“Essere il guardiano, il fratello del fratello, colui che, sapendo che tutto ciò che siamo e abbiamo lo abbiamo ricevuto, sa fare della propria vita un'autentica comunione”
Radio Vaticana - Lo ha detto l'arcivescovo di Tegucigalpa, il cardinale Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga, intervenendo all'incontro dei rappresentanti dell'Unione dei Superiori Generali, svoltosi dal 27 al 29 maggio, a Roma, sul tema “Cambiamenti geografici e culturali nella vita della Chiesa: sfide e prospettive” L'Unione dei Superiori Generali – spiega l’agenzia Zenit - è un organismo di diritto pontificio, eretto il 3 gennaio 1955, dalla Sacra Congregazione dei Religiosi come persona giuridica pubblica. All’appuntamento “romano” rappresentanti di diverse famiglie di vita consacrata hanno riflettuto sulle sfide e le opportunità dei rapidi cambiamenti geografici e culturali che hanno caratterizzato il primo decennio del XXI secolo. Il cardinale Rodríguez Maradiaga ha ripercorso sinteticamente i cambiamenti nel mondo e nella Chiesa per sottolineare la necessità di uomini e donne che si consacrino all'apostolato e alla preghiera. Per rendere più consapevoli i presenti dei cambiamenti che hanno portato a nuove sfide religiose tra cristiani e consacrati, il porporato ha precisato che: “per molto tempo noi cristiani abbiamo vissuto con un'immagine fortemente caratterizzata dalla geografia. Questa immagine è cambiata nel senso che il centro di gravità della Chiesa non è più nel nord, ma nel sud, visto che il 75% dei cristiani vive in Asia, Africa e America”. I consacrati, per l'arcivescovo di Tegucigalpa, devono far sì che la loro vita diventi una lettera che Cristo invia agli uomini e alle donne del mondo globalizzato. I consacrati sono come “lettere di Cristo”, ovvero per mezzo di questa vocazione Gesù “continua a scrivere a quanti non credono in Lui attraverso la testimonianza che sappiamo dare”. “Come sarebbe bello, che tutti coloro a cui arriva un consacrato potessero leggere le lettere dal sud al nord con gli occhi del cuore e rispondere con spirito di solidarietà”, ha esortato il cardinale che ha anche aggiunto: “L'Asia sfida la missione, e il continente americano con le sue enormi disuguaglianze corre il pericolo di smettere di essere il continente della speranza”, e ancora: “Non dobbiamo solo lavorare per i deboli, ma vivere con loro, perché il cammino del 'rendersi piccoli' è una testimonianza per la nostra generazione”. Infine l’augurio apostolico: “Nulla è impossibile per chi ama”. (A.V.)
Radio Vaticana - Lo ha detto l'arcivescovo di Tegucigalpa, il cardinale Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga, intervenendo all'incontro dei rappresentanti dell'Unione dei Superiori Generali, svoltosi dal 27 al 29 maggio, a Roma, sul tema “Cambiamenti geografici e culturali nella vita della Chiesa: sfide e prospettive” L'Unione dei Superiori Generali – spiega l’agenzia Zenit - è un organismo di diritto pontificio, eretto il 3 gennaio 1955, dalla Sacra Congregazione dei Religiosi come persona giuridica pubblica. All’appuntamento “romano” rappresentanti di diverse famiglie di vita consacrata hanno riflettuto sulle sfide e le opportunità dei rapidi cambiamenti geografici e culturali che hanno caratterizzato il primo decennio del XXI secolo. Il cardinale Rodríguez Maradiaga ha ripercorso sinteticamente i cambiamenti nel mondo e nella Chiesa per sottolineare la necessità di uomini e donne che si consacrino all'apostolato e alla preghiera. Per rendere più consapevoli i presenti dei cambiamenti che hanno portato a nuove sfide religiose tra cristiani e consacrati, il porporato ha precisato che: “per molto tempo noi cristiani abbiamo vissuto con un'immagine fortemente caratterizzata dalla geografia. Questa immagine è cambiata nel senso che il centro di gravità della Chiesa non è più nel nord, ma nel sud, visto che il 75% dei cristiani vive in Asia, Africa e America”. I consacrati, per l'arcivescovo di Tegucigalpa, devono far sì che la loro vita diventi una lettera che Cristo invia agli uomini e alle donne del mondo globalizzato. I consacrati sono come “lettere di Cristo”, ovvero per mezzo di questa vocazione Gesù “continua a scrivere a quanti non credono in Lui attraverso la testimonianza che sappiamo dare”. “Come sarebbe bello, che tutti coloro a cui arriva un consacrato potessero leggere le lettere dal sud al nord con gli occhi del cuore e rispondere con spirito di solidarietà”, ha esortato il cardinale che ha anche aggiunto: “L'Asia sfida la missione, e il continente americano con le sue enormi disuguaglianze corre il pericolo di smettere di essere il continente della speranza”, e ancora: “Non dobbiamo solo lavorare per i deboli, ma vivere con loro, perché il cammino del 'rendersi piccoli' è una testimonianza per la nostra generazione”. Infine l’augurio apostolico: “Nulla è impossibile per chi ama”. (A.V.)| Tweet |
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