mercoledì, maggio 29, 2013
Il corrispondente di The Verge dopo un anno lontano dalla Rete: “Non sono migliorato in niente”.

 di Giulia Bernini

Il primo maggio 2012 Paul Miller, web designer e famoso blogger di 26 anni, iniziò la sua 'avventura' sperimentando la vita quotidiana senza internet. Questo esperimento cominciato per gioco  fu portato avanti per un anno e raccontato dallo stesso Miller a The Verge, famoso blog americano che lo aveva seguito giorno per giorno in questa “drastica astinenza”. Il reportage di Miller si è dimostrato un compendio molto sincero e dalla conclusione inaspettata: “La vita offline può essere tanto virtuale e anonima quanto quella online”.

Il 26enne era giunto alla decisione di allontanarsi dalla Rete a causa di un malessere personale: aveva la sensazione di essere diventato meno produttivo e incapace di relazioni umane vere. Miller Navigava su internet da quando aveva 12 anni, si sentiva come una sorta di “criceto dentro il meccanismo della Rete” e provava “un bisogno fisico e psicologico di scappare”.

“Il mio piano era quello di lasciare il lavoro, tornare a casa con i miei genitori, leggere e scrivere libri, godermi il tempo libero. In un gesto volevo superare tutte le crisi del mio primo quarto di vita”- racconta a The Verge. Così dopo aver festeggiato la sua scelta con parenti e amici, dopo aver staccato i cavi e riposto il pc, Paul ha iniziato la sua vita da Internet free.

Durante i primi giorni di vita offline si registrarono effetti “stupefacenti ed entusiasmanti”; il blogger aveva incontrato i rabbini di New York con i quali aveva approfondito dal punto di vista religioso temi quali l'abuso di Internet, la perdita di pazienza dovuta alla Rete e anche l'allontanamento dalla riflessione, dalla preghiera e da Dio. Aveva perso peso, ben 15 chili; spiegò che “noia e mancanza di stimoli” lo avevano indotto a fare cose che gli erano sempre state veramente a cuore, come la scrittura e passare il tempo con gli altri. Aveva constatato che leggeva e ricordava più facilmente; scriveva in modo più raffinato e affermò di parlare con la sorella e con gli amici in maniera più sensibile ed emotiva. Pochi mesi dopo l'addio a Internet, gli amici e i parenti percepirono il cambiamento di Paul, che a sua volta si sentiva “potenziato e ritrovato”.

Ad un certo punto Miller decise di tornare online: capì che impiegare i soli mezzi cartacei e analogici per il suo lavoro, e l'impossibilità di avere rapporti con la comunità virtuale, gli rendevano la vita estremamente faticosa e lenta. Tuttavia il ritorno alla normalità comportò una reazione di rimbalzo prevedibile. Nel suo blog dichiara: “Dopo un anno non guido la moto, sono sempre più le settimane durante le quali non esco con la gente per più di una volta. Il mio posto preferito è il divano. Gioco a un videogame e ascolto un audiolibro”.

Nathan Jurgenson, teorico del web, sostiene che nella società in cui ci troviamo c'è la compenetrazione della dimensione reale e di quella virtuale: “C'è tanta realtà nel virtuale quanto virtuale nella realtà”. Questa teoria è dimostrata anche da Miller, il quale -conclusa la sua esperienza senza Internet- afferma: “Il mio piano era quello di lasciare Internet e quindi trovare il vero Paul, ed entrare in contatto con il mondo reale, ma il vero Paul e il mondo reale sono già indissolubilmente legati a Internet”. Si evince pertanto che la sua vita senza Internet è stata diversa, ma non reale.


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