martedì, gennaio 12, 2010
Gruppi di musulmani in Malaysia hanno organizzato in segno di solidarietà con i cristiani turni di sorveglianza presso le chiese per evitare il ripetersi di episodi di violenza, registrati nei giorni scorsi. Lo ha riferito all’agenzia Fides, mons. Murphy Pakiam, arcivescovo di Kuala Lumpur, sottolineando che “gesti di tal genere sono una rarità in Malaysia” e condannando “ogni forma di violenza e tutti coloro che mirano a creare disordini nella società e conflittualità fra le comunità religiose”.

RadioVaticana - Le aggressioni, che hanno seminato grande allarme nel Paese asiatico, sono giunte all’indomani di una sentenza dell’Alta Corte che, nella nazione multietnica e multireligiosa benché a maggioranza islamica (60%), ha autorizzato i cristiani ad usare la parola ‘Allah’. La questione era emersa dopo il divieto - sulla base di una ‘fatwa’ (sentenza islamica) del 2008 - imposto al quotidiano cattolico The Herald, di usare il termine arabo adottato anche nella lingua malese per riferirsi a Dio. Tanto è bastato per fomentare proteste di stampo radicale e contro un presunto abuso della parola allo scopo di proselitismo. Il governo, sulla spinta delle agitazioni, ha annunciato che si appellerà alla Corte Suprema. Ma contro le proteste e le violenze e a sostegno dell’uso in comune della parola ‘Allah’ si è espresso l’Islam Se-Malaysia party, influente partito islamico malese, che ha sottolineato come la parola appartenga alla tradizione teologica degli appartenenti alle tre religioni monoteiste - ebrei, cristiani e musulmani - che hanno in comune il capostipite Abramo. “Attualmente la situazione è sotto controllo – ha detto l’arcivescovo Pakiam, a Fides - il Governo e la Polizia hanno agito con prontezza per sedare qualsiasi forma di protesta violenta, che è stata molto contenuta. Le aggressioni, con bombe rudimentali, sono gesti di piccole bande isolate”.

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