martedì, settembre 27, 2011
Continua il nostro appuntamento con le fiabe per bambini di Silvio Foini

Nel mitico bosco di Prato Nero, sito nella regione delle fiabe più belle, tanto tempo fa un boscaiolo piantò due piccoli alberelli a poca distanza l’uno dall’altro. Due castagni. “Potranno così i miei figlioli, negli autunni a venire, raccogliere i loro bei frutti e avere dell’ottimo cibo negli inverni che seguiranno - pensava intanto che rincalzava con la terra le loro radici - Mi raccomando alberi, datevi da fare e attecchite per bene: che le vostre piccole radici si facciano grosse e affondino bene in questa terra”.
Da quel giorno trascorse molto tempo. Gli alberelli crescevano e ad ogni primavera si facevano sempre più alti e ricchi di foglie. Da qualche tempo poi avevano scoperto di poter parlare fra di loro. Il primo dei due, quello un poco più basso, fu il primo a parlare: “Ciao vicino. Io sono l’albero Grigina e sono una ragazza, una femmina. Non so se sai cosa vuol dire. E tu?”. “Oh beh, io sono l’albero Tronchino e sono un ragazzo. Piacere. Vedo che siamo della stessa famiglia, ci somigliamo molto. Le mie foglie sono eguali alle tue ma un po’ più larghe... e sono più alto”. “Bella forza: sei stato piantato per primo! Ho visto il boscaiolo scavare per prima la tua buca e poi sei un maschio. Di solito i maschi sono più alti delle femmine”, ribatté il castagno Grigina con una certa sufficienza. Quindi aggiunse con una smorfia ironica che le si disegnò sulla corteccia: “Ma io sono più bella!”. “Sì, va bene. Ma non staremo mica a litigare sul nostro stato, vero? Noi siamo alberi entrambi e non conosco storie di alberi che litigano fra loro. Parliamo di cose belle invece, tipo degli uccellini che vengono fra i nostri rami e ci fanno felici con i loro cinguettii e degli scoiattoli che camminano avanti e indietro cercando di trovare un buco nei nostri tronchi dove poter svernare al riparo dal gelo e dalla neve. Vuoi Grigina?”. Lei rispose entusiasta che quello sì che era un bell’argomento con cui passare il tempo a discutere.

Si accorse il mattino seguente di voler bene a quel suo vicino. Le sue foglie, mosse dalla brezza della notte, avevano cantato una dolce melodia che lei era stata ad ascoltare rapita dalla bellezza di quelle note. Quando lui all’alba si svegliò lei lo salutò con gioia: “Ciao amico Tronchetto. Hai dormito bene?”. “Certamente Grigina. Sognavo di cantare una bella canzone e stavo a guardarti mentre mi ascoltavi... Era bello sai?”. Lei finse che un refolo di vento le muovesse le foglie più alte e guardò da un’altra parte udendo quelle parole: stava provando una sorta di imbarazzo. Un piacevole strano imbarazzo. “Mi piacerebbe accarezzare le tue foglie sai? Ma sei troppo lontano” disse. “Lo stesso vale per me ma anche tu sei troppo lontana. Sai che faremo? Ho un’idea, ascolta. Quando tornerà ancora primavera diremo ai nostri rami di allungarsi gli uni verso gli altri così potremo darci la mano. Come fanno gli uomini. La settimana scorsa si sono fermati accanto a noi due ragazzi e si tenevano per mano. Li hai veduti anche tu?”. “Sì, li ho visti. Quanta tenerezza nei loro occhi! Che bello che è stato, Tronchetto”. “Bene, allora è deciso: dall’anno venturo anche noi due ci terremo sempre per mano... scusa, per ramo volevo dire!”. Grigina sorrise felice a quella promessa. Ormai sapeva di voler bene a quell’albero accanto a lei.

Venne ancora l’inverno, nevicò abbondantemente e i due alberi notarono come e quanto gli animali del bosco soffrissero quella morta stagione e decisero quindi, di comune accordo, di porvi rimedio. A primavera spinsero i rispettivi rami gli uni verso gli altri sì che formarono un fittissimo intreccio fino a dar vita ad una grande pensilina che poi si infittì di foglie in grado di ombreggiare perfettamente il terreno sottostante. In autunno lasciarono cadere una grande quantità di castagne che i nipoti del boscaiolo raccolsero felici e riposero per l’inverno. Tornò la neve e si fermò sul fitto intreccio dei rami lasciando asciutto il terreno sottostante. I piccoli animali del bosco ebbero finalmente un tetto sotto cui ripararsi e costruire con le foglie secche dei due alberi delle calde tane in cui svernare. Tutto era stato possibile grazie all’amore di due esseri che secondo me, cari bambini, assomigliano tanto alle vostre mamme e ai vostri papà che hanno costruito per voi il grande riparo della famiglia affinché nessun’inverno vi abbia mai a fare soffrire.

È presente 1 commento

Anonimo ha detto...

Molto carina e delicata.

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