mercoledì, giugno 12, 2013
Forma d'arte o abuso? Elemento di degrado o valore aggiuntivo al cemento metropolitano?

Il graffitismo viene considerato come una manifestazione sociale, culturale ed artistica. Ha un'ampia diffusione nel mondo e si basa sull'espressione della propria creatività attraverso “interventi pittorici” sul tessuto urbano. I graffitari, chiamati anche writers, sono coloro che esercitano questa attività e che sono soliti firmare le loro opere con un nome d'arte (o tag), il quale funge poi da logo. I writers si riuniscono spesso in gang e bande, caratterizzate da un'organizzazione ben strutturata e aumentate vertiginosamente nel corso degli ultimi anni, tanto che solo la città di Milano ne ha ben 300.

Da sempre in Italia, ma anche nel resto dell'Europa, si è dibattuto intorno a questo fenomeno di non facile catalogazione, che prima di essere artistico è sopratutto sociale. La domanda ricorrente circa il graffitismo è la seguente: “Bisogna considerarlo un atto vandalico o una forma di decoro urbano?”. Sorto inizialmente in ambito giovanile, il graffitismo si è manifestato sui muri e sulle recinzioni delle periferie urbane, sui binari delle stazioni ferroviarie e così via, ma negli ultimi anni le firme dei writers sono comparse anche sui palazzi storici, suscitando le reazioni più disparate all'interno delle amministrazioni locali competenti per quanto riguarda il decoro urbano: da una parte la repressione e la valutazione del graffitismo come atto vandalico e di danneggiamento, dall'altra la volontà di recuperare i writers, dal momento che manifestano una sorta di disagio sociale.

Nel nostro Paese prevale la considerazione del graffitismo come atto vandalico: il professor Bonsanti sostiene l'impossibilità di inserire il fenomeno in un filone di arte contemporanea e sottolinea l'importanza di una comune adesione a regole di convivenza civile e di un corretto atteggiamento delle istituzioni di fronte a questo fenomeno così particolare. Senza parlare - precisa l'autorevole professore universitario - dei danni che possono provocare le sostanze chimiche contenute negli spray impiegati dai writers. A questo proposito si era pensato di reprimere l'attività dei graffitari istituendo una legge che consenta ai soli professionisti del settore (e quindi titolari di partita Iva) di acquistare le bombolette spray e di imporre ai venditori un registro degli acquirenti. Le azioni "di repressione" del fenomeno attuate invece negli ultimi anni in gran parte delle città italiane più colpite dal graffitismo consistono in multe fino a 450 euro, l'apertura di un registro in cui sono schedati i simboli più ricorrenti, l'istituzione nella polizia locale di un “nucleo tutela decoro urbano” e la nascita dell'Associazione Italiana Antigraffiti volta a tutelare il patrimonio urbano, organizzando attività contro il graffitismo, come il cleaning day.

Anche in Rete si sono sviluppate numerose campagne ed inchieste contro il graffitismo: è stata creata perfino una pagina Facebook intitolata “Quelli che detestano i murales, le scritte sui muri e i writers”. Chi aderisce a queste organizzazioni o gruppi online sostiene che i graffitari impongono con violenza ciò che loro considerano arte anche su chi non la ama. A loro volta i writers considerano la loro manifestazione artistica “libertà d'espressione” e insistono sulla differenza che vige tra loro, veri artisti che utilizzano il tessuto urbano per dipingere in sostituzione della tela, e i semplici imbrattatori, che scrivono frasi o fanno scarabocchi.

A queste operazioni contro il graffitismo se ne aggiungono altre che hanno preso piede in alcuni capoluoghi della penisola, e che consistono più in una sorta di dialogo e mediazione. Per esempio è significativa la scelta di compromesso attuata dalla città di Bologna, la cui amministrazione comunale, in accordo con i commercianti, ha dato il via libera all'attività creativa dei writers esclusivamente alla serrande dei vari negozi ed esercizi, preservando così le superfici di edifici e monumenti storici. Questa decisione presa dal capoluogo emiliano ha trovato una risposta positiva dai commercianti, soddisfatti della visibilità dei loro locali, ma ha fatto aumentare - invece che diminuire - i tag sui muri che hanno in parte “macchiato” le peculiarità storiche e artistiche della città. A Genova, una della città più colpite dal graffitismo, l'interazione tra writers e l'amministrazione locale ha portato a destinare alle opere dei writers specifiche aree metropolitane inserite in progetti di riqualificazione delle zone degradate.


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