E’ giunta la reazione di Israele dopo il via libera dell’Assemblea generale dell’Onu alla Palestina come Stato osservatore e non membro. Ieri è stata annunciata la costruzione di tremila nuovi alloggi per i coloni tra Gerusalemme est e la Cisgiordania. Persino gli Stati Uniti, alleati storici di Israele, hanno criticato la mossa. Benedetta Capelli: ascolta
Radio Vaticana - Viene da un tweet la conferma della strategia di Israele, dopo l’ingresso della Palestina nell’Onu come Stato osservatore. Un giornalista ha reso nota la decisione – poi ribadita ufficialmente - di costruire tremila insediamenti in una zona già oggetto di un forte contenzioso con i palestinesi e che, di fatto, separerà la Cisgiordania del sud da quella del nord. Un progetto archiviato con la roadmap del 2003 e che il premier Netanyahu aveva deciso di non riprendere, rassicurando così il presidente americano Obama. Dopo l’annuncio proprio la Casa Bianca ha espresso il suo dissenso, parlando di “iniziativa controproducente” che ostacola il processo di pace. A parlare anche il Comitato esecutivo dell’Olp: “è un’aggressione israeliana allo Stato palestinese, il mondo deve assumersi le proprie responsabilità”. Prima di ripartire per Ramallah, Abu Mazen dagli Stati Uniti ha ribadito l’intenzione di riprendere i negoziati ed ha parlato di “ostacolo alla pace” riferendosi alla colonizzazione di Israele. “Esistono – ha detto – almeno 15 risoluzioni dell’Onu che la considerano illegale”. Intanto nello Stato ebraico la stampa indipendente attacca Nethanyahu definendo “un suo fallimento politico” il via libera dell’Onu, pesanti critiche in particolare per il voto di alcuni Paesi europei: “segno evidente – scrivono – che la pazienza verso l’occupazione dei Territori è finita”.
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