mercoledì, settembre 07, 2016
Finisce sotto accusa il candidato premier in pectore, che ammette di aver saputo dell’indagine sull'assessora: "Ho letto quella mail, ma ho capito male". Taverna e Castaldo lo avevano informato già il 4 Agosto.

Un castello di bugie. Così potremmo riassumere la tempesta perfetta che si sta abbattendo sul Movimento 5 Stelle, da Roma fino alle stanze del Direttorio. Da più di un mese Luigi Di Maio sapeva che l'assessora all'ambiente Paola Muraro era indagata. Dunque mentiva quando diceva di non potersi pronunciare sulla vicenda in mancanza di notizie giudiziarie certe.

Era il 4 Agosto, un giovedì, quando Di Maio, nel mezzo della polemica sulle consulenze della Muraro, veniva informato di qualcosa di ben più scottante: l'inchiesta della procura sulla manager a cui Virginia Raggi aveva affidato la sfida di ripulire Roma. La notizia gli arriva da TavernaCastaldo, membri del direttorio capitolino.

Si sgretola così il paladino "pragmatico" dei Pentastellati, premier in pectore ora in caduta libera. Il suo "processo" è cominciato ieri alle 9,30, come riporta stamane La Stampa. Nelle stanze che ospitano i gruppi del Movimento viene sommerso di accuse da Paola Taverna e Carla Ruocco, che si accaniscono sull'ex enfant prodige: "Siete solo ragazzini che si sono montati la testa". Intanto Di Maio cerca di barcamenarsi: "Scusate", avrebbe continuato a ripetere, "Ho letto quella mail ma ho capito male".

Taverna ne ha anche per la Raggi, che aveva tirato in ballo la senatrice durante l'udienza del 5 settembre scorso, davanti alla commissione sull'inchiesta rifiuti, dicendo di aver informato i vertici 5 Stelle, per poi precisare, qualche ora dopo, di averlo detto solo al direttorio romano guidato dalla senatrice. Correzione che la diretta interessata non manda giù e, per non rimanere col cerino in mano, lascia trapelare dei contatti avuti con Di Maio circa la posizione della Muraro tra il 4 ed il 5 Agosto.

Di Maio dunque sapeva e Massimo Castaldo, eurodeputato, avrebbe informato il Vice Presidente della Camera del reato contestato dai pm. Così, la vicenda romana, come anticipato ieri dall'on. Zaccagnini ai nostri microfoni, non è più un caso locale, ma assume portata nazionale: nell'occhio del ciclone non c'è più solo la Raggi che tenta le capriole specificando la differenza tra avviso di garanzia e iscrizione sul registro degli indagati; bensì c'è la testa dei 5 Stelle, il candidato premier, accusato di aver mentito.

Nel circolo dei silenzi innescatosi negli ultimi mesi, ora si spiega l'assenza di Luigi Di Maio ieri al programma di Rai 3 Politics, così come lo stop di Di Battista (che pure pare piuttosto lontano dalla vicenda) al tour costituzionale. Le prossime mosse sembrano chiare: le scuse pubbliche di Di Maio, la nomina di una nuova giunta, il ridimensionamento della stessa sindaca Raggi. Intanto proseguiranno, però, le schermaglie tra le correnti interne al Movimento; chiamale "beghe da vecchio partito", come sostiene Dario Fo.


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