venerdì, aprile 06, 2012
Sono trascorsi tre anni da quando il terremoto ha distrutto l’Aquila e tutto è rimasto fermo a quella notte

di Paola Bisconti

Questa è una di quelle circostanze in cui le parole non consolano e non guariscono, anzi riaprono le ferite, come quelle che la notte del 6 aprile del 2009 hanno lacerato la terra d’Abruzzo: alle ore 3:32 una scossa di terremoto di magnitudo 6,3 della scala Richter colpì L’Aquila, Onna, Camarda, Poggio Picenze, Fossa, Villa Sant’Angelo, San Demetrio, provocando 308 morti, 1600 feriti di cui 200 gravi e 65.000 evacuati, oltre a distruggere più di 100 chiese, basiliche e numerosi palazzi.

Nonostante il trascorrere del tempo, il dolore e la sofferenza continua ad affliggere i 9.776 sfollati che sono ancora in autonoma sistemazione, i 383 abruzzesi che risiedono in albergo, i 147 ospiti nella caserma delle Fiamme Gialle di Coppito, le 12.999 persone alloggiate presso le C.A.S.E. (complessi antisismici sostenibili ecocompatibili) e nei M.A.P. (moduli abitativi provvisori), i 15.000 aquilani sistemati nelle “News Towns”, gli insediamenti fatti costruire intorno alla città per volere di Berlusconi e Bertolaso (uno dei tanti progetti intorno ai quali hanno girato cifre da capogiro con l’obiettivo di ricostruire la città, che però risulta ancora stracolma di macerie).

E non è tutto: le imprese incaricate di effettuare la ristrutturazione hanno conquistato appalti da 152 milioni di euro solo per i puntellamenti dei centri storici, ma il lavoro effettivo non è ancora iniziato e per giunta molti operai sono stati licenziati o messi in cassa integrazione. Inoltre erano stati promessi 3 milioni di euro per fondare un centro antiviolenza che non è stato fondato, altri 2 milioni erano previsti per costruire un centro sportivo che non è stato costruito… sono state fatte molte altre promesse in denaro che è praticamente evaporato.

Gli abruzzesi fino ad oggi hanno assistito con amarezza ad un losco gioco d’affari proprio da parte di chi aveva assicurato loro la ripresa. L’aggrovigliato sistema di regolamenti ha peggiorato la situazione: 70 ordinanze della Presidenza del Consiglio, 41 disposizioni della Protezione Civile, 96 decreti del commissario, 606 atti del comune dell’Aquila e un numero svariato di circolari interne, eppure la situazione della città è sempre più catastrofica. La realtà è che il terremoto è stato un pretesto per far circolare i soldi. Proprio come è accaduto in occasione del G8 dall’8 al 10 luglio del 2009 che avrebbe dovuto svolgersi alla Maddalena, in Sardegna, e che invece è stato organizzato presso la Scuola Ispettori e Sovrintendenti della Guardia di Finanza di Coppito. Il summit è stato l’esempio lampante di uno spreco di denaro pubblico: è stato infatti il vertice più caro ed inutile della storia. Sono stati spesi 24.000 euro per gli accappatoi e gli asciugamani, 78.163 euro per i portablocchi delle carte, 64.000 euro per gli addobbi floreali, 347.000 euro per i televisori al plasma, 22.500 euro per le ciotoline d’argento firmate Bulgari, 10.000 euro per i bollitori del tè e infine 250.000 euro sono destinati alla Tiumph, l’azienda fornitrice del materiale per l’ufficio stampa e per il servizio di interpretazione-traduzione. Gli appalti, inoltre, sono stati affidati ai soliti nomi, come la “Relais le Jardin” incaricata del servizio di catering per i banchetti (l’azienda appartiene alla famiglia di Stefano Ottaviani, marito di Marina Letta, figlia dell’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta).

In questa situazione post-apocalisse con cui le vittime convivono da 3 anni, sono numerose le iniziative organizzate a favore dei terremotati, come la recente visita di David Grossman, scrittore israeliano, ospite presso il Centro Direzionale Strinella, e la presentazione della tela “Guernica d’Abruzzo”, grande 22 mq, realizzata da 20 artisti abruzzesi e tuttora esposta nella sala Tosti dell’Aurum di Pescara. Nella stessa circostanza è stato presentato il libro e il dvd “Una storia senza fine? Aquil Abruzzo Tend Atelier”, edito da Ianieri, dove gli autori Antonio Gasbarrini e Anna Seccia raccontano l’esperienza degli aquilani nella tendopoli Centi Colella.

Ricordare è utile anche per esprimere la disapprovazione verso gli sciacalli, che per fortuna sono stati poi bloccati grazie all’intervento delle squadre dell’esercito; verso tutti quelli che si sono finti soldati indossando la divisa da ufficiale e allarmavano la popolazione con falsi avvisi di imminenti scosse sismiche; verso i truffatori che dichiaravano di raccogliere dei fondi per le vittime del terremoto; verso i mafiosi che hanno tentato di infiltrarsi nei lavori trasformando la regione in uno snodo per il traffico dei rifiuti; verso coloro che hanno tradito l’Aquila e il suo tesoro artistico; verso Francesco Maria De Vito Piscicelli e il cognato Pierfrancesco Gagliardi, soprannominato “Gargamella”, i costruttori campani complici di una speculazione illegale che la stessa notte in cui la terra ha tremato hanno sghignazzato al telefono.

Le ingiustizie dietro questa tragedia sono troppe e inaccettabili, soprattutto per i genitori degli 8 studenti morti durante il terremoto che hanno rifiutato la laurea honoris causa in memoria dei propri figli: la cerimonia si sarebbe ridotta ad uno sproloquio di parole che non avrebbero reso giustizia a Michele Strazzella, Enza Terzini, Tonino Colonna, Luca Lunari, Marco Alviano, Angela Cruciano, Luciana Capuana, Davide Centofanti.

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