Dopo la visita di Trump in Arabia Saudita si ricomincia: confermata la condanna capitale per 14 giovani
Il giornale arabo 'Alalam' riferisce che la Corte Suprema di Riyadh ieri ha decretato l'esecuzione capitale di 14 giovani uomini di Qatif. Il verdetto è stato deciso per i tumulti avvenuti durante le manifestazioni popolari che scoppiarono in Arabia Saudita sulla scia della primavera araba nel 2011.
di Patrizio Ricci
Le città di Al-Hasa e Qatif sono state conquistate e annesse all'emirato di Riyad nel 1913. La regione a prevalentemente sciita, ha sperimentato l'oppressione dello stato che discrimina la popolazione di etnia sciita nonostante la zona ospiti le più grandi riserve di petrolio del Regno. Per gli eventi delle proteste del 2011, nel 2016 c'è stata una esecuzione di massa di 47 imputati sciiti. Tra di loro anche lo sceicco sciita Nimr Baqir al-Nimr. Al-Nimr era una persona pacifica, tant'è che aveva chiesto ai manifestanti di resistere pallottole della polizia usando "il ruggito della parola", piuttosto che la violenza.
I 14 giovani sono accusati per fatti annessi alle manifestazioni di protesta nel 2011. Dopo questo ultimo passaggio della Corte Suprema che ha espresso il proprio 'placet', l'esecuzione sarà compiuta se la sentenza sarà controfirmata dall'autorità saudita. Quest'ultima procedura può richiedere parecchio tempo e la pena potrebbe essere anche commutata con un lungo periodo di detenzione.
Gli avvocati dei condannati sostengono che gli imputati sono stati sottoposti a torture fisiche e psicologiche per estorcere false confessioni di colpa. Vale la pena ricordare che la monarchia Saudita con la scusa del pericolo del terrorismo, ha fatto approvare leggi e pene severe per accuse relative all'esercizio dei diritti e delle libertà fondamentali, come il diritto di espressione e di manifestazione pacifica.
L'Arabia Saudita è ai primi posti per il numero di pene capitali imposte, processi sommari e limitazione della libertà d'espressione ma nel 2015 è stata onorata con la presidenza della Commissione delle Nazioni Unite destinata a vigilare sul rispetto dei diritti umani. E' attualmente membro della commissione Onu per i diritti umani delle donne. Il paese è al 141° posto su 144 per il rispetto dei diritti di genere nel mondo.
Nonostante queste forti incongruenze, il presidente degli Stati Uniti Trump, durante il suo viaggio in terra saudita concluso pochi giorni fa, non ha fatto alcuna menzione sulla violazione dei diritti umani in Arabia Saudita
di Patrizio RicciLe città di Al-Hasa e Qatif sono state conquistate e annesse all'emirato di Riyad nel 1913. La regione a prevalentemente sciita, ha sperimentato l'oppressione dello stato che discrimina la popolazione di etnia sciita nonostante la zona ospiti le più grandi riserve di petrolio del Regno. Per gli eventi delle proteste del 2011, nel 2016 c'è stata una esecuzione di massa di 47 imputati sciiti. Tra di loro anche lo sceicco sciita Nimr Baqir al-Nimr. Al-Nimr era una persona pacifica, tant'è che aveva chiesto ai manifestanti di resistere pallottole della polizia usando "il ruggito della parola", piuttosto che la violenza.
I 14 giovani sono accusati per fatti annessi alle manifestazioni di protesta nel 2011. Dopo questo ultimo passaggio della Corte Suprema che ha espresso il proprio 'placet', l'esecuzione sarà compiuta se la sentenza sarà controfirmata dall'autorità saudita. Quest'ultima procedura può richiedere parecchio tempo e la pena potrebbe essere anche commutata con un lungo periodo di detenzione.
Gli avvocati dei condannati sostengono che gli imputati sono stati sottoposti a torture fisiche e psicologiche per estorcere false confessioni di colpa. Vale la pena ricordare che la monarchia Saudita con la scusa del pericolo del terrorismo, ha fatto approvare leggi e pene severe per accuse relative all'esercizio dei diritti e delle libertà fondamentali, come il diritto di espressione e di manifestazione pacifica.
L'Arabia Saudita è ai primi posti per il numero di pene capitali imposte, processi sommari e limitazione della libertà d'espressione ma nel 2015 è stata onorata con la presidenza della Commissione delle Nazioni Unite destinata a vigilare sul rispetto dei diritti umani. E' attualmente membro della commissione Onu per i diritti umani delle donne. Il paese è al 141° posto su 144 per il rispetto dei diritti di genere nel mondo.
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