La corruzione dei regimi, il ruolo dei militari, il rischio di un effetto domino. Peacereporter ha sentito uno dei massimi studiosi dei regimi mediorientali.
di Alberto Tundo
PeaceReporter - L'allarme su quelli che definisce "regimi bunker" lo aveva lanciato molti anni fa. Se, parlando di uno dei più rispettati studiosi mondiali non sembrasse offensivo, si potrebbe anche dire che avesse predetto gli attuali cambiamenti: "Questi regimi corrotti, spietati, incuranti dei bisogni e delle aspirazioni delle loro società, possono durare a lungo. Tuttavia, nel mondo moderno il rischio che si trovino a scegliere tra riformarsi o scomparire è molto elevato". Henry Clement Moore è una delle voci più autorevoli per quanto riguarda il Maghreb e il Medio Oriente, aree alle quali ha dedicato anni di studio e decine di pubblicazioni. Docente all'Università del Texas, con alle spalle un lungo insegnamento in Egitto e Libano, Moore conosce bene i regimi della regione e il contesto geopolitico in cui si muovono. Con lui, Peacereporter ha cercato di capire qualcosa di più delle sollevazioni popolari che stanno scuotendo il mondo arabo.
Lei da anni studia i "regimi bunker": che cosa sono?
Regimi senza forti associazioni secondarie e senza burocrazie che colleghino il potere centrale con la società. Lo è l'Algeria ma non la Tunisia o l'Egitto, che hanno strutture burocratiche più grandi e una ricca storia di corpi intermediari.
E' rimasto sorpreso dalla velocità del collasso del regime tunisino?
Assolutamente si.
Pensa che in Egitto possa accadere lo stesso?
Forse, ma è molto più difficile. Nella vicenda tunisina l'esercito ha giocato un ruolo cruciale che quello egiziano potrebbe decidere di non ricoprire.
Quali sono le differenze tra i due casi?
L'Egitto ha otto volte la popolazione della Tunisia ed è più povero. La corruzione è meno centralizzata. Tanto Ben Alì quanto Mubarak hanno guidato (Mubarak continua a farlo) stati di polizia, con un simile rapporto tra il numero dei membri delle forze di sicurezza e la popolazione. Ma l'esercito tunisino ha meno interessi nell'economia, è meno politicizzato dell'esercito egiziano. La differenza più importante riguarda l'impressionante corruzione della famiglia regnante in Tunisia, mentre in Egitto le forme di corruttela sono più diffuse e meno centralizzate. Militari e forze di sicurezza qui hanno molti più interessi legati allo status quo rispetto alle loro controparti tunisine sotto Ben Alì. Le uniche forze di polizia che sono rimaste fedeli a quest'ultimo sono i reparti speciali e la guardia presidenziale. L'esercito invece ha protetto la gente e ha neutralizzato le bande pro-Ben Alì. Mubarak, inoltre, è un politico molto più accorto e intelligente dell'ex presidente tunisino. E' stato un eroe e ha mantenuto un legame molto più stretto con i militari. Gli ufficiali di Tunisi, invece, addestratisi negli Stati Uniti, erano disgustati dagli eccessi di Ben Alì e della moglie. Il generale Rachid Ammar si è rifiutato di sparare sulla sua gente ed infatti è stato silurato dal presidente tunisino che però due giorni dopo è stato costretto a fuggire!
Quali altri governi/regimi sono a rischio?
Dia un 'occhiata ai suicidi, alle persone che si immolano nel mondo arabo; la gente ne ha abbastanza di tutti questi stati di polizia illegittimi.
Lei vede il rischio di un effetto domino?
Il rischio di disordini senz'altro, c'è, ma non vedo i presupposti per il rovesciamento di altri regimi. L'Egitto, di tutti i Paesi arabi, è il più simile alla Tunisia di Ben Alì, da un punto di vista strutturale. Ma la gioventù potrebbe trovare enormi difficoltà nel sostenere una mobilitazione di massa ed è altamente probabile che militari e apparati di sicurezza, avendo molti più interessi da difendere nell'attuale status quo, rimarranno fedeli al regime.
Gli Stati Uniti sembrano oscillare tra un sostegno alla protesta e la paura di perdere alleati preziosi in un'area molto delicata: è una percezione corretta? Dove hanno sbagliato? Hanno abbracciato troppo tardi le istanze delle popolazioni mediorientali?
Gli Usa potrebbero perdere l'Egitto ma nel caso tunisino erano dalla parte giusta.
Quale scenario immagina nel futuro prossimo?
