martedì, settembre 20, 2016
Dopo il diploma di ragioniere Franco Nero, nome d'arte di Franco Sparanero, si iscrive a Economia e commercio, ma ben presto interrompe l'Università per seguire corsi di recitazione al Piccolo Teatro di Milano, dove si trasferisce da San Prospero di San Lazzaro Parmense, dove è nato. 

di Rita Bugliosi

Almanacco della Scienza - CNR - Dal capoluogo lombardo si sposta poi a Roma, dove, dopo un periodo di gavetta, esordisce come attore in 'Pelle viva' di Giuseppe Fina e comincia a lavorare con registi quali Florestano Vancini, Pasquale Squitieri, Carlo Lizzani. Nel 1966 interpreta Django, nell'omonimo film di Sergio Corbucci, pietra miliare del genere western all'italiana al quale ha reso omaggio anche Quentin Tarantino con il suo 'Django Unchained' del 2012. Il 1966 è anche l'anno dell'incontro con John Huston, che gli affida il ruolo di Abele ne 'La Bibbia', pellicola che segna il passaggio dell'attore al cinema internazionale, portandolo a lavorare con registi del calibro di Claude Chabrol, Rainer Werner Fassbinder, Luis Buñuel. Sul set di 'Camelot' l'attore incontra anche l'amore, la collega Vanessa Redgrave, dalla quale ha un figlio, Carlo Gabriel, divenuto regista.

Interprete di oltre 200 film, Franco Nero ha da poco terminato di girare 'The broken key', diretto da Louis Nero, film nel qual lavora al fianco di Geraldine Chaplin e Rutger Hauer e che sarà in sala quest'inverno.

Perché ha abbandonato l'università per studiare recitazione?

Ho capito che quella non era la mia vita, come non lo era la carriera militare, che mio padre carabiniere desiderava intraprendessi. Fin da giovanissimo mi divertiva organizzare spettacoli per i ragazzi e lavoravo come comparsa al Teatro Regio di Parma. Quando poi sono arrivato a Roma, grazie al servizio militare, finalmente ho potuto trasformare in realtà i miei sogni e dedicarmi alla recitazione.

È stato protagonista di molti western italiani, ha vestito i panni di Django, venne scelto da John Huston per recitare ne 'La Bibbia'. Generi molto diversi: in quali si è sentito più a suo agio?

In tutti. Ogni interpretazione mi ha lasciato qualcosa. Mi diverte trasformarmi, sia nell'aspetto che nella personalità, davanti alla macchina da presa. Nella mia carriera ho vestito i panni di personaggi vari, non a caso mio figlio ha girato un documentario intitolato 'L'uomo dai mille volti', dedicato alle mie tante e differenti interpretazioni. E anche se tutti ricordano Django e i western, su oltre 200 film che ho interpretato solo una decina appartengono a questo genere. Ma sono pellicole che hanno avuto un eccezionale successo, molto amate dal pubblico e, quindi, tutti mi ricordano per quelle.

L'incontro con John Huston, poi, è stato casuale. Appena arrivato a Roma ero squattrinato e per guadagnare qualcosa lavoravo come aiuto fotografo di Claudio Abate: un giorno venne nel suo studio un fotografo della De Laurentiis e mi scattò alcuni primi piani che arrivarono sulla scrivania di Huston, che volle vedermi. Incontrai il regista a Roma, al Grand Hotel, dove mi fece un provino che mi imbarazzò un po': mi chiese di spogliarmi, voleva vedere il mio fisico. Dopo qualche giorno mi chiamarono per dirmi che ero stato scelto per interpretare Abele nella Bibbia. L'incontro con Huston è stato fondamentale per la mia carriera: è stato lui che ha fatto il mio nome a Joshua Logan per 'Camelot'.

Proprio lavorando per 'Camelot' ha incontrato Vanessa Redgrave che è diventata poi sua moglie. Com'è convivere con una collega?

