lunedì, giugno 06, 2011
della nostra Federica Scorpo

In un periodo carico di rivoluzioni e proteste, il concetto stesso di ribellione e indignazione andrebbe approfondito per non perseguire una rivolta cieca ma consapevole e attiva e soprattutto non violenta. Lo spiega Don Andrea Gallo nella prefazione del libro “Ribelliamoci: l’alternativa va costruita” di Luciana Castellina, giornalista, scrittrice e deputata europea dal 1979 al 1999. Un’ottantina di pagine d’indignazione, anzi di riflessione sull’indignazione stessa. Nella prefazione Don Gallo chiarisce prima di ogni cosa il suo pensiero “anarchico”, nel senso profondo che la sua vocazione chiede e nello scegliere prima di ogni cosa la cultura della non violenza, dell’antifascismo e della pietas, pietà. Ricorda che la prima forma d’indignazione vera si ebbe il primo gennaio del ‘48, quando dopo la Resistenza fu promulgata la Costituzione italiana e lo stesso anno la Dichiarazione Universale dei diritti umani: garanzie dell’uomo e per l’uomo, dopo 55 milioni di persone uccise dal nazismo e dal fascismo.

Anche la Chiesa, dopo il Concilio Vaticano II, aveva riconosciuto alcuni diritti universali e inviolabili: il diritto alla vita, al lavoro, alla salute, allo studio, all’istruzione e soprattutto alla non sofferenza. Diritti e valori indiscutibili che tuttavia oggi più che mai non sono rispettati. Sempre nello stesso Concilio si fa strada il concetto di “coscienza personale”: ma cosa significa ? Lo chiarisce proprio Don Gallo: “ Significa avere una molla dentro di sé che faccia scattare l’indignazione. Deve scattare. La coscienza personale non è subordinata a nessuno. A nessuno”. Prendere coscienza significa prima di tutto partire da sé, mettersi in discussione quotidianamente e cercare la verità insieme con gli altri: l’indignazione è il primo passo, il motore che fa dire “basta”.

Bisogna però dialogare e confrontarsi guardandosi dritto negli occhi affinchè non sia un’indignazione cieca ma un modo per dar vita al cambiamento partendo da sé stessi. Semplicistico è attribuire la responsabilità al di fuori di noi o al destino, ma “democrazia è partecipazione”, come dice Don Gallo citando le parole di Antonio Gramsci, “per gli indifferenti non c’è storia”. Racconta di aver chiesto a un cardinale di inserire, tra i sette peccati capitali, un ottavo: l’indifferenza.

L’indignazione, prendendo in prestito sempre le sue parole, significa uscire dalla routine, sporcarsi le mani, significa attivazione e partecipazione per la propria e l’altrui felicità. Indignazione e ribellione sono sinonimi di cambiamento personale interiore che sfocia in un’azione non violenta ma atta a dire “basta all’oppressione” di cui si è vittime sì, ma consapevoli…

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