lunedì, maggio 22, 2017
«Sono costretto ad avere una scorta armata di almeno due persone, specie quando mi reco a visitare le aree più vicine al confine nigeriano. Non è stato facile abituarsi, ma è l’unico modo per rimanere qui», dichiara fratel Fabio Mussi ad Aiuto alla Chiesa che Soffre. la sua quotidianità nel nord del Camerun

di Dario Cataldo

Yagoua, chiamata anche Yégwa o Yegwa, è il capoluogo del Dipartimento di Mayo-Danay nel nord del Camerun. Qui, come racconta fratel Fabio Mussi missionario del Pime e coordinatore della diocesana locale: «Abbiamo avuto diversi attacchi, specie tra il 2015 e il 2016, e le violenze hanno causato un alto numero di sfollati interni». Il pericolo maggiore è rappresentato dalle violenze di Boko Haram, che hanno varcato il confine con la vicina Nigeria, riferendo di una situazione aggravata a partire dal 2014.

Una vera e propria strategia del terrore, che non risparmia nessuno, specie i rappresentanti delle religioni diverse dall'Islam. Tra queste è innegabile l'odio verso il Cristianesimo. Numerosi rapimenti, come quello avvenuto nel 2014 ai danni dei sacerdoti italiani don Giampaolo Marta e don Gianantonio Allegri e della religiosa canadese Gilberte Bussier. «Noi missionari siamo i più a rischio – spiega fratel Mussi - perché siamo gli unici stranieri rimasti in questa regione. La Chiesa in Camerun è sempre rimasta presente, anche quando le altre realtà assistenziali si sono ritirate».

Alessandro Monteduro, direttore di ACS-Italia, in una nota dichiara: «La testimonianza di fratel Mussi dimostra ancora una volta come la Chiesa in Africa sia spesso l’unica al fianco della popolazione e la prima a rispondere concretamente al fondamentalismo. Ma non può farlo senza il nostro sostegno».


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