Fino al 1986, solo sette persone incriminate per aver profanato il Corano o ingiuriato il nome di Maometto. Dall’introduzione della legge nera si sono registrati oltre 4mila casi, la maggior parte negli ultimi cinque anni. La protesta di cristiani e membri della società civile. La norma “protegge gli assassini” e chi "fomenta violenze di piazza”.
Islamabad (AsiaNe
ws) - L’introduzione delle famigerate leggi sulla blasfemia nel 1986, durante la dittatura del generale pakistano Zia ul-Haq, hanno determinato una crescita esponenziale nelle denunce per “profanazione del Corano” o “diffamazione del profeta Maometto”. Tra il 1927 e il 1986, anno in cui è stata approvata la “legge nera”, si sono registrati solo sette casi accertati di blasfemia. Invece, dal 1986 ad oggi le vittime sono salite a oltre 4mila e il dato è in continuo aumento: basti pensare che dal 1988 al 2005, le autorità pakistane hanno incriminato 647 persone per reati connessi alla blasfemia, mentre negli ultimi anni sono migliaia i casi di cristiani, musulmani, ahmadi e fedeli di altre religioni accusati sulla parola, senza il minimo indizio di colpevolezza.
Il reato di blasfemia prevede il carcere a vita o la pena di morte. Tuttavia, le 30 vittime accertate per blasfemia sono decedute in seguito a omicidi extra-giudiziali, perpetrati da fanatici con l’avallo – o la connivenza – di autorità e forze di polizia. Denunce e uccisioni sono per lo più frutto di gelosie, inimicizie personali, questioni economiche, interessi politici che nulla hanno a che vedere con Maometto e l’islam. Questa lunga striscia di sangue causata dalle norme 295 B e C del Codice penale pakistano sono il segnale di una “islamizzazione” di una nazione, fondata nel 1947 sui principi della laicità, della parità dei diritti e della libertà religiosa. Oggi la comunità cristiana – circa il 2% della popolazione, concentrata in maggioranza nella provincia del Punjab – è vista come una minaccia per tre ragioni di fondo: il cristianesimo è considerato una religione “occidentale”; i membri della minoranza religiosa sono giudicati liberali ed esponenti di una classe media – soprattutto i protestanti – istruita, associata alla leadership coloniale del passato; quanto viene fatto da o contro i cristiani viene “ingigantito” o sovrastimato.
La “legge nera” negli ultimi 20 anni ha causato attacchi contro intere comunità, come avvenuto a Shantinagar e nel Multan (1997), oppure nel passato recente a Gojra (2009), con morti e decine di case incendiate. I cristiani pakistani e la società civile piangono anche tre personalità di primo piano, considerate alla stregua di “martiri”: il vescovo cattolico John Joseph, suicidatosi nel 1998 per protesta contro la condanna a morte di due cristiani; il governatore del Punjab Salman Taseer, un musulmano assassinato da una guardia del corpo il 4 gennaio di quest’anno; il ministro per le Minoranze religiose, il cattolico Shahbaz Bhatti, massacrato da un commando armato il 2 marzo scorso. Gli ulimi due avevano chiesto la cancellazione della norma e la liberazione di Asia Bibi, 45enne cristiana e madre di cinque figli, condannata a morte in base alla legge nera.
Islamabad (AsiaNe
ws) - L’introduzione delle famigerate leggi sulla blasfemia nel 1986, durante la dittatura del generale pakistano Zia ul-Haq, hanno determinato una crescita esponenziale nelle denunce per “profanazione del Corano” o “diffamazione del profeta Maometto”. Tra il 1927 e il 1986, anno in cui è stata approvata la “legge nera”, si sono registrati solo sette casi accertati di blasfemia. Invece, dal 1986 ad oggi le vittime sono salite a oltre 4mila e il dato è in continuo aumento: basti pensare che dal 1988 al 2005, le autorità pakistane hanno incriminato 647 persone per reati connessi alla blasfemia, mentre negli ultimi anni sono migliaia i casi di cristiani, musulmani, ahmadi e fedeli di altre religioni accusati sulla parola, senza il minimo indizio di colpevolezza.Il reato di blasfemia prevede il carcere a vita o la pena di morte. Tuttavia, le 30 vittime accertate per blasfemia sono decedute in seguito a omicidi extra-giudiziali, perpetrati da fanatici con l’avallo – o la connivenza – di autorità e forze di polizia. Denunce e uccisioni sono per lo più frutto di gelosie, inimicizie personali, questioni economiche, interessi politici che nulla hanno a che vedere con Maometto e l’islam. Questa lunga striscia di sangue causata dalle norme 295 B e C del Codice penale pakistano sono il segnale di una “islamizzazione” di una nazione, fondata nel 1947 sui principi della laicità, della parità dei diritti e della libertà religiosa. Oggi la comunità cristiana – circa il 2% della popolazione, concentrata in maggioranza nella provincia del Punjab – è vista come una minaccia per tre ragioni di fondo: il cristianesimo è considerato una religione “occidentale”; i membri della minoranza religiosa sono giudicati liberali ed esponenti di una classe media – soprattutto i protestanti – istruita, associata alla leadership coloniale del passato; quanto viene fatto da o contro i cristiani viene “ingigantito” o sovrastimato.
La “legge nera” negli ultimi 20 anni ha causato attacchi contro intere comunità, come avvenuto a Shantinagar e nel Multan (1997), oppure nel passato recente a Gojra (2009), con morti e decine di case incendiate. I cristiani pakistani e la società civile piangono anche tre personalità di primo piano, considerate alla stregua di “martiri”: il vescovo cattolico John Joseph, suicidatosi nel 1998 per protesta contro la condanna a morte di due cristiani; il governatore del Punjab Salman Taseer, un musulmano assassinato da una guardia del corpo il 4 gennaio di quest’anno; il ministro per le Minoranze religiose, il cattolico Shahbaz Bhatti, massacrato da un commando armato il 2 marzo scorso. Gli ulimi due avevano chiesto la cancellazione della norma e la liberazione di Asia Bibi, 45enne cristiana e madre di cinque figli, condannata a morte in base alla legge nera.
| Tweet |
Nicolò Renna, chitarrista palermitano, sbanca il web con il suo singolo Breathing. Lo abbiamo incontrato a Palermo. L'intervista di Paolo A.Magrì
Domenico Fioravanti, la Leggenda di Sydney 2000. Una vita da rincorrere a bracciate.Il ranista, prima medaglia d’oro azzurra alle Olimpiadi di Sydney 2000, intervistato da Emanuela Biancardi.
"L'intelligenza umana è la nostra principale risorsa". Parla Ermete Realacci, tra attivismo e sfide economiche
mons. Luigi Negri, Arcivescovo di Ferrara, intervistato per LPL News 24 da Patrizio Ricci su politica europea ed immigrazione.
Max Cavallari della coppia 'I Fichi d'India', intervistato per LPL News 24 da Emanuela Biancardi.
Laura Efrikian, Attrice, scrittrice, promotrice di 'Laura For Afrika', intervistata per LPL News 24 da Emanuela Biancardi.
Patty Pravo festeggia cinquant’anni di successi intramotabili nel mondo della musica, tirando fuori ancora una volta pezzi da ‘90. Intervista di S. Santullo
Sergio Caputo celebra i trent’anni di “ Un Sabato Italiano”, con un nuovo omonimo album. Intervista a Sergio Caputo, di Simona Santullo
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.