giovedì, gennaio 12, 2012
Viaggio in una lirica dove le sensazioni diventano pensiero, la bellezza si tramuta in versi, l’anima si accosta all’assoluto

di Paola Bisconti

Lo spirito francescano di Michele Pierri racchiude le caratteristiche di un uomo intento ad addentrarsi nei dogmi religiosi attraverso la poesia. Percorrendo quasi un secolo di vita, Pierri conduce un’esistenza ricca di eventi, che lo inducono a scrivere e a descrivere con passione una intensa quotidianità. Nato a Napoli nel 1899, consegue la laurea nella stessa città, dove conosce Giuseppe Moscati, diventando, da allievo universitario, suo assistente come medico di bordo durante le rotte tra il Brasile e l’Argentina. Negli anni della giovinezza avviene un incontro fulminante con Aminta Banfi, che diventerà sua moglie e madre di nove figli. La loro vita si svolge a Taranto, una città lontana dalla mondanità e scenario perfetto per una personalità fortemente intrisa di teologia che esprime, in forma poetica, i valori universali della morale. La scrittura di Michele Pierri è un’eredità di notevole spessore che appartiene al secolo scorso, ma la sua è una voce senza legami con il tempo che penetra nel profondo dell’animo umano e grida alla salvezza dell’uomo.

Il senso del suo pensiero è racchiuso nel romanzo simbolico “Il Bruto”(1951), sequestrato dall’OVRA (la polizia segreta dell'Italia fascista) nel 1934 e causa dell’arresto, durato nove mesi, presso il carcere di Bari. Il libro è un invito alla ribellione contro ogni tipo di sottomissione dell’individuo: Bruto rappresenta infatti un eroe che combatte l’uomo oppressore di un altro essere umano e, attraverso la nobile forza del pensiero, riporta il mondo ai valori originali. In questa narrazione, ricca di concetti spesso molto articolati, si percepisce un furore poetico che si trasforma in una 'dolce' azione reale. Michele Pierri ha conosciuto la profondità delle filosofie orientali, dell’economia marxista, delle dottrine libertarie francesi, della libertà di pensiero fino al sacrificio della carcerazione politica, ma rimane di lui una immagine quasi commovente, in special modo nella lettura del poemetto “Chico ed io”(1971), dove descrive il legame tra lui e una gazza blu con striature bianche. I voli leggiadri dell’uccello gli regalano la pace dell’animo, che si tramuta in un sentimento di amore universale che rimanda allo spirito del santo di Assisi.

A distanza di pochi anni dalla composizione del breve testo, pubblicato sulla rivista di Girolamo Comi “L’Albero”, vive con grande dolore la perdita della moglie e soffre a tal punto da invocare Cristo, in alcune liriche, affinché l’unisca al più presto alla sua amata. La risposta di Dio è invece l’incontro con Alda Merini, che suscita nella poetessa la volontà di debellare il mostro della follia attraverso il genio della poesia, rinato in lei grazie all’affetto fra i due. Nell’ultimo periodo di vita Michele Pierri compone più di 2000 liriche - alcune inedite e altre raccolte in “Taccuino Mariano”(1986) e “Madonna del Duemila” (1987) – basate su una dimensione filosofica e religiosa dove la poesia abbandona i legami della materia e si libra nell’anelito spirituale. Il medico-poeta ci lascia nel 1989 presso l’ospedale Moscati di Taranto, dopo un’intensa attività e una prolifera quantità di scritti tutti da riscoprire e diffondere, in particolare tra le nuove generazioni, affinché le dottrine di Pierri possano diventare, come meritano, dei punti di riferimento.

È presente 1 commento

Anonimo ha detto...

Un pezzo davvero bello. Due precisazioni. La moglie si chiamava Aminta Baffi e non Banfi. I figli avuti dalla coppia sono dieci e non nove.

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