lunedì, dicembre 07, 2009
Intervista con Morten Hansson, uno dei sette organizzatori del Forum Alternativo di Copenaghen

PeaceReporter - Hansson è uno dei sette organizzatori del KlimateForum09, il summit alternativo di Copenaghen. Peaceporter l'ha contattato telefonicamente a pochi giorni dall'inizio della Conferenza dell'Onu nella capitale danese.

Quale sarà il punto di contatto fra voi e i governanti a Copenaghen?

Credo che il collegamento principale sia la dichiarazione che stiamo preparando, con i partecipanti al Klima Forum 09 e la rete che c’è dietro ad esso. Andremo dai leader della conferenza per consegnare loro questa dichiarzione. Tuttavia, è molto difficile avere un punto di contatto diretto con i leaders politici.

La vera forza del forum alternativo?

Abbiamo partecipanti da più di novanta Paesi con circa 7 mila persone provenienti da tutto il mondo. Abbiamo circa 300 eventi differenti che vanno dai workshop fino alla proiezione di film, esibizioni, concerti. La diversità delle persone e delle attività: questa è la nostra forza. Anche la varietà di gente che prenderà parte all’iniziativa è differente: avremo pescatori, agricoltori, scienziati, uomini di cultura, attivisti. Abbiamo persone molto differenti provenienti per partecipare da paesi poveri e dal sud globale.

La vostra piattaforma programmatica è fatta di sei punti. A quale darete più peso?

E' difficile focalizzarsi su un singolo punto. Bisogna guardare la piattaforma nel suo complesso perchè non ha senso considerare un punto come meno importante degli altri.

É sicuramente il nodo fondamentale, non solo per noi ma per tutti. Tutti sono d’accordo con la riduzione dei gas serra. Ma ci sono anche altri punti, come il nucleare, la produzione di carbone e via dicendo. Noi cerchiamo la soluzione, e il nostro scopo è come raggiungerla.

Per esportare tecnologie a basso impatto ambientale i Paesi in via di sviluppo chiederanno 400 miliardi di dollari. Ivo de Boer, presidente della conferenza, non è disposto a superare i 12 miliardi per i costi di partenza. Come si supera il gap secondo lei?

Prima di tutto dobbiamo capire che i numeri rappresentano solo una faccia del problema. Penso che ci sia bisogno di agire. Abbiamo gia visto che i Paesi ricchi hanno annunciato che doneranno parecchi soldi ai Paesi poveri. In molti casi queste promesse non si sono mai materializzate. Si fa presto a offrire 7 miliardi di dollari all’anno, bisogna anche anche dire come si intende distribuirli ai Paesi poveri. Quale saranno le condizioni alle quali verranno distribuiti questi fondi. L’altra cosa è naturalmente che dobbiamo anche dimostrare che siamo disponibili a tagliare le emissioni. Non è abbastanza pagare per i poveri dobbiamo mostrare di fare dei progressi. L’impegno non dev’essere calcolato in base al denaro ma in base alla responsabilità.

Come spiega la politica dell’India che rischia di far saltare i negoziati?

Non conosco i dettagli. Naturalmente penso chi deve fare da apripista sono i Paesi ricchi, quelli che hanno emissioni maggiori, e conseguentemente una responsabilità maggiore nei confronti dei Paesi con minori emissioni. I Paesi ricchi devono farsi portatori di una politica di cambiamento. Quando questo accadrà, anche Paesi come l'India seguiranno tale esempio.

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