venerdì, gennaio 20, 2017
Secondo i sondaggi Gallup gli Stati Uniti non hanno problemi pressanti né in economica né in politica. Eppure, nonostante la ripresa, dal 2007 ad oggi la produttività del paese è calata.

di Lorenzo Carchini

Mentre Donald Trump si appresta a diventare il 45° Presidente degli Stati Uniti, secondo i sondaggi Gallup, il paese che si troverà a guidare sta sostanzialmente bene. La popolazione intervistata non sono riusciti, infatti, a presentare un problema non più rimandabile. Di fronte ad una vasta scelta, da malgoverno a economia, da tensioni razziali a sanità ed elezioni, il panorama illustrato dall'autorevole agenzia è generalmente piatto.

L'11% degli intervistati che hanno citato, rispettivamente, economia e malgoverno costituiscono le percentuali più basse registrate sin dal 1939, quando per la prima volta Gallup propose questo tipo di quesito. Un trend sorprendente, certificato dall'incapacità da parte del 20% degli americani intervistati di identificare una qualsiasi questione che possa essere ritenuta ragionevolmente allarmante da richiamare l'attenzione di Washington.

Certo, si parla di un sondaggio dall'andamento molto variabile, che risente di fattori "alteranti", in particolare i media. Ad oggi, ad esempio, solo il 10% degli americani ha definito le tensioni razziali come il problema più grave del paese. La media annuale 2016 (8%) deve fare i conti anche con periodi di picco massimo - 18% a Luglio - ed un minimo tra il 5-7% ad inizio anno.

Altri dati, invece, saranno destinati ad aumentare durante il 2017, con l'investitura di Trump. In particolare il tema della sanità, attestatosi oggi al 9%, ma cresciuto costantemente da Gennaio scorso, quando era al 4% - segnando un dato medio del 5%. Non è difficile ipotizzare che questo dato potrebbe crescere nel momento in cui il nuovo presidente ed il Congresso dovessero compiere passi concreti per abbattere l'Obamacare.

L'assenza di un tema dominante sul sondaggio Gallup si aggiunge ad un quadro di un paese complesso, ma che, come in poche altre occasioni, non sta affrontando né una particolare crisi economica, né una vera e propria guerra. Il dato sulla disoccupazione lo testimonia: soltanto il 5% lo considera un tema critico e, contemporaneamente, la fiducia nell'economia ha toccato nel 2016 il punto massimo dal 2008. L'ultima volta i cui si è potuto registrare una situazione simile, era il 2001, all'alba dell'amministrazione Bush.


L'economia era tema scottante, invece, quando Barack Obama e Bill Clinton giurarono a Washington (rispettivamente 35% e 57%). Così era stato anche al tempo di Ronald Reagan e di Gerald Ford. Un'altra America, quella del Watergate e del Vietnam. Un'America, però, che stava per sperimentare il calo della crescita che si sarebbe abbattuto come una scure sul Pil pro-capite, con effetti che gli americani vedono ancora oggi, a partire dall'aumento sostanziale dei costi della sanità, delle case e dell'istruzione.

Tre fattori che se nel 1980 portavano via il 25% della spesa nazionale, nel 2015 lo fanno per il 36%, influendo ancor di più sulle tasche dei cittadini. Ciò, però, non ha portato con sé un aumento della qualità dei servizi forniti, bensì ad una stagnazione che ha indirettamente fatto aumentare i costi sul lungo periodo, peggiorando gli standard di vita. Una situazione alla quale l'ex presidente non è riuscito a mettere una pezza durante il proprio mandato.

E questa sarà la vera sfida "impossibile" di Donald Trump. Cambiare la strategia produttiva, a partire dalle regolamentazioni che ogni anno arrivano dalla Casa Bianca che non solo comportano spese su spese, che finiscono per accumularsi sulle spalle di imprenditori (che licenziano) e cittadini; le spese amministrative, sommate alle inefficienze del settore industriale e della burocrazia statale; dovrà mettere mano alla distribuzione indiscriminata dei sussidi (soprattutto universitari), che indirettamente hanno finito per provocare un crollo del rapporto qualità prezzo nel campo dell'istruzione; infine resta il problema abitazioni, una questione dove le "local land-use regulations" ed i prezzi al rialzo rendono il mercato delle case inevitabilmente disfunzionale.


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