Prima riserva marina istituita in Italia, insieme alla ‘sorella’ Ustica. La Riserva Marina di Miramare si estende davanti al suo omonimo castello. Oggi la Riserva rappresenta un vero e proprio banco di prova per la sperimentazione di nuove metodologie didattiche e scientifiche per la conoscenza e la conservazione dell'ecosistema marino.
di Marta Picciulin
OggiScienza - Esempio nazionale ed internazionale di gestione di un’area protetta a trecentosessanta gradi, dove la conservazione dell’ecosistema marino viaggia a pari passo con la sperimentazione di nuove metodologie didattiche e scientifiche per la conoscenza e la sensibilizzazione all’ambiente naturale. Ciò nonostante, a venticinque anni dalla sua istituzione, la manovra di Tremonti potrebbe spogliare la Riserva Naturale Marina di Miramare (RNMM) di queste sue peculiarità rendendola ‘solo’ una superficie di 30 ettari esclusi dalla pesca: secondo Maurizio Spoto, direttore della RNMM, il taglio del 50% dei fondi attuali stanziati all’Ente (pari a circa 300 mila euro) renderebbe di fatto impraticabile una gestione dell’aera marina protetta che non sia di puro controllo sulla stessa.
Con quali conseguenze ? Verrebbe di fatto a mancare un polo regionale che svolga progetti di educazione ambientale e sensibilizzazione all’ambiente marino-costiero (sono più di 15 mila i visitatori coinvolti ogni anno dall’area protetta), che proponga attività di gestione dello sfruttamento turistico del territorio e di regolamentazione della pesca e che si ponga attraverso le collaborazioni con enti di ricerca italiani e stranieri come realtà di sperimentazione ‘sul campo’ di progetti che spaziano dall’oceanografia agli studi eco-etologici.
“La cosa più paradossale” spiega Maurizio Spoto “ è che la riserva non è un ente ‘inutile’ neanche dal punto di vista economico. Tutte le attività svolte agiscono da volano su ogni euro investito producendo ricadute economiche 6-7 volte maggiori legate alle attività culturali e turistiche locali a cui si devono aggiungere i benefici economici determinati dalla conservazione della biodiversità”. Queste affermazioni si basano su analisi sviluppate insieme al Dipartiment di Economia dell’Università di Udine. Qui è possibile scaricare il pdf di uno studio di contabilità ambientale svolto nel 2004 che dimostra come il 64% dei contributi pubblici sono di fatto ammortizzati dai benefici territoriali creati dalle attività dell’area protetta. Analisi più recenti (non ancora pubblicate, ma disponibili presso la RNMM) indicano che l’investimento pubblico è attualmente totalmente ammortizzato e produce un ricchezza ad un tasso di interesse del 7,3%.
Come nel caso degli ‘enti inutili’, l’erosione dei fondi destinati ai parchi e aree protette viene da lontano e dal 2004 i tagli si son fatti via via più cospicui. Ma ora siamo a un punto di non ritorno. Università, enti scientifici, parchi, riserve: le prospettive sono desolanti. Se non ci saranno punti di svolta, le nuove generazioni rischiano davvero di trovarsi attorniate dal deserto.
Questo articolo è scritto da Marta Picciulin, ricercatrice del Dipartimento di Sceinze della Vita dell’Università degli Studi di Trieste, che da anni collabora con la Riserva di Miramare
di Marta PicciulinOggiScienza - Esempio nazionale ed internazionale di gestione di un’area protetta a trecentosessanta gradi, dove la conservazione dell’ecosistema marino viaggia a pari passo con la sperimentazione di nuove metodologie didattiche e scientifiche per la conoscenza e la sensibilizzazione all’ambiente naturale. Ciò nonostante, a venticinque anni dalla sua istituzione, la manovra di Tremonti potrebbe spogliare la Riserva Naturale Marina di Miramare (RNMM) di queste sue peculiarità rendendola ‘solo’ una superficie di 30 ettari esclusi dalla pesca: secondo Maurizio Spoto, direttore della RNMM, il taglio del 50% dei fondi attuali stanziati all’Ente (pari a circa 300 mila euro) renderebbe di fatto impraticabile una gestione dell’aera marina protetta che non sia di puro controllo sulla stessa.
Con quali conseguenze ? Verrebbe di fatto a mancare un polo regionale che svolga progetti di educazione ambientale e sensibilizzazione all’ambiente marino-costiero (sono più di 15 mila i visitatori coinvolti ogni anno dall’area protetta), che proponga attività di gestione dello sfruttamento turistico del territorio e di regolamentazione della pesca e che si ponga attraverso le collaborazioni con enti di ricerca italiani e stranieri come realtà di sperimentazione ‘sul campo’ di progetti che spaziano dall’oceanografia agli studi eco-etologici.
“La cosa più paradossale” spiega Maurizio Spoto “ è che la riserva non è un ente ‘inutile’ neanche dal punto di vista economico. Tutte le attività svolte agiscono da volano su ogni euro investito producendo ricadute economiche 6-7 volte maggiori legate alle attività culturali e turistiche locali a cui si devono aggiungere i benefici economici determinati dalla conservazione della biodiversità”. Queste affermazioni si basano su analisi sviluppate insieme al Dipartiment di Economia dell’Università di Udine. Qui è possibile scaricare il pdf di uno studio di contabilità ambientale svolto nel 2004 che dimostra come il 64% dei contributi pubblici sono di fatto ammortizzati dai benefici territoriali creati dalle attività dell’area protetta. Analisi più recenti (non ancora pubblicate, ma disponibili presso la RNMM) indicano che l’investimento pubblico è attualmente totalmente ammortizzato e produce un ricchezza ad un tasso di interesse del 7,3%.
Come nel caso degli ‘enti inutili’, l’erosione dei fondi destinati ai parchi e aree protette viene da lontano e dal 2004 i tagli si son fatti via via più cospicui. Ma ora siamo a un punto di non ritorno. Università, enti scientifici, parchi, riserve: le prospettive sono desolanti. Se non ci saranno punti di svolta, le nuove generazioni rischiano davvero di trovarsi attorniate dal deserto.
Questo articolo è scritto da Marta Picciulin, ricercatrice del Dipartimento di Sceinze della Vita dell’Università degli Studi di Trieste, che da anni collabora con la Riserva di Miramare
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