domenica, aprile 08, 2012
Ventinove Comuni in tutta la penisola sono commissariati per infiltrazioni mafiose

Liberainformazione - Non succedeva da venti anni. Coi cinque comuni sciolti dal Consiglio dei ministri, sono 17 quelli commissariati per infiltrazione mafiosa dall'inizio dell'anno. Una gran brutta notizia. O, forse, anche l'intenzione di fare sul serio contro la collusione mafia-politica. Diciassette in poco più di tre mesi contro i 6 di tutto il 2011 e 6 di tutto il 2010. Bisogna andare al periodo '91-'93, quello delle stragi di Falcone e Borsellino e delle bombe a Roma, Firenze e Milano, per trovare numeri comparabili, quando in un anno si scioglievano tra i 20 e i 30 comuni. Ma erano i primi anni dell'applicazione della legge del 1991 che introdusse, appunto, la possibilità di sciogliere i consigli comunali quando esiste il fondato sospetto di condizionamento mafioso.Dopo di allora i numeri sono rimasti sempre al di sotto dei dieci scioglimenti annui (tranne nel 2003 e nel 2005). Fino al preoccupante boom di quest'anno, ancor più preoccupante perché tra i 17 all'indice ci sono due comuni del Nord, Ventimiglia, in provincia di Imperia, e Leini, nel Torinese, che si vanno ad aggiungere a Bordighera, sciolto il 24 marzo 2011. Non succedeva dal 1995 quando venne commissariato Bardonecchia, sempre in provincia di Torino, fino ad ora unico caso al Nord. Ma veniamo alle decisioni di venerdì che hanno riguardato i comuni casertani di Casal di Principe, Casapesenna e Castel Volturno, cuore del potere del clan camorrista dei Casalesi, da sempre strettamente legato al mondo politico. Gli altri due sono Mileto (Vibo Valentia) e Bagaladi (Reggio Calabria). Un ulteriore conferma del gravissimo inquinamento della 'ndrangheta nelle amministrazioni locali e, più in generale, nella politica calabrese.Dei 17 comuni sciolti quest'anno ben 8 sono di questa regione: Briatico e Mileto in provincia di Vibo Valentia, Bagaladi, Bova Marina, Careri, Platì, Samo e Sant'Ilario sullo Jonio in quella di Reggio Calabria. E anche i comuni sciolti al Nord riguardano cosche 'ndranghetiste. Gli altri comuni commissariati quest'anno sono Pagani (Salerno) e Gragnano (Napoli) che con quelli di ieri segnalano un pericoloso ritorno tra i "cattivi" della Campania. Ci sono poi Racalmuto (Agrigento) e Salemi (Trapani). Con questi 17 si arriva così a 29 comuni attualmente commissariati: 16 in Calabria, 7 in Campania, 3 in Sicilia, 2 in Liguria e 1 in Piemonte. Oltre all'Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia. Infatti quando stanno per scadare i 18 mesi di scioglimento ordinario ormai scattano regolarmente altri 6 mesi di proroga. E così si arriva all'attuale numero di 29 più l'Asp.Ma per molti comuni l'attuale commissariamento non è il primo. Tre sono al terzo e tra questi proprio due sciolti ieri, Casal di Principe (1991, 1997 e 2012) e Casapesenna (1991, 1996 e 2012), oltre a Roccaforte del Greco, paesino dell'Aspromonte (1996, 2003 e 2011). Mentre cinque sono al secondo: Castel Volturno, Pagani e San Giuseppe Vesuviano in Campania, Nicotera (Vibo Valentia) e Platì (Reggio Calabria). E i numeri potrebbero ulteriormente salire. Sono ben sette, infatti, le amministrazioni sotto esame, in cui la procedura di accesso, decisa dalle prefetture, è terminata o in corso: tre in Calabria tra le quali il comune di Reggio e la provincia di Crotone, due in Campania, una in Sicilia e due in Piemonte, Rivarolo Canavese e Chivasso. Una situazione che ha fatto recentemente lanciare un preciso allarme da parte del ministro dell'Interno, Anna Maria Cancellieri. «La componente mafiosa – ha denunciato il 28 febbraio davanti alla Commissione antimafia – non si è semplicemente infiltrata ma, facendo leva sulle relazioni con referenti amministrativi e politici, si è compenetrata con il tessuto circostante, fino ad assumere un ruolo più centrale e fortemente condizionante nel panorama dell'economia e della politica locale». Il rischio «che si intravede palesemente - ha avvertito il ministro -, è che l'intreccio politico-amministrativo-affaristico veda predominanti gli interessi di gruppi mafiosi e renda subalterni, mortificandoli, quelli pubblici».

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