venerdì, maggio 12, 2017
Duro attacco del direttore di Caritas Ambrosiana che accusa la società di lasciare i poveri e i migranti in balia del proprio destino. Un pensiero alle Ong: "Doverosamente soccorrono in mare chi tenta la traversata, supplendo alle istituzioni".

di Dario Cataldo

Il povero come reietto da tenere distante. Retaggio di una cultura dedita al profitto e alla speculazione, viviamo in società in cui i meno fortunati sono quasi un peso, una zavorra. Ne è convinto il direttore di Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti, che in un intervento alla prima delle tre giornate di studio “Non solo senza”, promosse a Milano dalla Caritas Ambrosiana e dalla Federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora, dichiara: "Siamo stanchi di vedere i poveri concepiti come una minaccia, come scarti da nascondere spostandoli da un quartiere a un altro, o da cui difenderci erigendo muri.

Una severa constatazione della realtà, in cui è categorico rimboccarsi le maniche per ridurre il problema. "Vogliamo reagire a questa logica che criminalizzando i poveri finisce con il criminalizzare anche chi li aiuta: prima le cooperative che si occupano dell’accoglienza dei migranti - continua Gualzetti - e ora le ong che doverosamente soccorrono in mare chi tenta la traversata, supplendo alle istituzioni".

In tale ragionamento, però, qualcosa di positivo esiste. Come sottolinea il Direttore: "Ci sono tuttavia anche notizie buone. Per la prima volta – conclude – finalmente abbiamo in Italia un piano nazionale di lotta alla povertà e strumenti, come il reddito di inclusione, forse ancora legati ad una dimensione quantitativa, ma che sono un punto di partenza importante per voltare pagina”.


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