martedì, aprile 30, 2013
In Romania trovati in una tomba medievale gli scheletri di un uomo e una donna che si tengono per mano. Ma in Turchia c’è una coppia di innamorati ancora più antichi: vissero 8.000 anni fa 

di Paolo Di Mizio

Qualche giorno fa mi sono imbattuto, leggendo La Repubblica online, nella fotografia di una tomba medievale, scoperta in Romania, nella quale giacevano i resti di un uomo e una donna che si tenevano per mano. La coppia è stata subito ribattezzata dalla stampa “Romeo e Giulietta dell’antichità”. Ma non è affatto il primo ritrovamento del genere. Nel 2007 una scoperta ancora più sorprendente avvenne in Turchia: più sorprendente perché la coppia, avvinta in un chiaro abbraccio amoroso, risaliva addirittura al 6.100 avanti Cristo.
Ricordo che in quell’occasione fui particolarmente colpito dalla notizia e ne scrissi un articolo, che qui di seguito voglio riproporvi.


Quando hanno scoperchiato la tomba, gli archeologi turchi sono rimasti a bocca aperta. La posizione dei due scheletri semi mummificati non lasciava alcun dubbio: erano abbracciati. Teneramente abbracciati. Un uomo e una donna, dell’età di circa trent’anni lui, di circa vent’anni lei. Stretti l’uno all’altra nell’ultimo istante di vita, nel momento del trapasso.

Si tratta della più antica coppia di innamorati mai ritrovata. La tomba risale a otto mila anni fa: è datata al 6.100 avanti Cristo. Fa parte di un complesso di 22 tombe preistoriche dissotterrate in Anatolia, nel sud-est della Turchia, presso la città di Diyarbakir, la capitale della regione con popolazione a maggioranza curda che dista pochi chilometri dall’Iraq.

Il ritrovamento, avvenuto nei giorni scorsi (ndr: era l’Ottobre del 2007) ha fatto scalpore. E ha provocato una forte emozione innanzitutto negli archeologi turchi. “Nel momento in cui abbiamo letteralmnete messo in luce i resti, be’ abbiamo provato una sorta di stupore. Ma ancor più, una sorta di pudore, perché ci sembrava quasi di violare la loro privacy” ha commentato un componente della squadra, guidata dal direttore degli scavi Halil Tekin.

Il ritrovamento, oltre all’aspetto umanamente affascinante, ha un rilievo particolare anche per una serie di significati culturali ed antropologici, nonché di domande irrisolte, che scaturiscono da quell’abbraccio amoroso che è tornato alla luce dopo aver attraversato un buio lungo otto mila anni.

Chi erano i due innamorati? Come sono morti? E soprattutto: perché sono stati sepolti insieme, in quell’abbraccio, in quell’inequivocabile atto d’amore con il quale hanno concluso la loro vita?

Nessuna risposta sicura, solo ipotesi. E’ probabilmente da escludere che l’uomo e la donna fossero le vittime di un sacrificio umano a scopi rituali e religiosi. Se così fosse stato, sarebbe quasi inspiegabile la decisione dei carnefici di seppellirli in quella posizione. E comunque nel sito non si riscontrano tracce di alcun tipo che portino sulla pista del sacrificio rituale.

Vanno dunque avanzate altre ipotesi. Una è che si possa essere trattato di quello che oggi definiremmo un fatto di cronaca nera: un omicidio-suicidio. Lui che uccide lei per gelosia o per follia, e poi si toglie la vita abbracciando il corpo della sua amata. Oggi i giornali parlerebbero di “delitto passionale” o “delitto della follia”. Ma, se così fosse, difficilmente i genitori della vittima (presumibilmente la giovane donna, come abbiamo detto) avrebbero accetato di seppellire insieme la coppia, per giunta stretta in un abbraccio d’amore.

Un’altra ipotesi, dunque, potrebbe essere che uno dei due, supponiamo la giovane donna, sia morta per cause naturali. A quel punto l’uomo, legato a lei da amore, decide di non voler più vivere senza la sua compagna e si toglie la vita. Forse con un veleno, forse tagliandosi le vene dei polsi e attendendo la morte per dissanguamento, se non addirittura lasciandosi morire di inedia, di fame, aspettando il sopraggiungere della morte abbracciato alla sua amata.

