A dieci anni Brina ha deciso di fare volontariato in una casa di riposo, ma la legge non lo consente. E lei non si arrende. Anche i bambini possono essere e fare buone notizie
Città Nuova - Graziano è il direttore di una casa di riposo per anziani, oltre ad essere un amico. E quando ci si incontra ci raccontiamo i fatti di vita che accadono nelle nostre storie quotidiane. Questa è accaduta nella sua struttura. Siamo nella cucina della casa di riposo, si sta servendo cena, quando all’improvviso una domanda: «E queste da dove sono saltate fuori?». Sorpreso e meravigliato il cuoco si è dapprima asciugato le mani al grembiule e poi con occhi interroganti ha guardato le due operatrici che stavano distribuendo la cena. «Siamo venute a fare volontariato!» come se fosse la cosa più naturale di questo mondo. Solo che le due operatrici che guardano con occhi sgranati gli adulti vestiti di bianco attorno al carrello della cena sono due bambine. «Possiamo tagliare del pane, portare dell’acqua in tavola? Cosa possiamo fare?». Le richieste incalzano, mentre gli adulti cercano una risposta “da adulti”. Tutt’attorno ci tanti volti stanchi, curvi sulla minestra, ma che dirigono lo sguardo verso queste voci d’angelo.
Qualche giorno prima, andando a giocare sulle giostre le due birbanti erano passate davanti all’enorme casa di riposo e dietro la recinzione avevano visto tanti signori: tutti con i capelli bianchi, alcuni camminavano con un bastone, altri stavano seduti su delle sedie con le ruote. «Dobbiamo aiutare chi ha bisogno!» è la traduzione italiana dell’arabo Brina, il nome dello scricciolo di dieci anni che con l’amica Chiara ha progettato l’incursione nella residenza.
Sufficiente pigiare i bottoni che aprono automaticamente le porte ed eccole tra i fumi della ministra ad offrire il loro aiuto. «Ma i vostri genitori sanno che siete qui? Non sappiamo se potete fare volontariato qui! Venite qui con i vostri genitori e parlatene con il direttore». Incuranti delle richieste adulte insistono nel voler dare una mano e intanto che raccolgono vasetti di yogurt vuoti, hanno già attaccato bottone con quella comunità di nonni e nonne, conquistando una montagna di sorrisi e carezze. Per quella sera si chiude un occhio.
Il giorno dopo Brina torna alla carica. Bussa all’ufficio del direttore e con decisione chiede il permesso di far volontariato. Richiesta spiazzante anche per un direttore. Brina era sola perché la sera prima « una vecchia signora aveva sgridato la sua amica Chiara, che spaventata aveva deciso di non venire più», ma lei aveva deciso che voleva insistere. Con la sua famiglia si era trasferita in paese da tre mesi. Il papà aveva perso il lavoro. Ma ora bando alle chiacchiere: aveva con sé un libro perché aveva pensato di leggere delle favole ai nonni.
Il direttore combattuto tra la spontanea richiesta e la legge scrive un biglietto alla famiglia: «Cari genitori, sono contento che vostra figlia voglia fare volontariato nella nostra Struttura ma vorrei incontrarvi per parlarne insieme domani alle 15,00». Brina non si scompone. Legge il bigliettino e spiega che sua mamma forse non avrebbe capito l’italiano perché è marocchina, ma che lei poteva tradurre. Cosa sarebbe successo ora? I genitori avrebbero capito o avrebbero sgridato la figlia perchè li stava cacciando in un brutto guaio?
La mattina rieccola felice: di lì a breve i genitori sarebbero arrivati per parlare al direttore. Intanto era già nel salone a leggere un libro di favole ad alcune nonne sedute attorno ad un tavolo, dopo aver distribuito con un sorriso a qualcuno un tè, ad altri un succo: stavolta tutti avevano bevuto! I genitori confermarono la versione della figlia: a marzo si erano trasferiti in paese, stavano cercando un lavoro, il furgone dell’uomo era stato portato via da un carro attrezzi per un guasto e ora non aveva i soldi per riprenderselo. Più urgente era l’affitto. Lui sapeva fare un po’ di tutto: muratore, elettricista, giardiniere e che se se serviva una mano, qualcuno da aiutare lui e sua moglie c’erano. Ma nessuna richiesta di aiuto è stata avanzata dai due, felici che la figlia aiutasse gli anziani perché «in Marocco non esistono posti come questi. Sarebbe un disonore per un figlio abbandonare il genitore in un ricovero».
Una storia così bella ha però il suo inghippo: può una bimba di 10 anni fare liberamente volontariato in una struttura per anziani? La Legge dice chiaramente di no. Ma davvero si poteva impedire a Brina di porre fine a questa sua esperienza? Direttore e genitori concordano di firmare un foglio, che legalmente non ha certo valore, ma insieme decretano ciò che il legislatore non ha ancora pensato di legiferare: una bimba di dieci anni, se lo desidera, ha diritto di svolgere opera di volontariato anche nella casa di riposo vicino alla sua. Da pioneri.
