Nel primo mese di intervento in Nord Kivu, Medici senza frontiere ha trattato 65 pazienti: “Non possiamo abbassare la guardia finché l'epidemia non sarà dichiarata conclusa”.
Emiliano Sinopoli – Città del Vaticano
Vatican News -Medici senza frontiere (Msf) ha trattato 65 pazienti confermati di Ebola nel primo mese di intervento in Nord Kivu, in risposta alla nuova epidemia nella Repubblica Democratica del Congo. Si tratta di oltre l’80% di tutti i pazienti confermati ricoverati nei Centri di trattamento Ebola dall’inizio della diffusione del virus. Tra i pazienti confermati del Centro di trattamento di Mangina, 29 sono guariti e sono tornati alle loro famiglie mentre tre sono ancora sotto trattamento. “Siamo a un punto cruciale dell’epidemia”: dichiara Berangère Guais, coordinatore dell’emergenza di Msf a Beni.
Nuove “catene di trasmissione” del virus
“È vero che il numero di pazienti nel Centro di trattamento si è ridotto in modo significativo, ma negli ultimi giorni sono emersi nuovi casi da alcune catene di trasmissione diverse. Dobbiamo continuare a lavorare con la comunità per creare fiducia e garantire che chiunque presenti i sintomi dell’Ebola sia isolato e testato rapidamente. Non possiamo abbassare la guardia finché l’epidemia non sarà dichiarata conclusa. Purtroppo – prosegue Berangère Guais – in questa epidemia almeno 17 operatori sanitari si sono ammalati. Lo staff sanitario che cura pazienti con malattie come malaria e polmonite, o assiste le donne durante il parto, deve essere protetto da un adeguato sistema di triage che identifichi e isoli i sospetti di Ebola prima che entrino in ospedale.
Questo non solo proteggerà gli operatori sanitari ma anche i loro pazienti e impedirà ai centri sanitari di diventare casse di risonanza per la diffusione del virus”.
Misure di prevenzione
“Questa epidemia ha caratteristiche particolari”, specifica Claudia Lodesani, presidente di Msf in Italia, appena rientrata dal Nord Kivu. “È in una zona di guerra, e questo limita l’intervento: non è possibile andare a cercare i pazienti e monitorarli come si fa di solito perché gli spostamenti sono limitati. Dall’altro lato, abbiamo iniziato a usare nuovi farmaci in collaborazione con il ministero della Salute e l’Oms, e a somministrare vaccini nelle prime tre settimane, e questo aiuterà a contenere l’epidemia”. Al 4 settembre, Msf conta 337 operatori umanitari impegnati sul campo, più 15 strutture sanitarie attrezzate per l’epidemia e 65 pazienti assistiti.
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Nuove “catene di trasmissione” del virus
“È vero che il numero di pazienti nel Centro di trattamento si è ridotto in modo significativo, ma negli ultimi giorni sono emersi nuovi casi da alcune catene di trasmissione diverse. Dobbiamo continuare a lavorare con la comunità per creare fiducia e garantire che chiunque presenti i sintomi dell’Ebola sia isolato e testato rapidamente. Non possiamo abbassare la guardia finché l’epidemia non sarà dichiarata conclusa. Purtroppo – prosegue Berangère Guais – in questa epidemia almeno 17 operatori sanitari si sono ammalati. Lo staff sanitario che cura pazienti con malattie come malaria e polmonite, o assiste le donne durante il parto, deve essere protetto da un adeguato sistema di triage che identifichi e isoli i sospetti di Ebola prima che entrino in ospedale.
Questo non solo proteggerà gli operatori sanitari ma anche i loro pazienti e impedirà ai centri sanitari di diventare casse di risonanza per la diffusione del virus”.
Misure di prevenzione
“Questa epidemia ha caratteristiche particolari”, specifica Claudia Lodesani, presidente di Msf in Italia, appena rientrata dal Nord Kivu. “È in una zona di guerra, e questo limita l’intervento: non è possibile andare a cercare i pazienti e monitorarli come si fa di solito perché gli spostamenti sono limitati. Dall’altro lato, abbiamo iniziato a usare nuovi farmaci in collaborazione con il ministero della Salute e l’Oms, e a somministrare vaccini nelle prime tre settimane, e questo aiuterà a contenere l’epidemia”. Al 4 settembre, Msf conta 337 operatori umanitari impegnati sul campo, più 15 strutture sanitarie attrezzate per l’epidemia e 65 pazienti assistiti.
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