giovedì, maggio 13, 2010
Oltre le polemiche, voglia di testimoniare unità nella lotta alle mafie. Potrebbe non essere una notizia il fatto che il Presidente della Camera Gianfranco Fini abbia ricevuto ieri a Montecitorio lo scrittore Roberto Saviano, autore del romanzo denuncia “Gomorra”.

Liberainformazione - In un paese normale, infatti, le istituzioni dovrebbero sempre e comunque essere al fianco di chi, con ruoli e responsabilità diversi, si batte contro il crimine organizzato. Il nostro però, purtroppo, non è ancora un paese normale e il traguardo della normalità continuerà a essere un miraggio fino a quando si continuerà a denigrare chi esprime volontà di cambiamento, senza per questo nascondersi la verità. E così è accaduto che a Roberto Saviano siano state rivolte in questi anni di vita, passati sotto scorta per le minacce ricevute dal clan dei casalesi, accuse di protagonismo e di mancanza di spirito di patria.

La letteratura e la cultura sotto finite sotto accusa da una delle più alte cariche dello Stato, il presidente del Consiglio Berlusconi, che si è spinto qualche settimana fa a parlare di fiction e letteratura che fanno «supporto promozionale alla mafia»: nuovi strali polemici contro opere come il romanzo di Saviano, dopo essersi in precedenza lamentato della Piovra televisiva e di quanto raccontano e documentano fatti di mafia, perché nella visione del premier sarebbero loro il problema e non la mafia. Grazie a queste opere per Berlusconi la mafia italiana risulta la prima al mondo e non la sesta come dovrebbe essere: “Gomorra” e altri farebbero quindi una cattiva propaganda per il nostro paese e non sarebbero invece il segno di una riscossa civile, quanto mai opportuna e necessaria per vincere la battaglia contro le mafie. E domenica scorsa, sotto i riflettori del Tg4 il suo direttore, Emilio Fede, in linea con il suo editore di riferimento, si era lasciato scappare un eloquente «non se ne può più» in riferimento proprio a Saviano: «non è soltanto lui che ha scoperto la camorra, non è lui il solo che l’ha denunciata, ci sono magistrati autorevoli, ci sono magistrati che l’hanno combattuta e sono morti, lui è superprotetto». Insomma, secondo l’Emilio televisivo, va bene l’antimafia ma «senza rompere, senza disturbare».

Ecco quindi come una notizia che non sarebbe notizia normalmente diventa di colpo una notizia, perché l’incontro tra Fini e Saviano riposiziona correttamente il tema al centro del dibattito politico, in quanto esprime la vicinanza delle istituzioni a quanti sono impegnati quotidianamente nella denuncia del crimine, del malaffare e nella diffusione di una cultura della legalità democratica, quanto mai necessaria per un paese come il nostro dove dai “furbetti del quartierino” si passa alla “cricca”, senza che le cose cambino mai, in una logica di gattopardesca memoria, dove tutto cambia perché nulla cambi. Nel corso del colloquio di ieri durato meno di un’ora, Fini ha manifestato a Saviano grande stima e considerazione, con l’intento di «sgomberare il campo dagli equivoci e testimoniare la vicinanza delle istituzioni». Gli uomini dell’entourage del Presidente della Camera si sono affrettati a smentire alcuna relazione tra le polemiche dei giorni scorsi e l’incontro di ieri, che sarebbe stato fissato da tempo, ma quello che è chiaro che, sui temi della lotta alla mafia e della legalità, il divario tra i due cofondatori del PdL aumenta, visto che Fini, già dopo la reprimenda berlusconiana contro lo scrittore, si era affrettato a dichiarare che «quando Berlusconi dice che Saviano con Gomorra rende la criminalità italiana più forte nel mondo, è meglio che queste affermazioni non le faccia».
E oggi “Il Secolo d’Italia” rilancia e titola in prima pagina con grande evidenza “Dalla parte di Saviano”: un altro strappo sembra consumarsi in queste ore, ma francamente di questo non ci importa molto. Ci interessa di più che la lotta alle mafie sia una battaglia condivisa e non ostaggio di logiche e calcoli dei diversi partiti, che vorrebbero tirare per la giacchetta Saviano a proprio tornaconto. L’impegno contro le cosche è una priorità per il nostro Paese e per un giorno Montecitorio ha dimostrato di averlo capito.


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