“Grazie a te” è il libro di Loredana Limone, edito da Ennepilibri, vincitore della seconda edizione del premio nazionale di letteratura per ragazzi “Nel ricordo di Edomondo De Amicis”, indetto dalla casa editrice stessa per ricordare l’illustre scrittore e giornalista e per incentivare i giovani alla lettura.
della nostra Monica Cardarelli
“Mi ci lasci pensare. Mi lasci parlare a casa. Le farò sapere…” – “Domani, signora, mi deve far sapere domani.” Questo breve dialogo tra Elena, la mamma di Giulio, e un volontario (nonché responsabile di bambini in affido) dell’oratorio presso cui Giulio trascorreva buona parte del suo tempo tra tornei di calcio ed altre attività, ci introducono subito nel cuore di questo libro: l’affidamento familiare. Infatti, non ci troviamo di fronte ad un tema da trattare o ad un problema da analizzare da un punto di vista sociale o politico: quando si parla di affido si parla di persone e di vite che si intrecciano per un periodo di tempo, lungo o breve dipende solo dalla percezione di chi lo vive e si mette in gioco, sempre e solo per il bene dell’altro.
Diversi sono i punti di vista e le remore, i timori e le paure che si innescano in una relazione umana come quella dell’affidamento. Per un genitore è difficile accogliere un bambino o un ragazzo offrendo loro amore e attenzioni, condividendo il tempo e i luoghi e soprattutto dando loro la formazione di cui hanno bisogno, con i limiti e i divieti che l’educazione necessita, e ciò senza mai doverlo considerare un figlio proprio. Se per un adulto poi questo percorso è estremamente delicato e necessita di tempo, viene da pensare all’enorme difficoltà che può provare un bambino che deve adattarsi nell’arco di poche ore a lasciare la propria vita ed essere accolto da chi nemmeno lui conosce. Quanta diffidenza, quanta paura prende forma! Le stesse difficoltà e reticenze si ritrovano nei figli naturali che, seppure contenti della scelta dei genitori di accogliere un altro bambino in affido temporaneo, vivono un delicato momento di assestamento e scombussolamento generale.
Questa è la storia narrata nel libro “Grazie a te” da Loredana Limone. Una storia semplice, comune, dai risvolti forse prevedibili ma che nasconde un’umanità a volte fragile, di cui abbiamo un gran bisogno. Ne ha bisogno Elena che, a causa di una brutta caduta, ha perso il bambino che aspettava e si troverà così, insieme con il marito Massimo, a fare i conti con un nuovo equilibrio della coppia da ristabilire; ne ha bisogno Giulio, il figlio di 7 anni che tra i silenzi e gli imbarazzi, tra i giochi con gli amici e la delusione per la perdita prematura del fratellino, a poco a poco e con grande difficoltà cresce e trova un nuovo amico; ne ha bisogno Marcelino, il bambino brasiliano di sei anni accolto in affidamento in attesa che la situazione nella sua famiglia si stabilizzi e torni alla normalità. “I tuoi amici saranno i vostri amici. Di tutti e due. È molto semplice, Giulio”, spiega la mamma al figlio dopo che quest’ultimo si è arrabbiato con Marcelino, il nuovo arrivato, per una semplice storia di gelosia.
Certo, ‘è molto semplice’ dice Elena, ma sappiamo tutti che così non è. Non è semplice e scontato nemmeno per un figlio naturale accettare l’arrivo di un fratello o di una sorella, come si può pensare che sia semplice accettare l’arrivo di un ‘estraneo’ che ti toglie parte degli affetti e degli amici che fino ad allora erano solo tuoi? La storia raccontata da Loredana Limone tiene conto anche di questo: delle paure, delle gelosie, delle difficoltà. Può sembrare forse una bella favola a lieto fine, ma non è così: certo, il finale è bello e positivo per tutti (sia per Giulio e la sua famiglia che per Marcelino e la sua famiglia di origine) ma tra la righe di questo breve racconto si percepiscono chiaramente i dubbi e le domande, le paure e le gelosie che sorgono spontanee. Solo l’accoglienza vera e il dialogo, l’accettazione dell’altro per quello che è senza il possesso né la voglia di cambiarlo e uniformarlo al proprio stile di vita, riusciranno a superarle.
