mercoledì, gennaio 30, 2013
La norma introdotto a fine anni ’80 dalla dittatura militare, per reprimere il dissenso. In base alla legge, non si potevano tenere incontri pubblici con più di cinque persone. Per l’esecutivo essa era in contrasto con la Costituzione, che sancisce “la libertà di espressione”. Ma la polizia denuncia a piede libero manifestanti per la pace nello Stato Kachin.

Yangon (AsiaNews) - Il governo "riformista" birmano ha abolito il divieto di incontri pubblici e riunioni di piazza superiori alle cinque persone, introdotto dalla giunta militare nel 1988 per controllare la dissidenza e prevenire manifestazioni di dissenso. La norma era in vigore da quasi 25 anni ed è servita a mantenere col pugno di ferro il potere, dopo la repressione sanguinosa dei movimenti democratici e la cancellazione del voto del 1990, che ha visto trionfare la Lega nazionale per la democrazia (Nld). Secondo quanto riferisce il quotidiano filo-governativo Myanma Ahlin l'abolizione è dovuta al fatto che la legge "non era in linea con la sezione della Costituzione" che garantisce "i diritti di base fra cui la libertà di espressione".

Negli anni l'ordinamento che proibiva adunate pubbliche è servito per "schiacciare" il dissenso nei confronti della giunta militare, che ha mantenuto il potere fino alle elezioni della primavera del 2011 e il passaggio delle consegne a un governo "semi-civile", seppur emanazione della leadership militare, guidato dal presidente Thein Sein.

La sua amministrazione ha introdotto una serie di riforme nel solco liberale, tra cui un allentamento della censura sui media e giornali, oltre che maggiori liberalizzazioni in campo economico per dare un nuovo impulso al Paese. Sono rimasti però in sospeso alcuni nodi irrisolti, fra cui le tensioni con le minoranze etniche (Kachin e Rohingya) e i movimenti nell'ombra dei vertici dell'esercito, ancora oggi il vero "potere forte" del Myanmar

Nel dicembre 2011 il governo aveva introdotto la "Legge sulle assemblee pacifiche", che concedeva la possibilità di organizzare manifestazioni di piazza. Tuttavia, essa prevedeva il rilascio da parte delle autorità di un permesso specifico e preventivo, la cui violazione, veniva punita con il carcere. Ora il nuovo provvedimento deciso da Naypyidaw dovrebbe garantire maggiori libertà, anche se non mancano casi quotidiani di violazioni e minacce. La polizia ha infatti denunciato a piede libero cinque manifestanti che partecipano alla "Marcia di pace" da Yangon a Laiza, roccaforte delle truppe ribelli Kachin nell'omonimo Stato a nord del Paese. Per ora gli attivisti non sono stati arrestati, ma in caso di processo - e relativa condanna - rischiano fino a un anno di prigione.


Sono presenti 0 commenti

Inserisci un commento

Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.



___________________________________________________________________________________________
Testata giornalistica iscritta al n. 5/11 del Registro della Stampa del Tribunale di Pisa
Proprietario ed Editore: Fabio Gioffrè
Sede della Direzione: via Socci 15, Pisa