Seggi aperti in Iran per le presidenziali. Oltre 50 milioni gli aventi diritto, per un voto dall’esito incerto. Sei i candidati, 5 dei quali conservatori, vicini alla guida Suprema Ali Khamenei. Molto probabile che si arrivi al ballottaggio, già fissato per il 21 giugno. Il servizio è di Salvatore Sabatino.
Radio Vaticana - E’ l’astensionismo il vero spettro di queste elezioni. Lo ha capito bene la guida Suprema, Ali Khameni, che si reca alle urne di prima mattina e che lancia un appello a votare in massa. Il rischio è che i riformisti, anche in questa tornata messi da parte, decidano di boicottare il voto, determinando un risultato che esalti le divisioni interne al fronte conservatore. Dei sei candidati in lizza, reali possibilità di imporsi vengono attribuite a tre esponenti di quest’ultimo schieramento: il sindaco di Teheran, il popolare Mohammad Baqer Qalibaf, il negoziatore per il nucleare Said Jalili, ed il consigliere diplomatico della Guida, Ali Akbar Velayati. Personalità rilevanti, selezionate, tra mille polemiche, dai Guardiani della rivoluzione, ai danni – ad esempio – di Rafsanjani, destinato a stravincere, se solo fosse stata accettata la sua candidatura. Episodio, questo, che insieme all’autoesclusione, dichiarata da Katami, hanno cambiato il volto di questa tornata elettorale.
Che ruolo possono svolgere, comunque, esternamente i riformisti in queste elezioni? Riccardo Redaelli, docente di Storia e Istituzioni del mondo islamico all'Università Cattolica di Milano: R. – Limitato, perché i riformisti non avevano alcuna chance. Vi è anche una fortissima manipolazione dei risultati elettorali, cosa che non avveniva in passato in Iran. Manipolazione che prende diverse forme, e che punta soprattutto sul mondo di internet. Non è un caso che il Paese sia sotto un attacco Hacker senza precedenti. Bloccati migliaia di account e e-mail di utenti vicini al partito riformista. “La scelta degli obiettivi suggerisce che gli attacchi siano politicamente motivati", ha sottolineato Google, specificando che i tentativi di rubare password e altri dati personali sono stati condotti dall’interno del Paese.
Stessa cosa era accaduta già nel 2009, durante le contestatissime elezioni che portarono alla riconferma di Ahmadinejad. Un presidente non più candidabile – non lo prevede la Costituzione – che lascia un’eredità pesantissima al suo Paese. Ancora Riccardo Redaelli: R. – Un’eredità, credo, disastrosa. Ha isolato l’Iran, ha contribuito a peggiorare il nome dell’Iran, a livello internazionale. Sul piano interno ha polarizzato in modo estremo la società iraniana, ha contribuito all’eliminazione di ogni forma di dissenso e ha favorito gli elementi peggiori del sistema.
Radio Vaticana - E’ l’astensionismo il vero spettro di queste elezioni. Lo ha capito bene la guida Suprema, Ali Khameni, che si reca alle urne di prima mattina e che lancia un appello a votare in massa. Il rischio è che i riformisti, anche in questa tornata messi da parte, decidano di boicottare il voto, determinando un risultato che esalti le divisioni interne al fronte conservatore. Dei sei candidati in lizza, reali possibilità di imporsi vengono attribuite a tre esponenti di quest’ultimo schieramento: il sindaco di Teheran, il popolare Mohammad Baqer Qalibaf, il negoziatore per il nucleare Said Jalili, ed il consigliere diplomatico della Guida, Ali Akbar Velayati. Personalità rilevanti, selezionate, tra mille polemiche, dai Guardiani della rivoluzione, ai danni – ad esempio – di Rafsanjani, destinato a stravincere, se solo fosse stata accettata la sua candidatura. Episodio, questo, che insieme all’autoesclusione, dichiarata da Katami, hanno cambiato il volto di questa tornata elettorale.
Che ruolo possono svolgere, comunque, esternamente i riformisti in queste elezioni? Riccardo Redaelli, docente di Storia e Istituzioni del mondo islamico all'Università Cattolica di Milano: R. – Limitato, perché i riformisti non avevano alcuna chance. Vi è anche una fortissima manipolazione dei risultati elettorali, cosa che non avveniva in passato in Iran. Manipolazione che prende diverse forme, e che punta soprattutto sul mondo di internet. Non è un caso che il Paese sia sotto un attacco Hacker senza precedenti. Bloccati migliaia di account e e-mail di utenti vicini al partito riformista. “La scelta degli obiettivi suggerisce che gli attacchi siano politicamente motivati", ha sottolineato Google, specificando che i tentativi di rubare password e altri dati personali sono stati condotti dall’interno del Paese.
Stessa cosa era accaduta già nel 2009, durante le contestatissime elezioni che portarono alla riconferma di Ahmadinejad. Un presidente non più candidabile – non lo prevede la Costituzione – che lascia un’eredità pesantissima al suo Paese. Ancora Riccardo Redaelli: R. – Un’eredità, credo, disastrosa. Ha isolato l’Iran, ha contribuito a peggiorare il nome dell’Iran, a livello internazionale. Sul piano interno ha polarizzato in modo estremo la società iraniana, ha contribuito all’eliminazione di ogni forma di dissenso e ha favorito gli elementi peggiori del sistema.
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