena Libertà (edito da Albeggi Edizioni)
Dieci e lode a questo meraviglioso libretto in cui l'autrice narra in prima persona la malattia che ha vissuto: l'anoressia. Sì, perché secondo l'autrice l'anoressia è una vera e propria malattia. Serena Libertà, pseudonimo che l'autrice usa per celare la sua vera identità, si racconta con passione, o meglio urla il suo bisogno di essere amata e accolta. Perché secondo lei l'anoressia non è soltanto una malattia del corpo, ma lo è soprattutto dell'anima. “Chi ha fame di questa patologia – spiega l'autrice – ha fame di amore assoluto, di affetto costante, di relazioni totalizzanti, ha fame degli altri”. Serena non ha la pretesa di svelare il mistero che si cela dietro questo desiderio quasi maniacale di voler perdere peso, ma racconta in modo appassionato la sua esperienza, nella speranza che possa essere di aiuto a qualcuno. Il libro, infatti, si inserisce nella collana “Convivo”, che raccoglie libri dedicati alla convivenza con problemi, grandi e piccoli, di salute e di vita.
Serena individua nelle carenze affettive quella primordiale scintilla che l'ha portata nel tunnel dell'anoressia. “Dimagrire fino a scomparire per farsi vedere come se nell'invisibile si potesse concentrare tutto il dolore e si potesse così vederlo. Voler diventare invisibile per diventare visibile, per far riconoscere il proprio grido di aiuto: ‘Sono qui, ascoltatemi’”. L'aspetto più doloroso che l'autrice rileva consiste proprio nel fatto che tutte le persone attorno a lei sembravano concentrate soltanto sul suo problema fisico, l'eccessiva magrezza, e non nel tarlo che si stava mangiando la sua anima: “L'anoressia non è la dieta, non è il cibo, non è il peso; l'anoressia è proprio il ‘non sentirsi’”.
Oggi Serena sembra essere uscita dal tunnel dell'anoressia, anche se, ammette, ancora qualche retaggio se lo porta dietro. Oltre all'aiuto dei medici e delle terapie antidepressive, riconosce nell'incontro con il Dio cristiano una delle medicine più grandi alla sua malattia. “Qualcuno parlò di un gruppo religioso del Rinnovamento Carismatico in Toscana, parlò delle loro messe di guarigione e mia madre iniziò a guardare non più verso il basso, perché il basso niente poteva più darci, ma verso l'alto […]. Sentivo d'amare Gesù, non sapevo ancora come, né perché, ma era l'unico che in realtà mi fosse vicino, l'unico che mi poteva realmente aiutare, ma soprattutto che non mi chiedeva di essere un'altra persona, ma me stessa”.
Serena comprende inoltre l'importanza della famiglia e dei genitori. D’altronde ognuno ha bisogno di riconciliarsi con la propria famiglia, e Serena lo ha fatto. Nelle ultime pagine del libro scrive una commovente lettera al padre, in cui sgorga tutto l'amore tra il genitore ritrovato e la figlia.
Questo libro è consigliato a chi porta qualche ferita nel proprio cuore: sentire l'esperienza dell'autrice lo farà sentire sicuramente meno solo. Ma è consigliato anche a chi sente di non avere ferite o problemi, perché lo farà sentire più vicino a chi invece di problemi è pieno e, in qualche modo, gli farà sentire la responsabilità di aiutarlo.
Dieci e lode a questo meraviglioso libretto in cui l'autrice narra in prima persona la malattia che ha vissuto: l'anoressia. Sì, perché secondo l'autrice l'anoressia è una vera e propria malattia. Serena Libertà, pseudonimo che l'autrice usa per celare la sua vera identità, si racconta con passione, o meglio urla il suo bisogno di essere amata e accolta. Perché secondo lei l'anoressia non è soltanto una malattia del corpo, ma lo è soprattutto dell'anima. “Chi ha fame di questa patologia – spiega l'autrice – ha fame di amore assoluto, di affetto costante, di relazioni totalizzanti, ha fame degli altri”. Serena non ha la pretesa di svelare il mistero che si cela dietro questo desiderio quasi maniacale di voler perdere peso, ma racconta in modo appassionato la sua esperienza, nella speranza che possa essere di aiuto a qualcuno. Il libro, infatti, si inserisce nella collana “Convivo”, che raccoglie libri dedicati alla convivenza con problemi, grandi e piccoli, di salute e di vita.
Serena individua nelle carenze affettive quella primordiale scintilla che l'ha portata nel tunnel dell'anoressia. “Dimagrire fino a scomparire per farsi vedere come se nell'invisibile si potesse concentrare tutto il dolore e si potesse così vederlo. Voler diventare invisibile per diventare visibile, per far riconoscere il proprio grido di aiuto: ‘Sono qui, ascoltatemi’”. L'aspetto più doloroso che l'autrice rileva consiste proprio nel fatto che tutte le persone attorno a lei sembravano concentrate soltanto sul suo problema fisico, l'eccessiva magrezza, e non nel tarlo che si stava mangiando la sua anima: “L'anoressia non è la dieta, non è il cibo, non è il peso; l'anoressia è proprio il ‘non sentirsi’”.
Oggi Serena sembra essere uscita dal tunnel dell'anoressia, anche se, ammette, ancora qualche retaggio se lo porta dietro. Oltre all'aiuto dei medici e delle terapie antidepressive, riconosce nell'incontro con il Dio cristiano una delle medicine più grandi alla sua malattia. “Qualcuno parlò di un gruppo religioso del Rinnovamento Carismatico in Toscana, parlò delle loro messe di guarigione e mia madre iniziò a guardare non più verso il basso, perché il basso niente poteva più darci, ma verso l'alto […]. Sentivo d'amare Gesù, non sapevo ancora come, né perché, ma era l'unico che in realtà mi fosse vicino, l'unico che mi poteva realmente aiutare, ma soprattutto che non mi chiedeva di essere un'altra persona, ma me stessa”.
Serena comprende inoltre l'importanza della famiglia e dei genitori. D’altronde ognuno ha bisogno di riconciliarsi con la propria famiglia, e Serena lo ha fatto. Nelle ultime pagine del libro scrive una commovente lettera al padre, in cui sgorga tutto l'amore tra il genitore ritrovato e la figlia.
Questo libro è consigliato a chi porta qualche ferita nel proprio cuore: sentire l'esperienza dell'autrice lo farà sentire sicuramente meno solo. Ma è consigliato anche a chi sente di non avere ferite o problemi, perché lo farà sentire più vicino a chi invece di problemi è pieno e, in qualche modo, gli farà sentire la responsabilità di aiutarlo.
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