Che le cose siano andate così non lo si può escludere affatto. Come non si può escludere il doppio suicidio: due fidanzati che si tolgono la vita insieme, di comune volontà. Per quale motivo? Angoscia esistenziale?

Oppure – e qui l’ipotesi apre nuove frontiere all’immaginazione – la loro unione era contrastata dalle famiglie per motivi sociali o personali? E dunque, impossibilitati ad unirsi socialmente in vita, i due scelsero di unirsi nella morte con un duplice suicidio? Se così fosse, questi due giovani sarebbero i veri e degni antesignani di Romeo e Giulietta, i due personaggi resi immortali da William Shakespeare.

Non sapremo davvero mai come andarono esattamente le cose. Ma l’ultimo scenario che abbiamo disegnato non è così fantsioso come può sembrare: al contrario, sembra forse il più realistico. I presupposti ci sono. Parliamo infatti di presitoria, ma non di una civiltà di tipo cavernicolo, in cui l’uomo conduceva una vita poco distante culturalmente da quella della bestia. Parliamo invece di un popolo, a noi sconosciuto certamente, ma che tuttavia godeva di un grado di civiltà alquanto evoluto.

Questo è testimoniato dalla presenza nel sito archeologico di un ordinato gruppo di tombe, non quindi una sola tomba isolata, e dalle evidenti tracce di un insediamento umano ben organizzato e non di tipo nomadico. Tutto dunque lascia presumere che lì vivesse una civiltà preistorica alquanto articolata.

Ed è appena il caso di sottolineare che la parola “preistorico”, in termini scientifici, significa soltanto anteriore all’invenzione della scrittura, quindi privo di una “storia” narrata dai protagonisti stessi: l’Europa, e non solo l’Europa, è piena di esempi di popoli preistorici a noi sconosciuti ma chiaramente dotati di una civiltà sviluppatissima nel campo dell’organizzazione sociale, della lavorazione dei metalli e di altri materiali, nonché nella produzione artistica di ceramiche, monili in oro e manufatti di ogni genere.

Dunque, per tornare ai nostri innamorati, in una società articolata e complessa, come doveva essere la loro, certamente potevano, e anzi dovevano, esistere rapporti interpersonali profondi, basati su legami materiali e sentimentali, forse perfino su differenze di casta, di rango, di classe sociale. In altre parole, doveva esistere ed essere socialmente riconosciuto il sentimento dell’amore tra uomo e donna. E con ogni probabilità doveva esistere ed essere fortemente sentita anche la differenziazione di rango sociale tra le varie famiglie o gruppi di attività (forse divisi in guerrieri, agricoltori, cacciatori).

Per dirla in breve, c’erano tutti gli elementi che settemila anni più tardi comporranno la tragedia di Romeo e Giulietta: l’amore tra un giovane uomo e una giovane donna, ostacolato dalle rispettive famiglie divise da rivalità nel ruolo sociale.

E’ questo quello che accadde agli antichi amanti di Diyarbakir? Non possiamo dirlo con certezza, va da sè. L’unica cosa sicura è che il popolo al quale i due amanti appartennero ebbe un immenso rispetto di quella doppia morte. Al punto che i loro famigliari decisero di non separare i due corpi neppure nella sepoltura. L’abbraccio dei due corpi senza vita è in se stesso la prova inconfutabile che già a quel tempo gli uomini attribuivano all’amore un significato di grande valore individuale e sociale, probabilmente anche simbolico e quindi spirituale.

C’è ancora un aspetto di forte suggestione in tutta questa vicenda. Suggestione o casualità, che sono poi le materie prime dei poeti: i quali, infatti, mettendo insieme le casualità e ricavandone delle suggestioni sono gli unici a vedere e cucire insieme i fili del destino. Si tratta di questo: prima del ritrovamento di cui abbiamo detto in Turchia, i due amanti più antichi mai dissepolti dagli archeologi erano stati scoperti l’anno scorso (ndr, 2006). Sapete dove? A Valdaro, nei pressi di Mantova, in una tomba antica di settemila anni.

Mantova, a un tiro di schioppo da Verona. Vi dice niente? Non è Verona esattamente la città di Romeo e Giulietta?


"Le parole nella notte" 
il blog Lpl a cura di Paolo Di Mizio 

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