mercoledì, agosto 10, 2011
Il capocosca è stato trovato in un bunker mentre bruciava "pizzini"

Liberainformazione - Era latitante dall' aprile del 2010 quando riuscì a scappare agli arresti dell'operazione 'All Inside'. Per Francesco Pesce, 32 anni, reggente dell'omonima cosca a Rosarno, la latitanza è finita ieri sera. Le forze dell'ordine, che da tempo avevano stretto il cerchio intorno al giovane boss latitante, l'hanno trovato in un buker ricavato all'interno di un capannone di una grande azienda agricola di Rosarno. E' stato sorpreso mentre bruciava pizzini ed altro materiale ritenuto molto interessante. A dare la notizia dell'arresto che infligge un duro colpo alla potente 'ndrina di Rosarno, il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, durante l'iniziativa in ricordo del ventennale della morte del giudice, Antonino Scopelliti.

Al maxi blitz hanno preso parte gli uomini del Ros, dei Cacciatori elitrasportati e del Comando provinciale. L'uomo, accusato di molti delitti, aveva ereditato le redini della cosca diversi anni fa dal padre, Antonio Pesce, detto 'Testuni', il quale a sua volta le aveva avute da don Peppino Pesce. Generazione dopo generazione il potere della cosca veniva tramandato e gestito, anche in latitanza. Le forze dell'ordine erano alla caccia del superlatitante della Piana di Gioia Tauro, da un anno, quando era sfuggito alla cattura forse a causa di una "soffiata". Un primo colpo, infatti, era stato inferto con l'operazione "All Inside" nell'aprile del 2008. In quella occasione venne arrestata, fra gli altri, Giuseppina Pesce, figlia del boss Salvatore e nipote del capo della cosca, Antonio Pesce. La sua scelta di collaborare con la giustizia, portò i primi risultati poco tempo dopo nell'operazione "All inside 2" con la quale le forze dell'ordine riuscirono ad arrestare altri importanti compontenti della cosca, 14 affiliati e altri dieci appartenenti al gruppo criminale dei Pesce. La collaborazione di Giuseppina, che sino al suo arresto aveva avuto un ruolo centrale nelle strategie e negli affari dei clan, è stata determinante in questi mesi. Un fatto con pochi precedenti nella 'ndrangheta.

La cosca ben radicata a Rosarno poteva contare in questi anni su un numero di componenti e affiliati molto alto pari alla potenza economica dentro la 'ndrangheta. Come scrive la relazione della Direzione investigativa antimafia (primo semestre 2010): «Le indagini hanno palesato le speciali capacità pervasive del sodalizio, in grado di interferire (...) sia nelle principali e più remunerative attività economiche sviluppatesi nel rosarnese, che nell'ambito di qualificati contesti relazionali attraverso la paziente tessitura di un reticolo di rapporti, costituenti il “capitale imprenditoriale e sociale della cosca». Un potere ampiamente sfruttato anche al di fuori di Rosarno. Come a Milano e in Lombradia. La loro forza al Nord è testimoniata dalle intercettazioni dell'operazione "Crimine" nella quale durante i colloqui fatti per decidere se cedere o meno alle spinte autonomiste interne all'organizzazione, si faceva riferimento a circa 500 affiliati (“la società di Rosarno tra 'ndrine e noi superiamo i 250 uomini, SARO Napoli ha oltre 60 uomini, Peppe oltre 40, Iaropoli 30, Cannatà 35, a Rosarno centro ci sono 100 persone”)

"Ciccio testuni"arrestato ieri sera, dunque, è indicato come un personaggio capace di coordinare con fermezza le attività della cosca. Con una particolare attenzione al consenso. Le inchieste della Dda, infatti, hanno evidenziato come la cosca avesse messo le mani sulla squadra di calcio della Rosarnese e del Sapri. Con un doppio risultato economico e di immagine. Gli affari e la forza della cosca continuavano a rimanere costanti, nonostanti provvedimenti giudiziari e arresti. La 'ndrina era presente nelle attività del Porto di Gioia Tauro e gestiva in maniera diretta o indiretta le attività economiche di Rosarno. Con l'operazione "All Clean" di qualche mese fa, la Guardia di Finanza aveva eseguito 145 accertamenti economico - patrimoniali ad aziende riconducibili ad vecchio boss Antonino Pesce e a suo figlio Ciccio.

L'opinione pubblica nazionale ha conosciuto i Pesce, attraverso Rosarno. E Rosarno nei giorni della rivolta dei lavoratori stagionali e della "caccia al negro", come l'avevano i Tg. Rosarno è un paese che ha sempre vissuto sotto la cappa soffocante della 'ndrangheta, con forti rischi anche di inquinamento della politica. L'amministrazione comunale è stata sciolta per mafia nel 1992 e nel 2008. Più volte la deputata Angela Napoli, Fli e Commissione antimafia nazionale, ha chiesto al Governo di porre particolare attenzione a questo territorio e alla Piana di Gioia Tauro. Solo nel dicembre scorso sono state indette nuove elezioni a Rosarno e a vincerle è stata Elisabetta Tripodi, del Partito democratico. Questo ulteriore colpo al clan cambia l'assetto della cosca. Nei prossimi mesi, anche grazie ai collaboratori di guistizia, si potrebbero scoprire nuovi elementi e rintracciare capitali illeciti investiti nel resto del Paese. E non solo.
Norma Ferrara

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