sabato, giugno 18, 2011
In esclusiva per La Perfetta Letizia, le fiabe di Silvio Foini

Albertino era atteso ormai a giorni. Tutti i preparativi per l’ingresso in clinica della futura mamma espletati. La valigia pronta all’ingresso della casa che sorgeva sulla collina immersa nella quieta pineta circostante. C’era nell’aria quella tipica eccitazione che aleggia palpabile nell’attesa dell’evento, di un qualcosa di molto importante. Infatti doveva incominciare una nuova vita. Le grida gioiose del bimbo avrebbero allietato quei luoghi unendosi al cinguettio dei passeri che a frotte popolavano la pineta e per i due genitori, giovanissimi, sarebbe stata perfetta letizia. Cinzia, che stava per diventare mamma, aveva ventiquattro anni e Sandro ventisette. Si erano sposati da due anni, avevano preparato con cura il loro nido e ora erano pronti ad accogliere quella nuova vita. Quella mattina d’estate Cinzia ebbe i segni che la gravidanza fosse giunta al termine naturale e Sandro, senza por tempo in mezzo, la condusse alla clinica. Poche ore più tardi, il parto si era svolto benissimo e senza problemi, la neo-mamma sorrideva felice al marito stringendo al petto quella creaturina dalla voce tanto potente da far esclamare all’ostetrica “Questo ti diventa un tenore!”.

Immaginate la gioia dei nonni che avevano atteso con ansia quella nascita. Giunsero tutti e quattro alla clinica e baciarono lievemente il neonato. Non vedi che assomiglia a me? - Guarda che splendidi occhi azzurri... – Quanto è simpatico, mi ha guardato e anche sorriso. Fecero ritorno alle proprie case ripromettendosi di ritrovarsi ancora lì il giorno seguente.

Una settimana più tardi Cinzia e Sandro tornarono a casa con il piccolo Alberto, che deposero con amorevole cura nel lettino della cameretta preparatagli da tempo. La vita della famigliola proseguì adeguandosi alle necessità del nuovo venuto, che da parte sua faceva di tutto per attrarre l’attenzione dei genitori. Cresceva sano e forte, pareva voler bruciare le tappe quel cucciolo d’uomo tanto carino e socievole.

Poi, un giorno di primavera, accadde qualcosa che mutò quello scenario idilliaco. Cinzia lo portò dal dottore per la somministrazione del vaccino. Cosa questa quasi mai fonte di pericolo per i bimbi. Alberto il giorno appresso però fu preda di violenta febbre che lo scuoteva come una foglia. Sulle sue paffute manine spuntarono strani puntini rossi che il medico, prontamente accorso, diagnosticò quali punture di zanzare. Gli venne somministrato un antifebbrile per evitare, aveva detto il dottore, le convulsioni.

La febbre pian piano scemò, passarono altri giorni ma Albertino non era più quel vivacissimo bambino che era stato. Non rispondeva più ai preoccupatissimi genitori con i suoi radiosi sorrisi né con le prime paroline che aveva cominciato a pronunciare. Lentamente la luce che era solita brillare nei suoi splendidi occhi si spense. Ora Albertino guardava fissamente nel vuoto dondolandosi ritmicamente sul tronco e, come se una invalicabile gabbia lo isolasse dal mondo esterno, non ne avvertiva più gli stimoli. A nulla valsero gli sforzi amorevoli dei genitori e dei nonni disperati. Albertino non era più con loro. Uno specialista in neuropsichiatria infantile, dopo un’attenta visita, pronunciò come diagnosi una parola che nessuno aveva mai sentito: “autismo ”. Riuscita delle eventuali cure quasi nulla, seppur una minima speranza la si dovesse sempre nutrire.

Trascorsero gli anni e Albertino crebbe e diventò un uomo. La grave malattia non offuscò la sua bellezza né scemò mai l’affetto che provava verso i genitori sempre costantemente accanto a lui. Una sera di altri anni più tardi Sandro non fece rientro a casa. Un incidente sul lavoro se lo era portato via. Cinzia fu colta da una gravissima forma di depressione e fu solo per amore del figlio, che doveva assolutamente accudire, che non impazzi. Seguitò a vivere per quel giovane che era tutto per lei, anche se le costava sacrifici indicibili e privazioni d’ogni sorta. Lavava e rilavava quell’unico gioco che Albertino stringeva sempre al petto sin da quand’era bambino: un orso di pezza consunto e sbiadito dal tempo ma che con quegli occhietti vispi di madreperla pareva sempre fissarla trasmettendole una strana forza. “Forse è quella dell’amore che prova verso di lui il mio bambino", si diceva lei riassettando il vestitino del pupazzo.

Una delle ultime volte in cui l’aveva lavato e rassettato, l’orso di pezza le aveva parlato. Lei aveva creduto di averlo sentito sussurrare: “Cinzia rallegrati. Il Signore ti ha fatto un meraviglioso regalo. Un regalo preziosissimo che concede solo a chi ne è degno. Ti ha regalato uno dei suoi angeli prediletti”. Lei aveva pianto: “A cosa conduce un grande dolore! – si era detta asciugandosi le lacrime – Ora la mia mente vacilla davvero. Devo farmi forza. Mio Signore, dammi la forza che mi occorre. Fallo per lui, non per me!”.

Trascorsero ancora altri anni ma Cinzia non vacillò mai nell’amore verso quel figlio tanto amato. Poi venne un giorno in cui, stremata dopo aver accudito Albertino e messolo nel suo letto, si accasciò sul pavimento della cucina della grande casa sulla collina. I suoi occhi che stavano per chiudersi per sempre videro un intenso bagliore illuminare la stanza. Era molto più forte della luce del sole. In questa luce vide un Angelo dalle grandi ali spiegate con sul volto un sorriso che le si stava avvicinano. Le tese la mano e l’aiutò ad alzarsi da quel pavimento freddo. Lei lo vide bene in volto. “Albertino mio, angelo caro!”, gridò mentre la voce le si spezzava in gola. “Sì, mamma, sono io. Vieni con me. Le nostre pene sono finte e ora andremo nella Sua gloria eterna”. Il tetto della grande casa sulla collina dei pini parve dissolversi: un cielo di velluto trapunto da miriadi di stelle accolse l’angelo dalle grandi ali e la sua mamma che stringeva fra le mani un orso di pezza. Alcuni giorni dopo, alcuni parenti, preoccupati di non vedere più Cinzia spingere la carrozzella di Albertino verso il centro del paese per acquistare il cibo, si recarono alla casa e trovarono Albertino e la sua mamma abbracciati. La morte non aveva potuto cancellare dai loro volti il sorriso.

Sono presenti 0 commenti

Inserisci un commento

Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.



___________________________________________________________________________________________
Testata giornalistica iscritta al n. 5/11 del Registro della Stampa del Tribunale di Pisa
Proprietario ed Editore: Fabio Gioffrè
Sede della Direzione: via Socci 15, Pisa