giovedì, novembre 26, 2009

di Monica Cardarelli

“Professore: Se ci mettessimo a bruciare i libri, allora davvero avremmo perso la guerra. Marina: La guerra l’abbiamo già persa.” Sono le parole di “Libri da ardere” (titolo originale “Les combustibles”), un testo teatrale di Amélie Nothomb, intenso e surreale
come tutti i suoi scritti. E forse neanche troppo in questo caso, visto il tema trattato e l’ambientazione. In questa storia il Professore, il suo assistente Daniel e una sua allieva Marina vivono in una città sotto assedio, in stato di guerra dunque in cui manca tutto. È inverno, fa molto freddo. I tre personaggi hanno caratteri e ruoli diversi e si crea un equilibrio molto precario fra i tre ma tutto in questo lavoro ruota intorno ai libri e al loro valore. In un momento di sconforto e delirio, Marina, la più disincantata che sembra aver perso interesse e speranza nell’arte, nella bellezza e nell’uomo propone per scaldarsi di bruciare i libri. Questo interessante lavoro ci offre il pretesto per riflettere sul valore del libro e della scrittura. Che valore ha la scrittura per chi scrive e per chi legge? Che rapporto esiste tra un libro, il lettore e chi lo ha creato? Quali legami e che valore può avere un libro sia da un punto di vista personale che sociale? Ho sempre pensato che la scrittura fosse un modo di comunicare e di entrare in contatto con altri diversi da me che sentono e pensano ciò che io sento e penso e traspongo sulla carta. Si tratta di un rapporto intenso come intenso è il processo di scrittura. In ciò che si scrive viene posto qualcosa di molto personale anche se non autobiografico. Scrivere significa in qualche modo lasciar andare, permettere ai tuoi pensieri, alle tue emozioni, ai ciò che senti di concretizzarsi attraverso delle parole e di fuoriuscire da te per giungere ad altri. C’è qualcosa che avvicina al dono. Anche se la scrittura non è solo questo, è anche vera e propria creazione, immaginazione e incontro.
Per poter scrivere è utile avere, come suggeriva Virginia Woolf, “una stanza tutta per sé”. Non solo in termini di autonomia ma anche perché questo significa potersi relazionare su due livelli. Il primo è un piano ‘personale’, una relazionalità con se stessi e con ciò che si è. Successivamente, si può e si deve però osservare il mondo esterno e relazionarsi agli altri. La stanza intesa come momento di intimità e solitudine e allo stesso tempo la stanza è inserita nella casa e da lì si partecipa alla vita domestica e dalla finestra si può osservare il mondo fuori che scorre. Tutto questo permette di non perdere mai il contatto con i destinatari di ciò che si scrive e di poter dialogare con loro.
Questo ci porta ad un’ulteriore riflessione e cioè al valore sociale della scrittura e del libro. Un libro, non è mai astratto dalla realtà del momento in cui è stato scritto. Rappresenta un momento storico ben preciso ed ha un valore sociale notevole. Un libro può essere un modo di riflettere sulla realtà sociale, storica di un determinato periodo e popolo.
Inoltre, è indubbio il valore della lettura e l’importanza che questa riveste. Non solo perché rappresenta il momento in cui si stabilisce il legame tra autore e lettore; non solo perché è proprio nel momento della lettura che il libro prende realmente vita; ma perché è il momento in cui per il lettore inizia la grande magia di ‘ritrovarsi’.
È curioso scoprire, di volta in volta, il rapporto che ciascuno di noi ha con i libri. Ci sono persone che leggono più libri contemporaneamente, altre che non riescono a farlo e quando hanno iniziato a leggere un libro vanno avanti fino alla fine. Ci sono persone che non voglio tenere il libro con sé una volta letto, ma preferiscono ‘liberarlo’ e darlo ad altri o alle biblioteche. Ognuno ha un modo tutto personale di riconoscere il valore del libro e dargli vita, restituirgli quella vita iniziale che lo scrittore gli aveva affidato e che inizia a sorgere con la lettura.
“Daniel: E poi è così confortevole continuare a infangare la reputazione di un libro. Non c’è rischio che il libro si vendichi: è questo il bello della letteratura. Ci si può permettere di tutto. (…) La letteratura non è questo! (…) Uno legge per scoprire una visione del mondo. (…)
Professore: A che serve esporre una visione del mondo se il mondo se ne frega?
Daniel: Bé, sta a noi educare i lettori affinché la lettura non sia più inutile.
Professore: Educare un lettore! Come se un lettore si potesse educare!” (Libri da ardere, Amélie Nothomb)
Non sarà facile e soprattutto, è opportuno ‘educare i lettori’? O piuttosto sarebbe utile che dal rapporto scrittore/lettore si giungesse ad un piano in cui ci sia un coinvolgimento anche delle istituzioni locali per restituire al libro il valore sociale che riveste?
Sabato 21 novembre, ad esempio, è stata inaugurata la nuova sede della Biblioteca Comunale di Camucia che, insieme alla Biblioteca Comunale di Cortona, ricca di testi e manoscritti antichissimi, continuerà ad ospitare iniziative ed eventi quali presentazioni di libri, Circolo di lettura e altro.
Domenica 22 novembre al Museo Nazionale Preistorico Etnografico Luigi Pigorini di Roma ha avuto luogo la cerimonia di premiazione del concorso letterario “Roma da scrivere” promosso da un Municipio del Comune di Roma in collaborazione con la casa editrice Edilazio che ha curato anche la pubblicazione dei racconti con il contributo della Scuola Romana Fumetti e di due compagnie teatrali hanno curato la mise en espace dei racconti primi classificati.
Eventi come questi ce ne sono tanti fortunatamente anche se a volte non fanno rumore e sembrano notizie irrilevanti ma sono importanti per il tessuto culturale del territorio e sono sempre più auspicabili perché restituiscono al libro il suo giusto valore, il suo posto nella società. Partono da quel legame indispensabile perché il libro prenda vita che è il rapporto con i lettori e da qui procedono con il coinvolgimento di enti e istituzioni.
Perché, come scriveva Virginia Woolf in “Una stanza tutta per sé”: “Chiudete a chiave le vostre biblioteche, se volete; ma non c’è cancello, né serratura, né chiavistello che voi possiate mettere alla libertà del mio pensiero.”



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