giovedì, ottobre 17, 2013
Prima approvazione per l'abrogazione dell'attuale regime dei rimborsi introdotto nel 1993, il testo passa ora al Senato

Aleteia - La Camera dei deputati ha approvato il disegno di legge che dovrebbe cambiare l'attuale normativa sul finanziamento pubblico ai partiti abolendolo progressivamente e sostituendolo con un meccanismo di finanziamento privato, diretto ed indiretto. Il testo è stato votato dalle forze di maggioranza (PD, PDL e Scelta Civica), Sel si è astenuta, il Movimento 5 Stelle ha votato contro perché - lamentano - mancano provvedimenti su trasparenza e bilancio dei partiti, inoltre, nel testo licenziato alla Camera, non ci sono sanzioni specifiche in caso di mancanza di bilancio e di relazioni.

In una scheda proposta da Internazionale, si rammenta come il finanziamento pubblico ai partiti è “stato introdotto con la legge Piccoli del 1974”. L'obiettivo era quello di rassicurare l'opinione pubblica italiana che non contributi diretti da parte dello Stato, episodi di corruzione e collusione tra poteri economici e partiti sarebbero spariti. Così non fu come ha dimostrato Tangentopoli nei primi anni '90. Solo “dopo un referendum promosso dai radicali nel 1993, il finanziamento ai partiti è stato abolito (un altro, nel 1978, non era riuscito ad abrogarlo). Ma lo stesso anno è stata aggiornata la legge sui rimborsi elettorali per le elezioni politiche, regionali ed europee”, reintroducendolo di fatto, data la forte differenza tra quanto speso dai partiti in campagna elettorale e quanto effettivamente ricevuto come “rimborso” (Internazionale, 16 ottobre).

Ora nel testo licenziato dalla Camera all’articolo 9 del ddl sul finanziamento ai partiti si “prevede un primo scaglione di detrazioni del 37% tra i 30 euro e i 20 mila euro” scenderebbe così dopo una iniziare proposta al 52% l'entità della detrazione per le cifre “minori”. Contestualmente viene innalzato per le cifre intermedie (tra i 5 mila e i 20 mila euro) ma viene anche introdotto un secondo scaglione di detrazioni del 26% per le donazioni tra i 20 mila e i 70 mila euro. (Termometro Politico, 17 ottobre).

Nel testo approvato sono stati varati anche meccanismi di agevolazione per le donazioni, a partire dal taglio delle commissioni per quelle effettuate con carte di credito per favorire la tracciabilità. La legge cerca anche di penalizzare i partiti – colpendoli nel portafoglio – qualora non favoriscano “l'impegno delle donne in politica: se uno dei due sessi avrà meno del 40% dei candidati, le risorse destinate al partito verranno decurtate dello 0,5% per ogni punto percentuale in meno. Il contributo verrà tagliato di un ventesimo ai partiti che non destinino almeno il 10% di quanto spetta loro a iniziative volte ad accrescere la partecipazione attiva delle donne alla politica”. Il testo contiene anche più fondi per la Cassa integrazione dei dipendenti dei partiti, a cui probabilmente presto accederanno i maggiori per via del tagli progressivo, in particolare il PD con i suoi oltre 100 dipendenti: “ai 15 milioni già previsti per il 2014, l'emendamento della commissione approvato dall'Assemblea di Montecitorio ne aggiunge 8,5 per il 2015 e 11,25 per il 2016”. Linea dura da parte del Governo: il Presidente Letta ha minacciato di risolvere il problema con un decreto legge qualora il Senato e dunque il Parlamento non sarà in grado di riformare il sistema dei soldi ai partiti entro l'autunno. (Sky Tg24, 16 ottobre).

La legge inoltre stabilisce una quota, il 2 per mille dell'Irpef, che i cittadini possono decidere di devolvere alla forza politica che preferiscono. In caso di rinuncia ad esprimere una preferenza, lo Stato prenderà la quota non espressa e la redistribuirà in modo proporzionale ai voti presi tra le forze politiche ammesse ad accedere al provvedimento, con un meccanismo non dissimile dall'8 per mille alle chiese.

Lucandrea Massaro


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