venerdì, giugno 17, 2011
In esclusiva per La Perfetta Letizia, le fiabe di Silvio Foini

In un prato verdeggiante e pieno di fiori selvatici c’erano una volta alcune famiglie di talpe che vivevano indisturbate e felici. Pericoli che le minacciassero non ve ne erano e il cibo non mancava mai. In quelle lande non si erano mai visti predatori alati che roteando in alto nel cielo potevano piombare sulla piccola comunità per uccidere qualcuna di loro e farne il loro pranzo. Due di loro, due cugine, Nerina e Celestina, erano le figlie dei due maggiorenti della comunità ed erano spesso insieme. Si può dire che andassero d’amore e d’accordo nonostante avessero caratteri molto diversi: dolce e gentile la talpa Celestina, arrogante e supponente la talpa Nerina. La prima sopportava la cugina e trovava sempre delle scusanti per giustificarla: lei era di un anno minore e tutti sanno che un anno per una talpa equivale ad una decina dei nostri. Diciamo che Celestina poteva avere venticinque anni e Nerina diciannove.
Nessuna della due aveva ancor preso marito ed entrambe abitavano con i genitori e, a dire il vero, pur essendo molto corteggiate ma non si erano mai decise a metter su una tana propria e allevare dei piccoli.
Notoriamente le talpe non godono di una vista eccezionale ma sopperiscono a questo deficit con il naso che è sensibilissimo. Celestina invece era stata privilegiata e ci vedeva molto più di tutti gli altri membri della comunità talpesca. Era stato giusto grazie a quella sua facoltà che, in varie occasioni, tutti si erano messi in salvo abbandonando le tane per tempo prima che si scatenasse qualche violento temporale e sommergesse l’intero prato annegando quanti si trovavano nel sottosuolo. Le tane infatti non offrivano una grande sicurezza dalle inondazioni. Celestina la saggia aveva parlato col padre e con lo zio della necessità di trovare una soluzione a quel grave problema. Consigliò che si scavassero delle gallerie che potessero condurre ogni tana fin sotto il pino che sorgeva a nemmeno cento metri dal prato su di una collinetta. Lì c’era una piccola e graziosa radura erbosa riparata da grandi sassi che affioravano dal terreno. “Perché non costruiamo una bella tana asciutta e grande da accoglierci tutti in caso di forti piogge?”, aveva proposto strizzando gli occhietti furbi.

