giovedì, giugno 20, 2013
La scrittrice ha presentato ieri a Norimberga, in Germania, il suo nuovo libro "L'amore rubato" (Rizzoli)

di Chiara Giovanna Bartoli

Il nuovo libro di una delle scrittrici italiane più conosciute al mondo, "L'amore rubato", include otto storie che raccontano di violenza sulle donne ispirate a storie vere, otto racconti che restituiscono un quadro angosciante ma purtroppo fedele alla realtà italiana: nel 2013, infatti, nel nostro Paese sono state uccise 124 donne. Nonostante la cifra sia diminuita rispetto all'anno precedente(quando i femminicidi sono stati 129) , la situazione resta preoccupante. Il 60% dei delitti avviene in ambito familiare.

La vittima è spesso lasciata sola dalle istituzioni e abbandonata a se stessa, come nel caso di Marina, una delle protagoniste del libro di Dacia Maraini. Marina, sposata ad uomo violento che la picchia, va spesso in ospedale per farsi medicare affermando sempre di cadere dalle scale. Eppure Marina non denuncia le violenze subite dal marito, perché?

"Molte donne non denunciano per molte ragioni. In primo luogo perché hanno paura. In secondo luogo perché non lavorano, e non saprebbero come sostenersi altrimenti. Un altro motivo è quello dell'indulgenza che le stesse donne provano nei confronti dei propri compagni o mariti: credono di poterli cambiare - spiega la scrittrice di Fiesole - Si illudono che con il loro amore e la loro costante dedizione e pazienza potranno salvare l'uomo violento. La loro pretesa è presuntuosa: salvare l'uomo violento attraverso l'amore si rivela, infatti, un'illusione. L'esperienza, infatti, ci insegna che quando un uomo picchia la sua donna, la situazione non farà altro che peggiorare. Bisogna sempre spingere le donne a denunciare".

Le ultime statistiche Onu ci informano che, infatti, l'80% delle donne non denuncia le violenze subite in famiglia. Ma oltre alle ragioni sopracitate, vi è un altro motivo che spinge le donne italiane a non denunciare: "Un'ulteriore ragione riguarda la legge. Se una persona, ad esempio, viene rapinata nessuno le chiede se fosse o meno consenziente all'atto della rapina o se avesse provato piacere. Il punto fondamentale è che si parte dal presupposto che la donna potrebbe essere stata consenziente -afferma Dacia Maraini - Infatti l'argomento che usano spesso gli avvocati difensori degli stupratori è quello "Lei era consenziente". E' molto difficile dimostrare il contrario. La legge è però assurda: non si può essere consenzienti al proprio male, eppure l'idea è questa."

Tra le storie presentate ieri da Dacia Maraini c'è anche quella di una bambina trasformata dal proprio padre, benevolmente innamorato della figlia, in una piccola principessa, che trascura la scuola e partecipa ad alcune sfilate. Il padre della bambina, infatti, ritiene che essere regina oggi voglia dire essere diva, traendo questo pensiero dalla moda e dalla televisione. La bellezza della figlia attirerà, però, le mire di un vicino di casa che finirà per ucciderla. Il linguaggio usato dalla scrittrice è duro e spoglio da ogni lirismo. Lo stile è quello della sottrazione, per non cadere nel tranello e per non farsi complici di una certa forma di morbosità che gli altri media hanno assunto come proprio paradigma quando raccontano della violenza. La televisione, infatti, non riesce più a staccarsi dalla spettacolarità degli eventi, e finisce per trasformare tutto in un unico grande show. 

Un altro importante tema che l'autrice tratta è quello della colpevolizzazione della donna dovuta ad arcaiche ragioni culturali. Come nel caso della bambina di 12 anni di un paesino vicino Roma che subì uno stupro di gruppo. Fu ritrovata massacrata, ma per fortuna ancora viva. L'intero paesino si coalizzò dalla parte degli stupratori, ritenendo la vittima colpevole di quanto accaduto. Il sindaco, addirittura, pagò gli avvocati degli stupratori attraverso i fondi del comune.

"La violenza è una ferita sociale. Ci riguarda tutti. Come mai una società avanzata e benestante emancipata come la nostra mantiene un livello così alto di violenza?" questa la domanda che Dacia Maraini pone al lettore curioso proponendogli la lettura del suo ultimo libro. La scrittrice, infatti, non vuol dare risposte certe né proporre soluzioni. La sua intenzione è quella di sottolineare il fatto che "un bambino non nasce stupratore o picchiatore. La cultura incoraggia la violenza contro le donne. Un bambino non nasce odiando l'altro sesso, ma la spinta culturale è quella di odiare le donne, di considerarle un proprio nemico. E il proprio nemico si può uccidere.".

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