Vanessa è una donna difficile, è cocciuta, ha una forte personalità. Ma è straordinaria. Oltre a essere un'attrice eccezionale è impegnata nella difesa dei diritti umani, nella lotta alla povertà ed è da anni ambasciatrice dell'Unicef. È stimata e apprezzata dai suoi colleghi, registi e attori, e lavorare con lei al cinema e a teatro è stato per me un privilegio. Tra noi non c'è mai stata competizione, ci siamo sempre aiutai a vicenda.

Molte sono state anche le sue pellicole impegnate come 'Il delitto Matteotti' di Florestano Vancini o 'Il giorno della civetta' di Damiano Damiani. Come ha vissuto questi ruoli?

Devo a Vanessa se ho lavorato a 'Il giorno della Civetta': lei aveva letto e apprezzato il libro di Leonardo Sciascia e mi ha spinto ad accettare il ruolo del Capitano Bellodi nel film, che si è rivelato un'opera immortale. Per me, figlio di un carabiniere, ha avuto un significato particolare vestire i panni di un ufficiale dell'Arma; e il ricordo di mio padre mi ha agevolato nell'interpretazione. Ma, come ho detto, trovo comunque affascinante interpretare qualsiasi ruolo, se il film è di valore.

Tanti gli attori e i registi importanti, italiani e stranieri, con i quali ha lavorato. Ha qualche ricordo particolare?

La persona che mi ha colpito di più è stato Luis Buñuel. Lo ammiravo professionalmente e mi ha colpito per la sua personalità, un misto di 'black humor' e spirito fanciullesco di pascoliana memoria. Quando l'ho conosciuto e mi sono presentato, ha detto subito che mi avrebbe chiamato solo Nero, non Franco, perché era critico nei confronti del franchismo. Ricordo poi un episodio divertente che è capitato nel corso della lavorazione di un film: stavamo girando in una piazza di Toledo e Luis era nervoso, quando gli chiedemmo il motivo ci disse che non trovava più la sua borsa; dopo lunghe ricerche venne infine recuperata e lui felice se la strinse al petto. Tutti pensavamo che contenesse importanti appunti di lavoro, ma quando si è allontanato portandola con sé, ho deciso di seguirlo: Luis si siede su una panchina, apre la borsa e tira fuori un panino con il prosciutto e una bottiglia di vino. Aveva molta fame mi disse, ma non voleva che la troupe interrompesse il lavoro.

Se potesse interpretare uno scienziato, di chi le piacerebbe vestire i panni?

In verità ho interpretato uno scienziato, Leonardo da Vinci, in un film prodotto dalla Walt Disney, 'Il viaggio di Giulio Verne', in cui cerco di far volare un aereo. La pellicola è ancora proiettata nei parchi tematici della Disney ed è divertente ed educativa. Se comunque dovessi scegliere uno scienziato andrei indietro nel tempo, mi piacerebbe interpretare figure che sono diventate miti nell'immaginario collettivo, come Albert Einstein.

Si interessa alle ricerche e alle scoperte scientifiche?

Seguo qualche volta i programmi di Piero e Alberto Angela, due divulgatori scientifici che apprezzo, ma in tv preferisco guardare sport e tg.

Qual è il suo rapporto con la tecnologia e come ha cambiato il suo modo di lavorare?

Ho un pessimo rapporto con la tecnologia, non ho mai usato un computer, non so cosa sia Facebook. Anche nel cinema sono poco attratto da film che prevedono molti effetti speciali.

Quali sono i suoi progetti per il futuro?

Ne ho molti, tra cui la partecipazione a un film dedicato a un Ulisse moderno, in cui interpreto uno strano indovino tatuato e un po' hippy. C'è poi il progetto di John Sayles che ha scritto la sceneggiatura di 'Django lives!', sequel del western del 1966. Sto lavorando anche a un film come regista, 'L'uomo che leggeva le anime', ispirato a una storia vera di un uomo cieco che, ascoltando parlare le persone, ne disegna i volti. