giovedì, ottobre 04, 2012
Intervista a Giovanni Caso responsabile della rete internazionale di giuristi “Comunione e Diritto” e già magistrato della Corte di Cassazione sul disegno di legge proposto dal governo Monti.

Città Nuova - Secondo stime diffuse e verosimili, la corruzione produce un danno da 60 miliardi all’anno in Italia. Il nostro Paese risulta tra i firmatari, nel 1999, di una Convenzione di Strasburgo che ha introdotto nuove figure di reati proprio per arginare e prevenire un sistema diffuso di malaffare, come dimostrano troppi episodi di cronaca giudiziaria. Dopo la firma delle convenzioni europee, occorrono le leggi statali per poterle applicare. Evidentemente gli ostacoli sono stati finora insormontabili, ma sembra che il governo Monti stia giungendo al traguardo.

Nel frattempo come hanno fatto notare Libera, Legambiente e Avviso Pubblico presentando, il primo ottobre, le statistiche e i numeri della corruzione in Italia, il fenomeno si sta aggravando conducendo alla «delegittimazione delle istituzioni e della classe politica». Ai «meccanismi di selezione che premiano corrotti e corruttori nelle carriere economiche, politiche, burocratiche» si accompagnano fenomeni inquietanti come «il dilagare dell'ecomafia (traffici di rifiuti e il ciclo illegale del cemento)» che «quasi sempre» prosperano grazie alla «connivenza della cosiddetta "zona grigia", fatta di colletti bianchi, tecnici compiacenti, politici corrotti».

Sulla legge in materia di corruzione abbiamo raggiunto il dottor Giovanni Caso, responsabile della rete internazionale di giuristi “Comunione e Diritto” e già magistrato della Corte di Cassazione.

Che idea si è fatto di questa legge?  

«Certamente questa legge contro la corruzione che il governo Monti, e in particolare il Ministro Severino, vogliono fare approvare dal Parlamento, è una cosa buona, sia perché colma un vuoto che c'è nella nostra legislazione, come ci chiede insistentemente l'Europa, sia perché rappresenta un segnale per indurre gli italiani a cambiare mentalità nel senso di convincerli che il rispetto della legalità nei rapporti tra Pubblica Amministrazione e cittadini corrisponde a un bene per tutti».

Ci sono aspetti della nuova normativa che potrebbero essere migliorati?  

«Positivo senz'altro è l'aver introdotto le due nuove figure di reato: cioè il reato di corruzione tra privati e il reato di traffico di influenze illecite (attività di intermediazione a fini di corruzione, ndr). Mi sembra, tuttavia, che la legge preveda pene troppo deboli, per cui è quasi certa la prescrizione dei reati con la conseguenza che non si arriverà a sentenza definitiva di condanna. Resta comunque il fatto che già l'essere sottoposto a processo penale costituisce una remora alla commissione del reato. Ma, ciò che a me appare molto debole sono le conseguenze, in particolare riguardo alla non candidabilità di chi viene condannato, in quanto questo effetto viene collegato al passaggio in giudicato della sentenza, e dati i tempi lunghi dei processi e il conseguente pericolo di prescrizione del reato, si rischia di vanificare l’incandidabilità. Qui bisognerebbe essere più incisivi, stabilendo che gli effetti decorrano dal rinvio a giudizio dell'imputato, che suppone già la sussistenza di elementi sufficienti di colpevolezza, o almeno dalla sentenza di condanna di primo grado, prevedendo anche la sospensione dalla carica pubblica che l'imputato dovesse ricoprire».

Come mai finora c'è stata resistenza all'approvazione della legge?

«Ciò forse è dovuto al timore, almeno in certi settori, che essa produca una repressione più incisiva dell’illegalità, tenendo anche conto della tendenza un po’ diffusa nel nostro costume sociale di cercare di ottenere dall'autorità pubblica qualcosa che non è dovuto ed è contro legge, che è all'origine di larga parte della corruzione dei pubblici poteri. Per cui ben venga questa legge per mettere un freno a questa deleteria tendenza, che si riflette in danno di tutti gli altri cittadini e dell’intera collettività. Dobbiamo, infine, notare che nella legge è stata tolta anche la reintroduzione del reato di falso in bilancio per pressioni che arrivano da un certo mondo imprenditoriale, ma in questo modo rischiamo che certi soggetti spregiudicati continueranno a manovrare capitali occulti sottratti col falso. A tale fine, la nuova legge dedica un'intera parte alla prevenzione della corruzione attraverso una maggiore vigilanza sulla legalità dell'operato dei pubblici amministratori». 

Giustino Di Domenico

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