Indignarsi per una memoria infangata. Il ricordo del sacerdote non può piegarsi a un revisionismo che cancelli il valore simbolico di alcune vite tragicamente spezzate
Liberainformazione.it - Don Diana ucciso per armi, ucciso per mille motivi. Ma non esplicitamente per motivi legati al suo impegno anticamorra. Come se il documento che il sacerdote di Casal di Principe, presentato alla locale forania ecclesiastica, non avesse valore. Quel documento dove si parla di camorra opprimente, di riannunciare la parola del Vangelo. E poi, documenti alla mano, una sentenza di Cassazione che ribadisce i motivi della morte del sacerdote.
Non abbastanza per qualcuno. Libera Informazione dopo le dichiarazioni dell'onorevole Pecorella, presidente della commissione rifiuti, sulla vicenda legata alla morte di don Diana, intervista don Tonino Palmese, referente campano della associazione Libera e sacerdote lui stesso. Ne emerga la volontà di continuare e dare segni concreti, in un generale clima che tende a cancellare la memoria.
Don Palmese, quale è stata la sua prima reazione dopo aver sentito le dichiarazioni dell'onorevole Pecorella?
La mia prima reazione è stata di sconcerto ma anche di rabbia, pensando che forse l'onorevole Pecorella ha confuso la commissione di inchiesta sui rifiuti con le vicende umane e sacerdotale e l'uccisione di don Peppino Diana. Forse tratta tutto come se fossero rifiuti e questo mi indigna, mi indispettisce, mi fa essere persino polemico. In seconda battuta, andando oltre il sentimento di rabbia, penso che siamo davvero in una fase revisionista nella quale gli attentati non sono più fascisti, le uccisioni di camorra non sono più camorristiche per cui tutto il male va minimizzato perché probabilmente non c'è stato mai male. E questa cosa mi inquieta e mi fa riflettere.
Pensa che la memoria di don Diana, anche attualizzata tramite un percorso di gestione di beni confiscati alla camorra nel casertano possa essere collegato a quanto accade?
Questa è un'altro pensiero che mi viene in mente: il fatto che il lavoro di Libera su “Le Terre di don Diana” stia cominciando ad essere veramente significativo, per cui si rende necessario infangare per evitare che si possa coltivare.
Eppure gli argomenti di una sentenza passata in giudicato e di un lavoro di impegno, ricordiamo il documento “Per Amore del mio popolo” scritto da don Diana, non sembrano così importanti per chi intende “rivedere” la morte del sacerdote. Ci aiuta a ricordare chi era e perché è stato ucciso?
Don Peppino Diana è morto fondamentalmente per i seguenti motivi. In primo luogo perché era un simbolo. Un simbolo ovviamente pacato, non esagerato, non esasperato, ma di fatto era un simbolo su quel territorio. Non è un caso che abbiano ucciso lui e non altri preti che pur essendo impegnati, evidentemente non avevano questa forza simbolica. Dall'altra parte fu ucciso perché la camorra in quel territorio desiderava a tutti i costi creare un clima di terrore e la questione “simbolica”, l'uccisione di un simbolo di impegno, avrebbe permesso loro di essere più forti e anche più fastidiosi.
Quali gli strumenti per combattere questa fase di revisionismo?
Continuando, sostanzialmente, a fare memoria e rispondendo a chi tenta di insozzarla, non con la stessa volgarità evidentemente di chi attacca, ma rispondere con l' “esserci”, dimostrando che l'esserci, un esempio su tutti le cooperative che in nome di don Diana stanno nascendo, è un segno bello e importante mentre queste polemiche e gli infangamenti sono segni turpi. Poi la gente vede la differenza: dei ragazzi che alleveranno animali, coltiveranno piante, rispetto al fango che viene gettato sulla memoria.
Memoria di don Diana che anche grazie a questo è ancora forte sul territorio...
Don Peppino vive ancora, perciò vogliono distruggerlo, questo è l'unico segno evidente e positivo.
Pensa che la Chiesa, magari a livello locale campano, si muoverà a supporto della memoria di don Peppino? Lei cosa auspica?
