venerdì, luglio 05, 2013
L’importanza di fondarci sulla roccia che è Cristo

di Carlo Mafera

“L’uomo è alla ricerca continua di un nuovo appiglio o di un restyling di ciò che è già stato, per buttarsi a capofitto e superare l’impasse periodica in cui versa una comunità. Un anno, perciò, si innamora di Aristotele, un altro di Platone; rispolvera, altrimenti, le teorie del Materialismo o dell’Idealismo tedesco o quelle dell’Illuminismo o Romanticismo, per poi affidarsi ai nuovi predicatori, pur convincenti e ben strutturati nell’arte della comunicazione, con o senza contenuti. L’essenziale che ci sia un effetto immediato a cui aggrapparsi, domani si vedrà!”. Così scrive Egidio Chiarella sulle pagine di Zenit. Cosa emerge? Il solito relativismo, il solito pensiero debole dell’uomo contemporaneo che afferma tutto e il contrario di tutto. Per combattere tutto ciò l’unico antidoto è la Parola di Dio e la Sua roccia.

La roccia che è Cristo rimane fondamentale ma l’incontro con il mondo contemporaneo resta anche l’obiettivo e l’orizzonte principale del cristiano che vuole evangelizzare. E qui ci sono tre ambiti, come dice il cardinal Gianfranco Ravasi: “C’è innanzitutto quello del linguaggio. Senza abbandonare la complessità del discorso religioso, è necessario saper adottare anche i nuovi canoni della comunicazione telematica e digitale con la loro incisività ed essenzialità e col loro ricorso al racconto televisivo per immagini. I mezzi sono divenuti ormai uno spazio in cui respiriamo e pertanto dovremmo ricalibrare il nostro linguaggio per reinserirci nelle cadenze dei tempi nuovi. C’è, poi, l’orizzonte della secolarizzazione. Essa non riesce, però, a eliminare la domanda religiosa e la forza dell’etica naturale. In questo ambito sta operando con successo il ‘Cortile dei Gentili’ sollecitato da Benedetto XVI con la sua evocazione del Dio sconosciuto ma forse cercato da molti non credenti. Anche la nuova secolarità ci può offrire un'occasione per incoraggiare le persone che si impegnano in favore del bene comune, particolarmente quando lo fanno sulla base di una motivazione religiosa ben fondata. C’è un terzo ambito di evangelizzazione che è stato per secoli decisivo, ed è quello dell’arte che esige oggi di essere ritessuto secondo la nuova grammatica e stilistica delle espressioni artistiche contemporanee senza perdere il legame con la sacralità del culto cristiano”.

Per incontrare il mondo contemporaneo occorre appoggiarci alla Roccia di Cristo, come si diceva. E per incontrarlo bisogna innamorarsi di Lui e della Sua parola. Ci sono delle difficoltà? “Probabilmente molte persone fanno fatica ad innamorarsi del Signore e della sua Parola per il fatto che, purtroppo, non abbiamo una figura in carne e ossa da poter amare e quindi può diventare più difficile provare un sentimento che umanamente è anche carnale. Altrimenti non si spiegherebbe la necessità che da sempre ha l’uomo di creare immagini sacre di fronte a cui inginocchiarsi e pregare, ma che allo stesso tempo sono vietate proprio da Dio! Questa però non deve essere sicuramente una scusa per non amare il Signore, poiché proprio le Sacre Scritture ci suggeriscono un modo di amarlo e soprattutto il modo in cui a sua volta Lui si dimostra amorevole nei nostri confronti - dice Chiarella - Nello stesso tempo c’è una sorta di collaborazione tra parola di Dio e parola dell’uomo come afferma la Fides et Ratio: ‘La peculiarità che distingue il testo biblico consiste nella convinzione che esista una profonda e inscindibile unità tra la conoscenza della ragione e quella della fede. Il mondo e ciò che accade in esso, come pure la storia e le diverse vicende del popolo, sono realtà che vengono guardate, analizzate e giudicate con i mezzi propri della ragione, ma senza che la fede resti estranea a questo processo. Essa non interviene per umiliare l'autonomia della ragione o per ridurne lo spazio di azione, ma solo per far comprendere all'uomo che in questi eventi si rende visibile e agisce il Dio di Israele’. Conoscere a fondo il mondo e gli avvenimenti della storia non è, pertanto, possibile senza confessare al contempo la fede in Dio che in essi opera. La fede affina lo sguardo interiore aprendo la mente a scoprire, nel fluire degli eventi, la presenza operante della Provvidenza. Un'espressione del libro dei Proverbi è significativa in proposito: «La mente dell'uomo pensa molto alla sua via, ma il Signore dirige i suoi passi» (16, 9). Come dire, l'uomo con la luce della ragione sa riconoscere la sua strada, ma la può percorrere in maniera spedita, senza ostacoli e fino alla fine, se con animo retto inserisce la sua ricerca nell'orizzonte della fede. La ragione e la fede, pertanto, non possono essere separate senza che venga meno per l'uomo la possibilità di conoscere in modo adeguato se stesso, il mondo e Dio”.

L’amore di Dio ci sorregge sempre con la Sua parola. Questo deve essere per noi un enorme incoraggiamento, perché sappiamo che purtroppo l’amore e il pensiero umano è tendenzialmente incostante, fragile, talora non disinteressato: a volte siamo in grado di esprimerlo al meglio, altre volte no, e spesso, purtroppo, ci porta anche a soffrire. L’amore di Dio nei nostri confronti invece è quanto di più importante possiamo desiderare: è sempre sincero, disinteressato, eterno. Come il Signore veglia sempre su di noi, così anche noi dovremmo averlo sempre in mente, essere consapevoli della Sua fedeltà che si esprime non solo nella sua Parola ma soprattutto nelle sue azioni, che hanno avuto come culmine la Croce di Cristo, dimostrazione massima del suo Amore fedele. Alla luce del suo sacrificio, Lui dovrebbe fare sempre da filtro tra il nostro occhio e il nostro modo di vedere le cose, dovremmo saper valutare con la sapienza di Dio quelle giuste e quelle sbagliate, quelle buone e quelle cattive, quelle “pure” e quelle impure. Come le radici attingono nutrimento dal buon terreno, così anche noi dobbiamo trarlo dalla Parola di Dio per crescere nella fede e, di conseguenza, nell’amore verso il Signore.


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