Troppi ritardi nella ricostruzione dopo il terremoto nel Centro Italia.
Radio Vaticana - A denunciarlo è la Coldiretti, che oggi ha portato qualche centinaia di agricoltori e allevatori davanti a Montecitorio. L’organizzazione denuncia che nelle aree rurali terremotate si contano danni diretti ed indiretti per 2,3 miliardi tra strade e infrastrutture, case rurali. Il servizio di Alessandro Guarasci: ascolta
Quattro regioni dove l’agricoltura è stata messa in ginocchio: Marche, Abruzzo, Umbria e Lazio. Il sisma e il maltempo hanno dato un colpo micidiale. Sono 25 mila le aziende agricole e le stalle nei 131 comuni terremotati con 292 mila ettari di terreni agricoli coltivati da imprese per la quasi totalità a gestione familiare. E poi, sfollati 9 animali su 10, oltre diecimila i capi morti. Il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo:
“E’ l’esempio concreto di come la macchina non stia funzionando. Abbiamo bisogno di risistemare le strade per arrivare nei campi, in vista delle semine primaverili; abbiamo bisogno di dare un rifugio agli animali: nove animali su dieci sono ancora senza ricovero stabile dopo il terremoto; abbiamo bisogno di avere finalmente per tutti gli allevatori le casette che consentano loro di stare vicini ai loro animali. Queste sono le emergenze più grandi che vanno superate. Senza agricoltura, senza cibo e senza turismo quei territori sono destinati a vivere, dopo il dramma del terremoto, il dramma dell’abbandono”.
Nelle Marche sono 337 le stalle o i fienili inagibili, e sono solo 55 le strutture ricostruite o funzionanti. Difficile la situazione ad Arquata, dice un allevatore:
“Ancora non si sa che fine faranno le due-tre tensostrutture che devono essere ultimate. Per quanto riguarda la produzione, sicuramente il fatto che gli allevatori devono sobbarcarsi ogni giorno un viaggio di 140 km per andare ad accudire gli animali, non è una situazione che può perdurare, anche perché le persone vogliono stare vicine ai propri animali, e giustamente”.
Discorso simile per Abruzzo, Lazio e Umbria, dove tra l’altro rischia di crollare tutta un’economia legata all’enogastronomia. Un coltivatore di Amatrice chiede che si dia un taglio netto alla burocrazia:
“Se almeno riaprissero le strade, se togliessero le macerie, se dessero quel minimo di aiuto, con criterio, non buttando i soldi … Se non avessimo avuto donazioni di privati, noi dove saremmo andati a vivere, soprattutto con i terremoti poi con tutta la neve, con tutto il freddo che abbiamo dovuto superare?”.
Particolare la situazione a Castelluccio di Norcia, famoso per la lenticchia che ha ricevuto riconoscimenti internazionali. Sentiamo uno di questi coltivatori:
“La faccenda è ferma: in questo momento noi dovremmo salire a Castelluccio perché nel mese di marzo si fa la semina per la prossima stagione. Purtroppo, non abbiamo strade per salire a Castelluccio: la strada principale, che è interrotta dal 24 agosto, a oggi è disastrata ma noi in qualche modo dobbiamo salirci. Allora chiediamo alle istituzioni che in qualche modo ci liberino la strada: togliamo qualche sasso, perché almeno i trattori dobbiamo farli salire. La semina intanto comunque dobbiamo farla: se non seminiamo questo, non mangiamo. Lo so, non moriremo di fame, ma ce la passiamo male …”.
Dunque, la politica si sbrighi, agevoli le procedure, perché - esorta Coldiretti - di burocrazia si muore.
Radio Vaticana - A denunciarlo è la Coldiretti, che oggi ha portato qualche centinaia di agricoltori e allevatori davanti a Montecitorio. L’organizzazione denuncia che nelle aree rurali terremotate si contano danni diretti ed indiretti per 2,3 miliardi tra strade e infrastrutture, case rurali. Il servizio di Alessandro Guarasci: ascolta
Quattro regioni dove l’agricoltura è stata messa in ginocchio: Marche, Abruzzo, Umbria e Lazio. Il sisma e il maltempo hanno dato un colpo micidiale. Sono 25 mila le aziende agricole e le stalle nei 131 comuni terremotati con 292 mila ettari di terreni agricoli coltivati da imprese per la quasi totalità a gestione familiare. E poi, sfollati 9 animali su 10, oltre diecimila i capi morti. Il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo:
“E’ l’esempio concreto di come la macchina non stia funzionando. Abbiamo bisogno di risistemare le strade per arrivare nei campi, in vista delle semine primaverili; abbiamo bisogno di dare un rifugio agli animali: nove animali su dieci sono ancora senza ricovero stabile dopo il terremoto; abbiamo bisogno di avere finalmente per tutti gli allevatori le casette che consentano loro di stare vicini ai loro animali. Queste sono le emergenze più grandi che vanno superate. Senza agricoltura, senza cibo e senza turismo quei territori sono destinati a vivere, dopo il dramma del terremoto, il dramma dell’abbandono”.
Nelle Marche sono 337 le stalle o i fienili inagibili, e sono solo 55 le strutture ricostruite o funzionanti. Difficile la situazione ad Arquata, dice un allevatore:
“Ancora non si sa che fine faranno le due-tre tensostrutture che devono essere ultimate. Per quanto riguarda la produzione, sicuramente il fatto che gli allevatori devono sobbarcarsi ogni giorno un viaggio di 140 km per andare ad accudire gli animali, non è una situazione che può perdurare, anche perché le persone vogliono stare vicine ai propri animali, e giustamente”.
Discorso simile per Abruzzo, Lazio e Umbria, dove tra l’altro rischia di crollare tutta un’economia legata all’enogastronomia. Un coltivatore di Amatrice chiede che si dia un taglio netto alla burocrazia:
“Se almeno riaprissero le strade, se togliessero le macerie, se dessero quel minimo di aiuto, con criterio, non buttando i soldi … Se non avessimo avuto donazioni di privati, noi dove saremmo andati a vivere, soprattutto con i terremoti poi con tutta la neve, con tutto il freddo che abbiamo dovuto superare?”.
Particolare la situazione a Castelluccio di Norcia, famoso per la lenticchia che ha ricevuto riconoscimenti internazionali. Sentiamo uno di questi coltivatori:
“La faccenda è ferma: in questo momento noi dovremmo salire a Castelluccio perché nel mese di marzo si fa la semina per la prossima stagione. Purtroppo, non abbiamo strade per salire a Castelluccio: la strada principale, che è interrotta dal 24 agosto, a oggi è disastrata ma noi in qualche modo dobbiamo salirci. Allora chiediamo alle istituzioni che in qualche modo ci liberino la strada: togliamo qualche sasso, perché almeno i trattori dobbiamo farli salire. La semina intanto comunque dobbiamo farla: se non seminiamo questo, non mangiamo. Lo so, non moriremo di fame, ma ce la passiamo male …”.
Dunque, la politica si sbrighi, agevoli le procedure, perché - esorta Coldiretti - di burocrazia si muore.
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