Io spero che aldilà della situazione contingente di questi giorni, dove ci sono anche momenti di rilassamento dovuto al clima vacanziero non si dimentichi un solo segno da parte della gerarchia ecclesiastica locale: il 20 marzo scorso il vescovo di Napoli indosso con orgoglio e con amore la stola di don Peppino Diana durante la celebrazione della messa in memoria delle vittime di mafia. Credo che quella stola debba continuare ad essere portata da tutta la Chiesa.
Liberainformazione.it - Don Diana ucciso per armi, ucciso per mille motivi. Ma non esplicitamente per motivi legati al suo impegno anticamorra. Come se il documento che il sacerdote di Casal di Principe, presentato alla locale forania ecclesiastica, non avesse valore. Quel documento dove si parla di camorra opprimente, di riannunciare la parola del Vangelo. E poi, documenti alla mano, una sentenza di Cassazione che ribadisce i motivi della morte del sacerdote.Non abbastanza per qualcuno. Libera Informazione dopo le dichiarazioni dell'onorevole Pecorella, presidente della commissione rifiuti, sulla vicenda legata alla morte di don Diana, intervista don Tonino Palmese, referente campano della associazione Libera e sacerdote lui stesso. Ne emerga la volontà di continuare e dare segni concreti, in un generale clima che tende a cancellare la memoria.
Don Palmese, quale è stata la sua prima reazione dopo aver sentito le dichiarazioni dell'onorevole Pecorella?
La mia prima reazione è stata di sconcerto ma anche di rabbia, pensando che forse l'onorevole Pecorella ha confuso la commissione di inchiesta sui rifiuti con le vicende umane e sacerdotale e l'uccisione di don Peppino Diana. Forse tratta tutto come se fossero rifiuti e questo mi indigna, mi indispettisce, mi fa essere persino polemico. In seconda battuta, andando oltre il sentimento di rabbia, penso che siamo davvero in una fase revisionista nella quale gli attentati non sono più fascisti, le uccisioni di camorra non sono più camorristiche per cui tutto il male va minimizzato perché probabilmente non c'è stato mai male. E questa cosa mi inquieta e mi fa riflettere.
Pensa che la memoria di don Diana, anche attualizzata tramite un percorso di gestione di beni confiscati alla camorra nel casertano possa essere collegato a quanto accade?
Questa è un'altro pensiero che mi viene in mente: il fatto che il lavoro di Libera su “Le Terre di don Diana” stia cominciando ad essere veramente significativo, per cui si rende necessario infangare per evitare che si possa coltivare.
Eppure gli argomenti di una sentenza passata in giudicato e di un lavoro di impegno, ricordiamo il documento “Per Amore del mio popolo” scritto da don Diana, non sembrano così importanti per chi intende “rivedere” la morte del sacerdote. Ci aiuta a ricordare chi era e perché è stato ucciso?
Don Peppino Diana è morto fondamentalmente per i seguenti motivi. In primo luogo perché era un simbolo. Un simbolo ovviamente pacato, non esagerato, non esasperato, ma di fatto era un simbolo su quel territorio. Non è un caso che abbiano ucciso lui e non altri preti che pur essendo impegnati, evidentemente non avevano questa forza simbolica. Dall'altra parte fu ucciso perché la camorra in quel territorio desiderava a tutti i costi creare un clima di terrore e la questione “simbolica”, l'uccisione di un simbolo di impegno, avrebbe permesso loro di essere più forti e anche più fastidiosi.
Quali gli strumenti per combattere questa fase di revisionismo?
Continuando, sostanzialmente, a fare memoria e rispondendo a chi tenta di insozzarla, non con la stessa volgarità evidentemente di chi attacca, ma rispondere con l' “esserci”, dimostrando che l'esserci, un esempio su tutti le cooperative che in nome di don Diana stanno nascendo, è un segno bello e importante mentre queste polemiche e gli infangamenti sono segni turpi. Poi la gente vede la differenza: dei ragazzi che alleveranno animali, coltiveranno piante, rispetto al fango che viene gettato sulla memoria.
Memoria di don Diana che anche grazie a questo è ancora forte sul territorio...
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Pensa che la Chiesa, magari a livello locale campano, si muoverà a supporto della memoria di don Peppino? Lei cosa auspica?
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