Ieri Francesco Pizzetti, Garante della Privacy, ha presentato al Parlamento la sesta relazione annuale sul tema della riservatezza e della privacy
di Federica Scorpo
Il garante lancia l’allarme sulla “pornografia del dolore” e sulle nuove tecnologie: “Ciascuno diventa allo stesso tempo il potenziale controllore e la possibile controllata, la cacciatrice e la preda”. In un’epoca di sovraesposizione di se stessi, il rischio è molto alto soprattutto per i giovani. Uno “spazio di democrazia”, spesso strumento di lotta tra “libertà e repressione”, il web va tuttavia utilizzato con responsabilità profonda da parte di tutti: “I minori rischiano di essere vittime inconsapevoli di loro stessi perché chiamati a rispondere di fatti più grandi di loro, come nel caso in cui diano imprudentemente l’assenso a proposte di acquisto o cadano vittime di forme di adescamento, o mettano in rete dati, foto e filmati di se stessi e dei propri amici, senza considerare i pericoli attuali e futuri”, soprattutto perché sono quelli che utilizzano maggiormente le tecnologie, più degli adulti, spesso senza la conoscenza e la consapevolezza adeguata a proteggersi dai pericoli.
”Nuove forme di comunicazione legate all’uso degli smartphone e dei social network spingono specialmente i giovani a rivendicare il diritto a tutto sapere e tutto denunciare”. Oggi infatti “l’esposizione di sé e dei propri amici e conoscenti impera sui blog, sui social network, in ogni programma televisivo e in ogni intervista a persone coinvolte, a qualunque titolo, in fatti di cronaca, talvolta particolarmente terribili”. Viviamo dunque “nel mondo dell’autoesposizione e della trasparenza globale che sta diventando, senza che ce ne accorgiamo, quello del controllo globale”.
Quindi per il presidente “è essenziale interrogarsi se esista, e in che limite, il diritto a diffondere liberamente in rete non solo i comportamenti e i sentimenti propri ma anche quelli degli altri. Alla base sta l’idea che sulla rete il principio di responsabilità sia travolto dal prevalere sempre e comunque della libertà di comunicazione e diffusione del pensiero. Una idea che, nella sua radicalità, non può essere accolta”.
Il presidente Pizzetti tratta anche il tema della stampa e del web come strumento di “pornografia del dolore: “Alcuni studiosi -rispetto ad episodi quali quelli che anche in Italia si sono verificati, come per la tragedia di Avetrana o quella di Potenza o quella, recente, di Ascoli Piceno, o anche per casi di persone e minori scomparsi dei quali non si trova traccia- hanno parlato persino di ‘pornografia del dolore’". Secondo Pizzetti: “In alcuni casi abbiamo dovuto registrare forme di vero e proprio accanimento informativo, la punta dell’iceberg di un fenomeno che riguarda soprattutto alcune soprattutto alcune trasmissioni televisive e nuove forme di diffusione e informazioni e immagini sul web”.
Spesso il vero problema è che ”talvolta infatti la diffusione di informazioni di ogni tipo intorno a fatti di cronaca arriva a punte di cattivo gusto e di violazione della dignità delle persone che vanno oltre ogni forma deontologica e giuridica” e che rischiano di diventare “un accanimento che non bada né all’età, né al sesso, né alle condizioni delle vittime, e spesso neppure nell’interesse oggettivo delle vicende, ma piuttosto a solleticare la curiosità del pubblico, specie nell’ambito della cronaca rosa o scandalistica”.
Da strumenti di grande democrazia a strumenti che rischiano di minare la privacy e la riservatezza. All’attenzione di tutti quindi, anche di chi deve garantire tale responsabilità, la consapevolezza della loro potenza e le conoscenze utili per controllarla.
di Federica ScorpoIl garante lancia l’allarme sulla “pornografia del dolore” e sulle nuove tecnologie: “Ciascuno diventa allo stesso tempo il potenziale controllore e la possibile controllata, la cacciatrice e la preda”. In un’epoca di sovraesposizione di se stessi, il rischio è molto alto soprattutto per i giovani. Uno “spazio di democrazia”, spesso strumento di lotta tra “libertà e repressione”, il web va tuttavia utilizzato con responsabilità profonda da parte di tutti: “I minori rischiano di essere vittime inconsapevoli di loro stessi perché chiamati a rispondere di fatti più grandi di loro, come nel caso in cui diano imprudentemente l’assenso a proposte di acquisto o cadano vittime di forme di adescamento, o mettano in rete dati, foto e filmati di se stessi e dei propri amici, senza considerare i pericoli attuali e futuri”, soprattutto perché sono quelli che utilizzano maggiormente le tecnologie, più degli adulti, spesso senza la conoscenza e la consapevolezza adeguata a proteggersi dai pericoli.
”Nuove forme di comunicazione legate all’uso degli smartphone e dei social network spingono specialmente i giovani a rivendicare il diritto a tutto sapere e tutto denunciare”. Oggi infatti “l’esposizione di sé e dei propri amici e conoscenti impera sui blog, sui social network, in ogni programma televisivo e in ogni intervista a persone coinvolte, a qualunque titolo, in fatti di cronaca, talvolta particolarmente terribili”. Viviamo dunque “nel mondo dell’autoesposizione e della trasparenza globale che sta diventando, senza che ce ne accorgiamo, quello del controllo globale”.
Quindi per il presidente “è essenziale interrogarsi se esista, e in che limite, il diritto a diffondere liberamente in rete non solo i comportamenti e i sentimenti propri ma anche quelli degli altri. Alla base sta l’idea che sulla rete il principio di responsabilità sia travolto dal prevalere sempre e comunque della libertà di comunicazione e diffusione del pensiero. Una idea che, nella sua radicalità, non può essere accolta”.
Il presidente Pizzetti tratta anche il tema della stampa e del web come strumento di “pornografia del dolore: “Alcuni studiosi -rispetto ad episodi quali quelli che anche in Italia si sono verificati, come per la tragedia di Avetrana o quella di Potenza o quella, recente, di Ascoli Piceno, o anche per casi di persone e minori scomparsi dei quali non si trova traccia- hanno parlato persino di ‘pornografia del dolore’". Secondo Pizzetti: “In alcuni casi abbiamo dovuto registrare forme di vero e proprio accanimento informativo, la punta dell’iceberg di un fenomeno che riguarda soprattutto alcune soprattutto alcune trasmissioni televisive e nuove forme di diffusione e informazioni e immagini sul web”.
Spesso il vero problema è che ”talvolta infatti la diffusione di informazioni di ogni tipo intorno a fatti di cronaca arriva a punte di cattivo gusto e di violazione della dignità delle persone che vanno oltre ogni forma deontologica e giuridica” e che rischiano di diventare “un accanimento che non bada né all’età, né al sesso, né alle condizioni delle vittime, e spesso neppure nell’interesse oggettivo delle vicende, ma piuttosto a solleticare la curiosità del pubblico, specie nell’ambito della cronaca rosa o scandalistica”.
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