del nostro redattore Carlo Mafera
“La laicità dello Stato è un principio supremo” cioè sottratto al processo di revisione costituzionale, così ha esordito Cesare Mirabelli, insigne professore di diritto ecclesiastico ed esperto sui temi istituzionali relativi ai rapporti fra gli ordinamenti e sulle relazioni tra Stato e chiesa alla università della Santa Croce, il 15 maggio scorso nell’ambito degli incontri del III° corso di aggiornamento per i giornalisti. Il principio di sovranità dal quale deriva il principio di laicità è quello dal quale “prende il via” lo Stato e dal quale gli deriva la competenza a disciplinare giuridicamente tutto il reale. La sovranità intesa in tal modo significa che lo Stato possiede una competenza anche su ogni manifestazione storica, sociale e pubblica della religione. In altre parole lo Stato può intervenire in ogni espressione di una fede religiosa che non rimanga racchiusa nel sacrario della coscienza cioè in interiore homine come diceva S. Agostino. La sovranità dello Stato in questo campo si può esplicitare in modi diversi. Per esempio nella forma dello Stato confessionista; nella forma dove lo Stato decide di ignorare il fatto religioso lasciandolo al privato della coscienza individuale; e infine le forme dove lo Stato combatte il fatto religioso ritenendolo apoditticamente “oppio dei popoli”. La laicità dello Stato, nella sua vera autenticità si estrinseca nel favor religionis. Questo concetto non è da intendersi come un semplice disfavore verso la non credenza come era proclamato nello Statuto Albertino, ma invece deve intendersi come un atteggiamento di alta considerazione dei valori religiosi come “grandezze di segno positivo” come afferma Bellini nel suo libro “principi di diritto ecclesiastico”, degne di protezione giuridica e di tutela di un diritto di libertà che in questo caso è quella religiosa. E’ chiaro che in questa prospettiva viene abbandonata qualsiasi visione laicista di derivazione scientista o razionalista che prevedeva un atteggiamento esclusivo e non comprensivo della dimensione religiosa che pure è presente nella realtà umana. A questo punto è importante comprendere il nocciolo della questione. Questo sta nel rapporto tra Stato e società civile, nel senso che è questa, il luogo nel quale la religione si manifesta e quindi è lo Stato che deve essere al servizio della società civile per garantire ad essa la libera espressione del pensiero e della sua dimensione valoriale. Il prof. Cesare Mirabelli ha infatti ribadito che “lo Stato è al servizio della comunità e quindi deve favorire le esigenze della società….ci deve essere una sorta di laicità cooperativa che deve attivare gli strumenti perché la libertà religiosa sia effettiva, per esempio con interventi legislativi positivi a tutela della religione e della sua espressione”. Ultimamente nella vecchia Europa di matrice illuminista dove una volta si combatteva la dimensione religiosa, sta avvenendo un cambiamento. Tutto ciò si evince per esempio dall’ultimo discorso di Sarkozy citato dal prof. Cesare Mirabelli :”mi auguro – dice il presidente della repubblica francese– che una laicità positiva …. non consideri le religioni un pericolo ma una carta vincente”. Sembrano lontanissimi i tempi in cui si inneggiava alla Dea Ragione!Riveste grande importanza la sentenza della Corte Costituzionale (n. 203 del 1989) dove si recita che il valore della cultura religiosa e i principi del cattolicesimo nel patrimonio storico del popolo italiano “concorrono a descrivere l’attitudine laica dello Stato – Comunità che risponde non a postulati ideologizzati ed astratti di estraneità, ostilità o confessione dello Stato – Persona e dei suoi gruppi dirigenti rispetto alla religione o ad un particolare credo, ma si pone al servizio di concrete istanze della coscienza civile e religiosa dei cittadini”. E qui si inserisce tutto il dibattito sui simboli religiosi ed in particolare sul crocifisso esposto nei luoghi pubblici che tante polemiche ha suscitato. La dottrina che si è recentemente sviluppata si orientava verso la neutralità dello Stato per la quale si diceva che lo Stato, per essere veramente laico, doveva essere necessariamente neutrale. Ma c’è da dire che non esiste veramente una posizione neutrale in questo campo. Infatti uno stato che privilegiasse una forma di simbologia o la escludesse in nome della sua imparzialità non sarebbe neutrale ma farebbe comunque una scelta di campo e affermerebbe una visione del mondo rispetto da un’altra. E qui ci si ricollega a quella funzione di servizio (di cui si diceva e che è peculiare dello Stato – Comunità) nei confronti della società civile la quale è costituita da una identità, da una memoria storica, da valori condivisi espressi anche nell’ordinamento positivo, e che non possono essere ignorati senza cadere in un laicismo esasperato incompatibile col concetto di laicità. Tale laicità “non vuol dire – ha affermato il prof. Cesare Mirabelli – una riconfessionalizzazione dello Stato. Infatti il principio che ha animato la revisione dei trattati lateranensi è proprio quello di una laicità sollecitata non per far tacere ma per far esprimere tutte le confessioni”. “E quindi – ha continuato l’insigne studioso – è stato un elemento positivo e ha fatto in modo che l’insegnamento del Magistero potesse essere espresso liberamente.” D’altra parte l’insegnamento magisteriale è collegato al Vangelo e non all’utile e per quanto riguarda la classica accusa di ingerenza si deve dire per dovere di obiettività che “il politico ritiene l’intervento del Magistero legittimo se è conveniente alla dimensione politica e ingerenza se non è conveniente!!”. Infine il prof. Mirabelli ha messo in evidenza il tema di separazione tra Stato e Chiesa. E’ bene precisare che “separazione non è separatezza e quindi vi è collaborazione tra le due istituzioni per la promozione umana”. Infatti la Gaudium et Spes al n. 76, citata dal relatore, specifica che “la distinzione tra ordini non comporta dunque confusione ma neppure l’ignoranza reciproca nella misura in cui lo Stato e le istituzioni religiose sono al servizio della stessa persona umana, seppure a titolo diverso, per cui la loro collaborazione è largamente auspicabile”.
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