domenica, febbraio 26, 2012
Nel Sud Sudan, martoriato da violenza e povertà, è nato un nuovo modo di fare missione grazie ad un’associazione di laici e religiosi provenienti da tutto il mondo

di Paola Bisconti

Favorire l’attuazione delle “5R” è la priorità dell’associazione “Solidarietà con il Sudan meridionale”, che intende riconciliare, riabilitare, rimpatriare, ricostruire e rieducare una popolazione che ha subìto il perpetuarsi di una lunga serie di guerre ingiuste. Il progetto è nato dalla cooperazione di 25 istituti missionari intenti a tradurre attivamente un messaggio che è stato lanciato in occasione del “Congresso Internazionale della vita religiosa” celebrato a Roma nel 2004 e incentrato sul tema “Passione di Cristo, passione per l’umanità”. Traducendo l’idea in pratica si è dato vita ad un nuovo modo di concepire la missione che risponde con più efficacia alle impellenti necessità del Sud Sudan.

Il 54° Stato africano, nonché il 193° Paese delle Nazioni Unite, è nato da un passato travagliato che ha visto importanti spiragli di luce il 9 gennaio del 2011, quando al referendum sull’autonomia del paese si è recato il 98,83% della popolazione (4 milioni di votanti) sancendo così l’indipendenza del Sudan meridionale. La cerimonia di insediamento, che si è svolta il 9 luglio dello scorso anno a Juba, la capitale del sud, è stata presieduta da Salva Kiir Mayardit, il primo presidente della nuova nazione. Il successo del referendum è stato possibile anche grazie all’operato dei missionari dell’associazione “Solidarietà con il Sudan meridionale”, che hanno favorito il diffondersi dei nuovi messaggi di multiculturalità in un paese che per 40 anni è stato scenario di schiavitù e di colonialismo. Il susseguirsi delle guerre civili (la prima dal 1955 al 1972 e la seconda dal 1983 al 1998) volute dagli oppressivi regimi ha provocato 2 milioni di morti. Il 90% della popolazione ora vive al di sotto della soglia della povertà e l’alto tasso di analfabetismo attanaglia i sopravvissuti, così come l’elevata mortalità: qui 1 bambino su 4 muore prima di compiere 5 anni e la gran parte delle donne perdono la vita durante il parto.

L’organizzazione “Solidarietà con il Sudan meridionale” ha creato una serie di servizi umanitari fondamentali con lo scopo di aiutare il paese ad intraprendere una strada di ripresa e di stabilità. L’obiettivo è quello di affrontare le necessità sanitarie, educative e pastorali creando una sinergia fra le 170 congregazioni religiose di 13 nazionalità differenti. Le loro sedi sono situate nelle comunità di Malakal, Riimenze, Wau, Yambio e Juba, la capitale. Tutte le attività sono riconosciute e approvate dal GOSS, il governo del Sudan Meridionale. I missionari che operano nel Sud Sudan convivono con una popolazione che vive la ricchezza della propria terra come una condanna, perché l’area, che abbonda di petrolio ed è impreziosita delle acque del Nilo, è contesa da alcune grandi potenze economiche come la Cina. Nonostante il successo del referendum e l’ufficializzazione dell’indipendenza del nuovo stato, il Sud Sudan subisce ancora il controllo del governo settentrionale che colpisce violentemente Abyei, la regione più ricca della nazione, situata al confine tra il nord e il sud,ed abitata dai Nuba, gli abitanti che prendono il nome dai monti dove vivono. Qui è in corso una strage ordinata da Omar Al-Bashir, presidente del Sudan del Nord, ed eseguita dall’esercito di Khartoum. I guerriglieri ora intendono occupare anche i monti Nuba, ma l’operazione è impossibile perché l’area che li comprende si estende per 50.000 km quadrati e le pareti sono scoscese, quindi difficoltose da raggiungere. Tuttavia, stando alle notizie riferite da monsignor Macram Max Gassis, vescovo di El Obeid, all’agenzia Fides (organo di informazione delle Pontefice Opere Missionarie), la zona è controllata da alcuni aerei militari che da diversi mesi compiono bombardamenti e hanno già provocato la morte di 20.000 persone. L’obiettivo dell’esercito di Khartoum è quello di appropriarsi delle terre dei monti Nuba, le più fertili delle nazioni limitrofe e conosciute come il “giardino del nord”. Già in passato i nemici avevano reso gli abitanti degli schiavi costringendoli ad islamizzarsi. Ora intendono far scomparire definitivamente questa popolazione indigena che rischia un genocidio.

Lo scenario è preoccupante e occorre mobilitare anche l’opinione pubblica sulla questione, affinché le potenze internazionali intervengano prima che sia troppo tardi. Tuttavia la tenacia dei missionari che operano per conto dell’associazione “Solidarietà con il Sudan meridionale” riesce a ridonare speranza ai sudanesi che intendono sconfiggere i soprusi mediante degli accordi di pace. Il team che svolge i corsi per la formazione scolastica, sanitaria e per i servizi pastorali fanno riferimento al Consiglio di Amministrazione, formato dai Superiori Generali della Congregazione che dirigono le attività sia dall’ufficio UISG presso la sede principale di Roma che da Juba, la capitale del Sud Sudan. Nella città di Wau le suore comboniane seguono due gruppi di studentesse che conseguiranno il diploma di infermiere professionali insieme a quello di ostetricia. Si tratta dei primi corsi di studio nella storia della nazione. Altri missionari, dopo aver ristrutturato l’ospedale cattolico che era stato usato dall’esercito durante la guerra, ora offrono ai pazienti un pronto soccorso, un centro chirurgico, una farmacia e un’area per ostetricia e ginecologia. Nelle comunità di Malakal, Yambio e Riimenze i frati dell’ordine de La Salle si occupano della formazione dei docenti per le strutture scolastiche che possiedono gli uffici per il personale, le aule, un laboratorio scientifico, un centro informatico, una biblioteca e i dormitori. Questo consentirà a 48.000 studenti di essere istruiti da 700 docenti, di cui 135 donne. Inoltre l’associazione organizza in tutte le città una serie di seminari di formazione spirituale rivolti sia ai religiosi che ai laici, grazie alla guida di suor Cathy Arata.

Tra le figure laiche c’è invece Anne, che lavora come segretaria presso l’associazione. Abbiamo avuto il piacere di conoscerla e di porle alcune domande riguardo la sua missione in terra africana: fra qualche giorno condivideremo le sue risposte con i lettori de La Perfetta Letizia.

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