sabato, novembre 02, 2013
Il documento “Indissolubilità del matrimonio e dibattito sui divorziati risposati e i sacramenti” curato dal prefetto della Congregazione per la dottrina della fede analizza contesti e problematiche degli sposi, sottolineando la poca consapevolezza di una scelta e i rischi legati ad un ambiente scristianizzato. Invita le comunità cristiane ad accogliere

Città Nuova - Qualche giorno fa il prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede, Gerhard Ludwig Müller ha reso pubblico il documento “Indissolubilità del matrimonio e dibattito sui divorziati risposati e i sacramenti”, tema quanto mai dibattuto all'interno della chiesa cattolica e nel mondo laico. Papa Francesco nei suoi interventi ha più volte sottolineato la necessità di approfondire la problematica senza chiusure preconcette ma con a fedeltà al Vangelo e al rispetto della storia e delle sofferenze delle persone che vivono sulla loro pelle il dramma della separazione. Apparentemente il documento non mostra nessuna novità rispetto ad altri documenti precedenti, anche se l’ampiezza della trattazione ne fa, sotto certi punti di vista, un testo unico ed originale. Nuova mi sembra, invece, la sottolineatura che, a causa della cultura contemporanea, «i matrimoni sono probabilmente più spesso invalidi ai nostri giorni di quanto non lo fossero in passato, perché è mancante la volontà di sposarsi secondo il senso della dottrina matrimoniale cattolica e anche l’appartenenza a un contesto vitale di fede è molto ridotta».

Sembra di capire che non sia sufficiente essere battezzati perché il matrimonio sia valido, ma è necessaria «la volontà di sposarsi secondo il senso della dottrina matrimoniale cattolica». Questo impegna ancora di più le comunità cristiane (parrocchie, associazioni e movimenti) a prendere in seria considerazione la preparazione al matrimonio cristiano, senza limitarlo al periodo precedente alla sua celebrazione. Come è stato più volte sottolineato, questa preparazione dovrebbe iniziare fin da piccoli. Se per ricevere la prima volta l’eucaristia ci si impegna per due anni circa, se per ricevere il sacramento dell’Ordine è necessaria una lunga preparazione, non dovrebbe essere almeno ugualmente importante la preparazione al matrimonio?

Se la famiglia è la base della società e della Chiesa, occorre ripartire di là, usando tutte le proprie energie perché essa possa risplendere così come Dio l’ha pensata. Questo dibattito continuo sui divorziati risposati e l’ammissione ai sacramenti non è forse dovuto al fatto che spesso nella vita della Chiesa viene molto sottolineato l’aspetto liturgico-sacramentale e molto poco, invece, l’aspetto della carità, dell’amore scambievole, che è il vero segno distintivo delle comunità cristiane? Questo permetterebbe di sottolineare che la comunione con Gesù non avviene soltanto attraverso la comunione eucaristica, ma anche (e forse prima) attraverso il fratello che ci passa accanto e che siamo chiamati ad amare così come lo amerebbe Gesù.

Certamente se ci fossero più comunità cristiane di questo tipo, anche i fallimenti matrimoniali sarebbero in minor numero; occorre sentirci responsabili, anche come singoli cristiani, di ogni fallimento matrimoniale e “farsi prossimo” di chi non è riuscito a mantenere fede al patto matrimoniale, senza giudicare, perché egli possa scoprire l’amore di Dio nella sua vita e diventare veramente capace di amare col suo stesso amore. Poiché «dov’è carità e amore, lì c’è Dio», sarà Lui a far comprendere a ognuno i passi da fare per crescere nella santità, aldilà dello stato di vita in cui si viene a trovare.

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