giovedì, maggio 17, 2012
Ogni mattina Fredo Valla accompagna i figli Peire e Tadej a scuola, cura l'orto, poi si mette al computer e pensa ai film, cesella personaggi, spesso persone che vanno “in direzione ostinata e contraria”, che lottano per difendere la loro identità e vivono in simbiosi con la natura. Come François de Bardonnéche, eroe occitano e protagonista de “La via dei lupi”, romanzo dello scrittore Carlo Grande, autore anche di una sceneggiatura con Valla dallo stesso titolo.

di Gabriele Salari

In dvd è appena uscito “Sono gli uomini che rendono le terre vive e care ”, un film documentario di cui Valla è regista e non solo sceneggiatore, sul monastero di Pra d’Mill, che si trova in una conca ai piedi del Monviso. Valla non ama che si paragoni il suo lavoro a “Il grande silenzio”, ma certo la suggestione di questo documentario è ugualmente legata alla vita monastica e al silenzio, anche se si gioca più sul bianco e nero in cui è girato e sulla montagna che fa da sfondo al monastero. Nera la roccia, bianca la neve e bianco l'abito dei monaci. Il regista ha visto nascere questo monastero cistercense, a poca distanza da casa sua, quando Padre Cesare Falletti, proveniente dal monastero di Lérins (un'isola che si trova davanti a Cannes), ha capito nella preghiera, davanti a un verso dell'Apocalisse, che lì doveva sorgere un monastero.

“La preghiera è presenza: si sente di dover fare qualcosa, dire delle preghiere, ma la volontà di essere presenti a Dio non ha sempre una logica. Sgorga naturalmente dalla persona, che a un certo punto sta, anche se Dio non lo vede. E stando, la nebbia s’infittisce…” spiega Padre Cesare.

Il film è girato d'inverno, ma il regista e la troupe erano ormai di casa da tempo quando hanno iniziato le riprese perché non volevano che la macchina da presa fosse una presenza invadente. La storia è quella di un uomo in cammino verso un monastero che cerca il senso dell’assoluto di Dio nell’incontro con i monaci, nelle loro vite scandite dalla preghiera, nei piccoli gesti quotidiani, nel silenzio. Nel bianco della neve il silenzio si fa addirittura più profondo.

“Avevo già girato un documentario sull'abbazia di Novalesa, in Piemonte, dove ho battezzato i miei figli, ma questo è diverso, qui ci sono io che faccio un cammino di esperienza e spiritualità. Mi sento uno smarrito della modernità, uno dei tanti che si pone il problema di Dio e della trascendenza. Quando entro in un monastero non so se quel cammino porta alla meta ma sento che sono sulla strada giusta” spiega Valla.

“Ho avuto il privilegio di collaborare al film, di vederlo nascere. Pra d’Mill è un’emozione fortissima e lo sarà per tutti coloro che cercano faticosamente una strada in questi tempi sbandati” racconta Carlo Grande, stregato dall'atmosfera del monastero. “Si prega, si lavora, si canta. I monaci coltivano l'orto, piantano alberi, accudiscono meli, peri, castagni; raccolgono i frutti, fanno marmellate, producono miele. Alcuni dipingono icone, altri battono il rame...”.

Il carisma di Padre Cesare ha portato a Pra d’ Mill una ventina di monaci e il monastero, sorto solo 20 anni fa, a circa 1.000 metri d'altezza, dove c'era solo una piccola cappella, cresce. “Vedere un monastero che cresce non è come assistere alla costruzione di una villetta condominiale. L’emozione viene più facile. Poi ci sono gli uomini, i monaci, con il loro modo di dialogare, la scelta di vita, le storie, la fede, gli sguardi” spiega il regista. “Incuriosiscono le connessioni tra luoghi diversi e lontani. Un’abbazia su un’isola del Mediterraneo manda un monaco sulle Alpi, a Pra d’ Mill, per dare vita a un monastero. Affascina questo sciamare, il non tenere conto dei confini, che fu una caratteristica del mondo medievale ed è un’utopia moderna. Poi c’è la ricerca del deserto, che i monaci ricreano per trovare il senso dell’assoluto di Dio; c’è il controllo del tempo scandito dalla preghiera e dalla regola monastica che governa con equilibrio la vita comunitaria. C’è il silenzio in cui nascondersi, propizio alla vita spirituale. Alla vita tout court.”

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