venerdì, maggio 01, 2009
Agenzia Misna - “Il cotone della buona salute”: è così che le donne del villaggio di Batia, nella regione cotoniera dell’ovest del Benin, chiamano il cotone biologico, coltivato solo dallo scorso anno su due ettari e mezzo di terreni agricoli gestiti da 12 contadini. E' una piccola ‘rivoluzione verde’ che ha consentito non solo il coinvolgimento delle donne nella produzione ma soprattutto di ridurre l’inquinamento causato dallaproduzione e le conseguenze sulla salute delle popolazione e sulle altre risorse naturali e agricole. Le piantagioni di cotone tradizionale (importante voce d'esportazione) sono predominanti nelle regioni occidentali del paese ma hanno pesanti effetti sull’ambiente a causa della quantità di pesticidi utilizzati. Per di più, in tempi di crisi socio-economica planetaria e di crollo del prezzo del cotone sui mercati mondiali, gli agricoltori locali sono costretti ad indebitarsi per comprare costosi prodotti specifici destinati a proteggere le loro coltivazioni. Questo piccolo primo tentativo di introdurre il biologico è stato possibile grazie al contributo di due organizzazioni non governative svizzera (Helvétas) e tedesca (Gtz) che, dopo anni di ricerche e sostegno tecnico, hanno convinto gli agricoltori ad accettare la sfida. Senza il ricorso ai pesticidi, il rischio principale era la distruzione del cotone da parte di insetti che di solito divorano le colture; un concime biologico – che si è dimostrato molto efficace - è stato appositamente ideato a base di latte di una pianta locale, prodotto dai contadini e dunque poco costoso.

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