giovedì, luglio 01, 2010
Oltre 200 mila morti e un milione e mezzo di scampati che cercano di sopravvivere in condizioni di degrado al limite del disumano. E’ la situazione in cui versa a tutt’oggi Haiti, sei mesi dopo il terremoto catastrofico del gennaio scorso.

Radio Vaticana - La gara di solidarietà scatenatasi nell’immediatezza del dramma conta tuttora molte sigle umanitarie impegnate nel soccorso alla popolazione. Uno dei tanti progetti di solidarietà operativi Haiti è legato alla figura di Cecilia Corneo, che lavorava presso la sede delle Nazioni Unite di Port au Prince ed è rimasta vittima del sisma. La sorella di Cecilia, Paola Corneo, che vive a Washington, ha voluto organizzare una raccolta di fondi intitolandola alla sorella Cecilia, detta Cilla. Fabio Colagrande ne ha parlato con con l’ideatrice (ascolta):

R. – Il progetto “Cilla per Haiti” è nato nei primi mesi dell’anno in seguito al terribile terremoto del quale, come sappiamo, sono rimasti vittime più di 200 mila persone e tra queste vittime, purtroppo, anche mia sorella, che era ad Haiti ormai da alcuni anni. Il suo amore per gli haitiani e per il lavoro che faceva ha spinto noi familiari ed anche gli amici a ricordarla attraverso un progetto che facesse del bene sull’isola di Haiti.


D. – E qual è lo scopo del progetto “Cilla per Haiti”, che avete voluto intitolare proprio a sua sorella?


R. – Il progetto si chiama “Cilla per Haiti” perché, in realtà, il nome di mia sorella era Cecilia, ma tutti la conoscevano come Cilla. Lo scopo è quello di dare un futuro ai bambini mutilati in seguito al terremoto: il numero degli amputati in seguito a un sisma è enorme e la maggior parte sono bambini. Questo anche perché la popolazione ad Haiti è molto giovane e la durata media della vita ad Haiti è di soli 50 anni. Quindi, un intervento di questo tipo è sicuramente indispensabile. Per realizzarlo, abbiamo dovuto ovviamente chiedere sostegno a strutture già esistenti e quindi ci siamo appoggiati ad un centro di riabilitazione che è presente in Haiti da oltre dieci anni, e fornisce ai piccoli le protesi necessarie per permettere loro di ritrovare una vita più normale. Sono stata recentemente ad Haiti ed ho visto che i marciapiedi sono inesistenti oppure inagibili, le strade sono piene di buche per cui è impossibile per una persona che non abbia due gambe camminare e spostarsi, al punto che gli haitiani disabili spesso sono abbandonati addirittura dalle loro famiglie. Il progetto, allora, è l’unico modo per dare loro un futuro, perché i bambini amputati non solo non possono spostarsi per giocare, ma non possono nemmeno andare a scuola. Ovviamente, poi, trovare sedie a rotelle è impossibile e utilizzarle altrettanto. L’idea è quella di ampliare la Casa dei Piccoli Angeli e fornire protesi al maggior numero possibile di vittime e sostenerle poi per tutto il tempo necessario, perché – come sappiamo – i bambini crescono e la protesi dev’essere cambiata annualmente.



D. – Signora Corneo, che altre notizie avete sulla situazione umanitaria ad Haiti, a quasi sei mesi dal sisma?



R. – La situazione è sicuramente ancora tragica: la stagione delle piogge è incominciata ad aprile, l’igiene è scarsissima e le epidemie difficili da controllare. I prezzi dei generi alimentari sono proibitivi per la maggior parte della popolazione. Solo le strade principali sono agibili, ma spesso sono intasate soprattutto dai camion che stanno cercando di togliere i detriti delle case crollate, oppure dai mezzi delle organizzazioni umanitarie. La maggior parte degli sfollati vive tuttora in tendopoli in condizioni disumane, oppure in alloggi di fortuna, e la ricostruzione è purtroppo molto lenta e molto difficile. (Montaggio a cura di Maria Brigini)


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