giovedì, aprile 28, 2011
Il nostro Renato Zilio ci parla dei significati dello storico incontro di preghiera multi-religioso di Assisi nel 1986 (nel box a destra tutti gli speciali di LPL su Giovanni Paolo II)

Assisi, 27 ottobre 1986. È una foto storica: un pontefice cattolico biancovestito, allineato in fila multicolore con i leader di altre religioni mondiali. Erano stati accolti da lui con parole semplici, rispettose, usando il “noi” come uno tra i tanti: “Veniamo da lontano non solo a motivo di distanze geografiche, ma soprattutto a causa delle nostre origini storiche e spirituali”. Ed era un’inedita, originalissima foto di famiglia: i ricercatori di Dio.“Pellegrini della verità e pellegrini della pace” come li definisce quest’anno, nel 25.mo anniversario, il tema proposto per l’incontro.

A ciò non si era assolutamente abituati. Si era stati educati da sempre ad un certo spirito di superiorità nei riguardi degli altri credo religiosi. Così, l’incontro di Assisi diede inizio a un cammino nuovo di scoperta dell’altro e del suo mondo religioso e di apprezzamento vicendevole. “Le nostre tradizioni sono molte e varie - sottolineava, allora, il papa – ma riflettono tutte il desiderio di uomini e di donne lungo il corso dei secoli di entrare in relazione con l’Essere Assoluto”.

Grande era la preoccupazione di scegliere il contesto giusto per questo incontro spirituale. Naturalmente, lo si voleva alternativo a Roma, luogo troppo centrale e simbolico per il cristianesimo. La città natale invece di san Francesco, conosciuto da tanti nel mondo come simbolo della pace, della riconciliazione e della fraternità, si rivelò scelta ideale. Così da poter definire comunemente “lo spirito di Assisi” questo nuovo sguardo di attenzione e di empatia per chi proviene da una tradizione religiosa diversa.

Presentarsi al mondo insieme ad altri leader religiosi era promuoverne la medesima dignità, pur senza confondersi, e rappresentava un’intuizione bella e grande, insieme un cammino di purificazione dello sguardo e del cuore. Fu una vera sorpresa del papato di Giovanni Paolo II. Allo stesso tempo, riprendeva una teologia antica, indicando ancora una volta l’anima sia tradizionale che moderna del pontefice. Era infatti la prima, originaria tradizione della Chiesa dei Padri che definiva come “semina Verbi” la misteriosa presenza di Cristo nelle altre religioni, in tutto quello che possono contenere “di vero e di santo”. Ciò veniva coraggiosamente sottolineato anche dall’ultimo Concilio nel documento “Nostra Aetate”.

In questo modo, si imparava a non irrigidirsi al senso troppo esclusivo dei confini della Chiesa – nel giudicare chi è dentro o chi è fuori - ma ad essere sensibili alla misteriosa presenza nel cuore degli uomini di Dio che tutto sorpassa. Come richiamava un tempo anche S.Agostino: “Molti sembrano nella Chiesa, in realtà non lo sono; molti altri sembrano fuori, in realtà sono dentro!”

Questa iniziativa concreta di preghiera universale ad Assisi indicava, pure, una nuova prassi: il dire e il fare coniugati insieme. Non ci si limitava a diffondere un documento (come spesso fanno dei responsabili), ma si univano le mani e la mente, l’affermazione teorica e l’iniziativa concreta, in modo che azione e riflessione insieme diventino trasformanti e contagiose. “Che cosa potremmo fare insieme?” ci chiedeva spesso un pastore protestante. Sì, questo dovrebbe essere l’interrogativo che sempre accompagna chi vive su bordi differenti, perchè fa avanzare le cose, fa incrociare cammini diversi e lancia prospettive feconde per tutti. Fare qualcosa insieme diventa un potente mezzo per unire gli spiriti e gli ideali: ecco una lezione indimenticabile di Giovanni Paolo II. Come ricorda un meraviglioso proverbio indiano: “I miracoli sono compiuti dagli uomini uniti.”

Lo “spirito di Assisi”, allora, rende cosciente ogni comunità cristiana che la dimensione in cui viviamo oggi in Europa è un paesaggio plurireligioso. Non più solo cristiano. Questo significa una nuova autocoscienza di sè e la sfida dell’apertura all’altro. Il mondo multiculturale di oggi si fa invito ad ognuno a un viaggio spirituale di enorme portata e di grandi conseguenze. Ma anche a ritrovare il punto di gravità della propria religione, il cuore della propria fede. Non perdendosi, così, nei dettagli. Per quella cristiana il centro sarà unicamente l’amore e i suoi differenti volti, come il dialogo, la solidarietà, l’umiltà, la gratuità e la perdita di sè. Non il senso di grandezza, di efficienza o di onnipotenza, che a volte ci perseguitano. È quello, in fondo, che Francesco insegnava con la sua stessa vita e Giovanni Paolo II suggeriva con una splendida foto di gruppo in un luogo benedetto: Assisi.

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