venerdì, dicembre 09, 2016
Per la seconda puntata della lunga intervista al giornalista e scrittore Marco D’Eramo, l’Europa e l’incubazione ventennale di una crisi lunga, della quale non si vede ancora la fine. Ma il problema è anche l'incapacità della cittadinanza di mettersi nuovamente in movimento.

Intervista di Lorenzo Carchini

Da una crisi con un’incubazione di almeno 20 anni, l’uscita sembra ancora lontana. A pagarne le spese siamo noi cittadini, che vediamo i salari ridursi di pari passo al welfare state. “Finché non si rialzeranno i salari e non si riprenderà a dare più soldi a chi lavora, dalla crisi non se ne uscirà. E' inutile che si continui a stampare moneta e dare soldi alle banche, perché queste non li metteranno in giro, ma ci compreranno azioni, finanzieranno le fusioni, con nessuna ricaduta sull'economia reale, fatta di investimenti ed infrastrutture” .

"Siamo in un momento in cui dobbiamo rianalizzare le nostre guerre ideologiche", queste le parole di Marco D’Eramo, giornalista e scrittore, storica firma del Manifesto e di Micromega. Un'analisi che deve fare i conti con la realtà odierna, caratterizzata da "una pura realpolitik, nella quale ognuno vuole mantenere il suo potere e basta".

Un nodo irrisolto, che si accompagna alle difficoltà e le contraddizioni dell'Europa, è anche quello legato ai trattati internazionali. Le libertà in un mondo globalizzato non tanto dalla politica, ma dalla rivoluzione tecnica della nostra civiltà, costituiscono una questione rispetto alla quale "bisogna decidere come far comprare merci da parte di cittadini che non guadagnano, perché il lavoro è sempre più scarso".

Manca, secondo il nostro ospite, una visione a medio-lungo termine: non solo sono pochi i soggetti politici capaci di imporsi, ma ancor inferiore è la forza della cittadinanza di mobilitarsi.

Ricorda D’Eramo, “tutti le grandi conquiste fatte, sono avvenute fuori dai parlamenti, quando i governi hanno dovuto recepire quello che arrivava da fuori, sia in modo pacifico che violento.Senza due anni di sciopero generale, i francesi nel '36 non avrebbero ottenuto, per la prima volta nella storia, le ferie pagate per tutti, le otto ore di lavoro, le pensioni. Senza l'autunno caldo non ci sarebbe stato lo Statuto dei Lavoratori”.

E in questo momento non ci esiste una vera mobilitazione? “Adesso non c'è niente che si muove, abbiamo subito le misure di austerità in silenzio e naturalmente chi detiene il potere agisce”.

Resta il fatto, secondo il nostro ospite, che il sistema appare quanto mai vicino ad una rottura, ma in quale direzione andremo, lo scopriremo soltanto in futuro, magari a partire dalle elezioni francesi e tedesche del 2017.


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