Città Nuova - Graziano è il direttore di una casa di riposo per anziani, oltre ad essere un amico. E quando ci si incontra ci raccontiamo i fatti di vita che accadono nelle nostre storie quotidiane. Questa è accaduta nella sua struttura. Siamo nella cucina della casa di riposo, si sta servendo cena, quando all’improvviso una domanda: «E queste da dove sono saltate fuori?». Sorpreso e meravigliato il cuoco si è dapprima asciugato le mani al grembiule e poi con occhi interroganti ha guardato le due operatrici che stavano distribuendo la cena. «Siamo venute a fare volontariato!» come se fosse la cosa più naturale di questo mondo. Solo che le due operatrici che guardano con occhi sgranati gli adulti vestiti di bianco attorno al carrello della cena sono due bambine. «Possiamo tagliare del pane, portare dell’acqua in tavola? Cosa possiamo fare?». Le richieste incalzano, mentre gli adulti cercano una risposta “da adulti”. Tutt’attorno ci tanti volti stanchi, curvi sulla minestra, ma che dirigono lo sguardo verso queste voci d’angelo.
Qualche giorno prima, andando a giocare sulle giostre le due birbanti erano passate davanti all’enorme casa di riposo e dietro la recinzione avevano visto tanti signori: tutti con i capelli bianchi, alcuni camminavano con un bastone, altri stavano seduti su delle sedie con le ruote. «Dobbiamo aiutare chi ha bisogno!» è la traduzione italiana dell’arabo Brina, il nome dello scricciolo di dieci anni che con l’amica Chiara ha progettato l’incursione nella residenza.
Sufficiente pigiare i bottoni che aprono automaticamente le porte ed eccole tra i fumi della ministra ad offrire il loro aiuto. «Ma i vostri genitori sanno che siete qui? Non sappiamo se potete fare volontariato qui! Venite qui con i vostri genitori e parlatene con il direttore». Incuranti delle richieste adulte insistono nel voler dare una mano e intanto che raccolgono vasetti di yogurt vuoti, hanno già attaccato bottone con quella comunità di nonni e nonne, conquistando una montagna di sorrisi e carezze. Per quella sera si chiude un occhio.
Il giorno dopo Brina torna alla carica. Bussa all’ufficio del direttore e con decisione chiede il permesso di far volontariato. Richiesta spiazzante anche per un direttore. Brina era sola perché la sera prima « una vecchia signora aveva sgridato la sua amica Chiara, che spaventata aveva deciso di non venire più», ma lei aveva deciso che voleva insistere. Con la sua famiglia si era trasferita in paese da tre mesi. Il papà aveva perso il lavoro. Ma ora bando alle chiacchiere: aveva con sé un libro perché aveva pensato di leggere delle favole ai nonni.
Il direttore combattuto tra la spontanea richiesta e la legge scrive un biglietto alla famiglia: «Cari genitori, sono contento che vostra figlia voglia fare volontariato nella nostra Struttura ma vorrei incontrarvi per parlarne insieme domani alle 15,00». Brina non si scompone. Legge il bigliettino e spiega che sua mamma forse non avrebbe capito l’italiano perché è marocchina, ma che lei poteva tradurre. Cosa sarebbe successo ora? I genitori avrebbero capito o avrebbero sgridato la figlia perchè li stava cacciando in un brutto guaio?
La mattina rieccola felice: di lì a breve i genitori sarebbero arrivati per parlare al direttore. Intanto era già nel salone a leggere un libro di favole ad alcune nonne sedute attorno ad un tavolo, dopo aver distribuito con un sorriso a qualcuno un tè, ad altri un succo: stavolta tutti avevano bevuto! I genitori confermarono la versione della figlia: a marzo si erano trasferiti in paese, stavano cercando un lavoro, il furgone dell’uomo era stato portato via da un carro attrezzi per un guasto e ora non aveva i soldi per riprenderselo. Più urgente era l’affitto. Lui sapeva fare un po’ di tutto: muratore, elettricista, giardiniere e che se se serviva una mano, qualcuno da aiutare lui e sua moglie c’erano. Ma nessuna richiesta di aiuto è stata avanzata dai due, felici che la figlia aiutasse gli anziani perché «in Marocco non esistono posti come questi. Sarebbe un disonore per un figlio abbandonare il genitore in un ricovero».
Una storia così bella ha però il suo inghippo: può una bimba di 10 anni fare liberamente volontariato in una struttura per anziani? La Legge dice chiaramente di no. Ma davvero si poteva impedire a Brina di porre fine a questa sua esperienza? Direttore e genitori concordano di firmare un foglio, che legalmente non ha certo valore, ma insieme decretano ciò che il legislatore non ha ancora pensato di legiferare: una bimba di dieci anni, se lo desidera, ha diritto di svolgere opera di volontariato anche nella casa di riposo vicino alla sua. Da pioneri.
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