Certo è che per l’accoglienza dell’altro e della sua vita non c’è tempo da perdere. Non c’è il tempo per pensare, non c’è il tempo per parlarne tutti insieme, non c’è tempo… perché la vita del bambino accolto in affidamento non aspetta, va avanti e con essa le sofferenze, le paure e le disillusioni che porta con sé. “Domani, signora, mi deve far sapere domani. È un caso molto urgente.”
della nostra Monica Cardarelli“Mi ci lasci pensare. Mi lasci parlare a casa. Le farò sapere…” – “Domani, signora, mi deve far sapere domani.” Questo breve dialogo tra Elena, la mamma di Giulio, e un volontario (nonché responsabile di bambini in affido) dell’oratorio presso cui Giulio trascorreva buona parte del suo tempo tra tornei di calcio ed altre attività, ci introducono subito nel cuore di questo libro: l’affidamento familiare. Infatti, non ci troviamo di fronte ad un tema da trattare o ad un problema da analizzare da un punto di vista sociale o politico: quando si parla di affido si parla di persone e di vite che si intrecciano per un periodo di tempo, lungo o breve dipende solo dalla percezione di chi lo vive e si mette in gioco, sempre e solo per il bene dell’altro.
Diversi sono i punti di vista e le remore, i timori e le paure che si innescano in una relazione umana come quella dell’affidamento. Per un genitore è difficile accogliere un bambino o un ragazzo offrendo loro amore e attenzioni, condividendo il tempo e i luoghi e soprattutto dando loro la formazione di cui hanno bisogno, con i limiti e i divieti che l’educazione necessita, e ciò senza mai doverlo considerare un figlio proprio. Se per un adulto poi questo percorso è estremamente delicato e necessita di tempo, viene da pensare all’enorme difficoltà che può provare un bambino che deve adattarsi nell’arco di poche ore a lasciare la propria vita ed essere accolto da chi nemmeno lui conosce. Quanta diffidenza, quanta paura prende forma! Le stesse difficoltà e reticenze si ritrovano nei figli naturali che, seppure contenti della scelta dei genitori di accogliere un altro bambino in affido temporaneo, vivono un delicato momento di assestamento e scombussolamento generale.
Questa è la storia narrata nel libro “Grazie a te” da Loredana Limone. Una storia semplice, comune, dai risvolti forse prevedibili ma che nasconde un’umanità a volte fragile, di cui abbiamo un gran bisogno. Ne ha bisogno Elena che, a causa di una brutta caduta, ha perso il bambino che aspettava e si troverà così, insieme con il marito Massimo, a fare i conti con un nuovo equilibrio della coppia da ristabilire; ne ha bisogno Giulio, il figlio di 7 anni che tra i silenzi e gli imbarazzi, tra i giochi con gli amici e la delusione per la perdita prematura del fratellino, a poco a poco e con grande difficoltà cresce e trova un nuovo amico; ne ha bisogno Marcelino, il bambino brasiliano di sei anni accolto in affidamento in attesa che la situazione nella sua famiglia si stabilizzi e torni alla normalità. “I tuoi amici saranno i vostri amici. Di tutti e due. È molto semplice, Giulio”, spiega la mamma al figlio dopo che quest’ultimo si è arrabbiato con Marcelino, il nuovo arrivato, per una semplice storia di gelosia.
Certo, ‘è molto semplice’ dice Elena, ma sappiamo tutti che così non è. Non è semplice e scontato nemmeno per un figlio naturale accettare l’arrivo di un fratello o di una sorella, come si può pensare che sia semplice accettare l’arrivo di un ‘estraneo’ che ti toglie parte degli affetti e degli amici che fino ad allora erano solo tuoi? La storia raccontata da Loredana Limone tiene conto anche di questo: delle paure, delle gelosie, delle difficoltà. Può sembrare forse una bella favola a lieto fine, ma non è così: certo, il finale è bello e positivo per tutti (sia per Giulio e la sua famiglia che per Marcelino e la sua famiglia di origine) ma tra la righe di questo breve racconto si percepiscono chiaramente i dubbi e le domande, le paure e le gelosie che sorgono spontanee. Solo l’accoglienza vera e il dialogo, l’accettazione dell’altro per quello che è senza il possesso né la voglia di cambiarlo e uniformarlo al proprio stile di vita, riusciranno a superarle.
Certo è che per l’accoglienza dell’altro e della sua vita non c’è tempo da perdere. Non c’è il tempo per pensare, non c’è il tempo per parlarne tutti insieme, non c’è tempo… perché la vita del bambino accolto in affidamento non aspetta, va avanti e con essa le sofferenze, le paure e le disillusioni che porta con sé. “Domani, signora, mi deve far sapere domani. È un caso molto urgente.”
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