martedì, settembre 28, 2010
del nostro collaboratore redazionale Stefano Buso

All’inizio fu Internet, quindi la probabilità di approdare in un mondo nuovo, rigurgitante di allettanti occasioni. Poi le chat, intriganti e maledettamente irresistibili. Nello stesso periodo, iniziarono a prolificare i forum dedicati a temi più svariati, talvolta molto stuzzicanti. Negli ultimi anni, come una ciliegina sulla torta, il boom dei social network. Community ce ne sono tante, e consentono al cyber utente di parlare e scambiare informazioni in tempo reale con altri dirimpettai del pianeta.

Agli albori del flirt multimediale, magazine e trasmissioni televisive ospitavano stimati personaggi della psichiatria internazionale che mettevano in guardia sugli effetti “devastanti” dell’Internet addiction disorder o, detto in maniera comprensibile, la dipendenza da Internet. In verità, non era un tentativo per sviare l’utente dalla novità, quanto per segnalargli le insidiose conseguenze causate da un’eccessiva “permanenza” nel cyber spazio.

Un po’ alla volta si è constatato che ciò avveniva in ogni caso, nonostante vademecum e protocolli studiati per un uso intelligente del computer. Per dirla con franchezza, senza paroloni anestetizzanti, la modalità di navigare e interagire on line negli ultimi anni si è non poco modernizzata, mentre l’assuefazione è rimasta inalterata, anzi è cresciuta in modo esponenziale, perché, rispetto agli esordi, in Internet è cresciuto il numero di avventori multimediali.

Gli esperti su questo sono molto eloquenti: tutte le dipendenze sono tossiche e limitanti, seppur nel caso della dipendenza Internettiana non si tratta di un disturbo psichiatrico, bensì psicologico. I sintomi sono evidenti e inconfutabili. Smania irrefrenabile di accendere il pc, brama di cliccare e poi lanciare nello spazio virtuale il proprio pensiero, terrore che manchi il collegamento web, priorità alla comunicazione virtuale, e, nei casi più severi (da valutazione medica), perdita dell’appetito e apatia generale per qualsiasi attività che non sia Internet. Questi elencati sono rischi concreti, non certo astratti, e non andrebbero minimizzati. L’uso del nuovo modo di comunicare, sia esso in chat o negli attualissimi social network, è senz’altro conveniente, ma quando si avvertono segnali di “sudditanza” sarebbe congruo “frenare” dedicandosi ad altro.
Una riflessione essenziale va fatta sulla valenza delle relazioni interpersonali che nascono on line. Spesso effimere, sfuggenti, decisamente opportuniste e relegate in una dimensione di incertezza e aridità di valori. Non sono quasi mai conoscenze schiette, perché manca il desiderio di svelarsi e offrire la parte migliore di sé.
Gli intrattenimenti salottieri offerti dalle tecnologie del XXI secolo debbono esser presi per quello che sono, senza stolte demonizzazioni, e quotandoli come mezzo, non fine, della nostra quotidianità. Un utilizzo intelligente della rete può davvero migliorare la vita e i rapporti umani. Sempre a dosaggio contenuto…

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