I due fratelli che, come abbiamo visto, erano i maggiorenti della comunità approvarono entrambi e sottoposero l’ingegnoso progetto agli altri membri. Tutti o quasi si dichiararono d’accordo ad eccezione proprio della talpa Nerina che disse: “Figuriamoci se io posso mettermi a scavare per metri sotto terra. Che ne sarebbe del mio bellissimo mantello grigio? Io sono una principessa! Scavi chi vuole farlo.”
Celestina le rivolse un cenno di disapprovazione scuotendo la testolina col musetto baffuto e Nerina per contro le rivolse una smorfia.
A maggioranza si decise di seguire il saggio consiglio di Celestina e il giorno dopo si cominciarono i lavori e ogni famigliola s’ingegnò a scavare seguendo la via sotterranea verso il pino della radura sopraelevata di qualche metro dal piano del prato. Nerina invece se ne rimase nella propria tana senza collaborare con mamma talpa e papà allo scavo che avrebbe garantito la salvezza. Una settimana più tardi la grande tana del pino era stata realizzata. Avrebbe dovuto scendere il diluvio universale per sommergerla! Consisteva in un grande spazio a mezzo metro sotto la radura e le radici del pino offrivano anche un bel posto dove dormire. Sul perimetro della sua circonferenza si aprivano almeno una cinquantina di buchi rotondi: la fine delle gallerie che da ogni tana conducevano alla salvezza.
Mentre tutti si trovavano all’interno della grande tana il re delle formiche chiese udienza al popolo delle talpe. Erano sempre corsi ottimi rapporti tra le talpe e le formiche del prato da quando era stata siglata la pace e le prime avevano assicurato che non avrebbero mai più mangiato le seconde.
Orbene il re in questione, informato di quanto avevano realizzato le talpe, espresse la richiesta di poter usufruire assieme al suo popolo di quel rifugio sicuro. Le inondazioni erano un vero flagello per tutti gli animaletti che avevano le proprie casette sotto terra!
I due maggiorenti delle talpe interrogarono i presenti al riguardo del concedere o meno il riparo anche alle formiche. Tutti si dissero ben disposti: le formiche erano tanto piccine che non avrebbero certo sottratto spazio vitale a loro talpe. Nerina invece si dichiarò contraria all’accoglienza. “Loro non appartengono al nostro popolo. Sono diverse e poi sono nere. Potrebbero essere anche molto pericolose. Poi cosa gli daremo da mangiare? Io non le voglio qui dentro.”
Un coro di fischi e schiamazzi si levò dal popolo delle talpe e Nerina offesa a morte si infilò nel buco d’accesso che conduceva alla sua tana sotto il prato e non si fece vedere in giro per giorni. Nemmeno i suoi genitori riuscirono a convincerla che non era sbagliato concedere accoglienza a chi la domandava. Avrebbe desiderato forse che le piccole formiche nere, solo perché avevano avuto la sfortuna di non nascere talpe, dovessero soccombere? Lei rispose solamente: “Non m’importa nulla di quelle brutte formiche. Io la penso così e nessuno mi farà mutar pensiero. Non ne voglio più parlare. Va bene?”
Venne l’inverno. Cadde copiosa la neve e ricoprì il prato. Scese il gelo e soffiò il vento del nord per settimane. Nella grande tana sotto il pino della radura tutti dormivano il loro meritato letargo e regnava il silenzio. Poi i mesi passarono e qualcuno nella grande tana si risvegliò, si stiracchiò e gettò uno sguardo attorno a sé. Tutti erano sani e salvi e dormivano ancora alla grossa. Il papà di Nerina sporse il musetto aguzzo per annusare la tiepida aria della primavera imminente ma non riuscì a percepire nulla. Una spessa coltre di terra ghiacciata impediva assolutamente qualsiasi uscita. Le volte delle gallerie che conducevano alle tane erano crollate e la terra era diventata cemento. Si accorse con terrore che tutti loro, talpe e formiche, erano rimasti imprigionati in quella morsa. Fra poco tutti gli abitanti della grande tana si sarebbero risvegliati e avrebbero avuto fame! Cercò affannosamente di scavare con le sue zampine dotate di potenti unghioni ma riuscì solo a graffiare quella corazza durissima. Avrebbero dovuto trascorrere giorni se non addirittura settimane prima che quel terreno potesse diventare un pochino più morbido.
Come aveva previsto, poco dopo tutti si risvegliarono e appresero con un grande spavento di essere imprigionati. “Ora che facciamo? – s’andavano domandando l’un l’altro – Come usciremo da qui?”
Nerina si disperava: “Io non voglio morire qui dentro! Qualcuno mi faccia uscire per misericordia!”
Il re delle formiche la guardava scuotendo le antenne che aveva sul capo. Era stata tanto maleducata e prepotente quella giovane talpa: avrebbe meritato una bella lezione ma anche il suo popolo di formiche doveva raggiungere l’esterno. C’era anche la possibilità che qualche talpa affamata rompesse il patto di pace fra i due popoli e si mangiasse qualcuna di loro. Non poteva correre quel rischio.
Si consultò quindi con i due maggiorenti del popolo delle talpe. “Noi siamo piccine ma siamo anche terribili e riusciamo ad infilarci in piccolissimi spazi. Se qualcuna di noi raggiunge la superficie il gioco è fatto. Che facciamo amici, ci proviamo tutti assieme? Non credo resti altro da fare… o moriremo di fame.”
Le due talpe convennero che quella fosse l’unica soluzione. Tutti furono felici e si misero al lavoro. Stavolta anche Nerina, insieme alla sua cuginetta Celestina, lavorarono e graffiarono le pareti della prigione quel tanto che permise a una piccola formica nera, non appartenete certo al popolo delle talpe, di aprire faticosamente un varco verso l’uscita. Il resto fu facile: tutti riguadagnarono la luce e il tepore del sole. Mentre fra i fili della nuova erba del prato Celestina e Nerina raggiungevano le proprie case, la prima si rivolse alla seconda: “Come hai potuto vedere, quelle brutte e nere formicacce che tanto odiavi ti hanno permesso di uscire da là sotto e salvarti il tuo pregiato mantello. Ricordatelo per la prossima volta. Non negare mai accoglienza a chi te la implora. Al mondo siamo tutti quanti eguali. Di privilegiati non c’è nessuno e siamo qui solo perché Qualcuno ha voluto che ci fossimo. Capita la lezione, cara cugina?”
Nerina abbassò la testolina e annuì. Sì, anche le formiche, seppur piccole e diverse da lei, meno fortunate e meno belle avevano lo stesso suo diritto di vivere ed essere rispettate, come ogni altra creatura.

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