Non ho una sfera di cristallo per vedere cosa cercherà di fare Mubarak. Fin qui non si è mosso bene, perché nessuno crede al nonsense che ci siano davvero i cattivi Fratelli musulmani dietro gli eventi di questi giorni. Un'ultima cosa: dia un'occhiata al dibattito interno degli Stati Uniti: si chieda se la lobby pro-israeliana spingerà per mantenere il sostegno a Mubarak.
di Alberto TundoPeaceReporter - L'allarme su quelli che definisce "regimi bunker" lo aveva lanciato molti anni fa. Se, parlando di uno dei più rispettati studiosi mondiali non sembrasse offensivo, si potrebbe anche dire che avesse predetto gli attuali cambiamenti: "Questi regimi corrotti, spietati, incuranti dei bisogni e delle aspirazioni delle loro società, possono durare a lungo. Tuttavia, nel mondo moderno il rischio che si trovino a scegliere tra riformarsi o scomparire è molto elevato". Henry Clement Moore è una delle voci più autorevoli per quanto riguarda il Maghreb e il Medio Oriente, aree alle quali ha dedicato anni di studio e decine di pubblicazioni. Docente all'Università del Texas, con alle spalle un lungo insegnamento in Egitto e Libano, Moore conosce bene i regimi della regione e il contesto geopolitico in cui si muovono. Con lui, Peacereporter ha cercato di capire qualcosa di più delle sollevazioni popolari che stanno scuotendo il mondo arabo.
Lei da anni studia i "regimi bunker": che cosa sono?
Regimi senza forti associazioni secondarie e senza burocrazie che colleghino il potere centrale con la società. Lo è l'Algeria ma non la Tunisia o l'Egitto, che hanno strutture burocratiche più grandi e una ricca storia di corpi intermediari.
E' rimasto sorpreso dalla velocità del collasso del regime tunisino?
Assolutamente si.
Pensa che in Egitto possa accadere lo stesso?
Forse, ma è molto più difficile. Nella vicenda tunisina l'esercito ha giocato un ruolo cruciale che quello egiziano potrebbe decidere di non ricoprire.
Quali sono le differenze tra i due casi?
L'Egitto ha otto volte la popolazione della Tunisia ed è più povero. La corruzione è meno centralizzata. Tanto Ben Alì quanto Mubarak hanno guidato (Mubarak continua a farlo) stati di polizia, con un simile rapporto tra il numero dei membri delle forze di sicurezza e la popolazione. Ma l'esercito tunisino ha meno interessi nell'economia, è meno politicizzato dell'esercito egiziano. La differenza più importante riguarda l'impressionante corruzione della famiglia regnante in Tunisia, mentre in Egitto le forme di corruttela sono più diffuse e meno centralizzate. Militari e forze di sicurezza qui hanno molti più interessi legati allo status quo rispetto alle loro controparti tunisine sotto Ben Alì. Le uniche forze di polizia che sono rimaste fedeli a quest'ultimo sono i reparti speciali e la guardia presidenziale. L'esercito invece ha protetto la gente e ha neutralizzato le bande pro-Ben Alì. Mubarak, inoltre, è un politico molto più accorto e intelligente dell'ex presidente tunisino. E' stato un eroe e ha mantenuto un legame molto più stretto con i militari. Gli ufficiali di Tunisi, invece, addestratisi negli Stati Uniti, erano disgustati dagli eccessi di Ben Alì e della moglie. Il generale Rachid Ammar si è rifiutato di sparare sulla sua gente ed infatti è stato silurato dal presidente tunisino che però due giorni dopo è stato costretto a fuggire!
Quali altri governi/regimi sono a rischio?
Dia un 'occhiata ai suicidi, alle persone che si immolano nel mondo arabo; la gente ne ha abbastanza di tutti questi stati di polizia illegittimi.
Lei vede il rischio di un effetto domino?
Il rischio di disordini senz'altro, c'è, ma non vedo i presupposti per il rovesciamento di altri regimi. L'Egitto, di tutti i Paesi arabi, è il più simile alla Tunisia di Ben Alì, da un punto di vista strutturale. Ma la gioventù potrebbe trovare enormi difficoltà nel sostenere una mobilitazione di massa ed è altamente probabile che militari e apparati di sicurezza, avendo molti più interessi da difendere nell'attuale status quo, rimarranno fedeli al regime.
Gli Stati Uniti sembrano oscillare tra un sostegno alla protesta e la paura di perdere alleati preziosi in un'area molto delicata: è una percezione corretta? Dove hanno sbagliato? Hanno abbracciato troppo tardi le istanze delle popolazioni mediorientali?
Gli Usa potrebbero perdere l'Egitto ma nel caso tunisino erano dalla parte giusta.
Quale scenario immagina nel futuro prossimo?
Non ho una sfera di cristallo per vedere cosa cercherà di fare Mubarak. Fin qui non si è mosso bene, perché nessuno crede al nonsense che ci siano davvero i cattivi Fratelli musulmani dietro gli eventi di questi giorni. Un'ultima cosa: dia un'occhiata al dibattito interno degli Stati Uniti: si chieda se la lobby pro-israeliana spingerà per mantenere il sostegno a Mubarak.
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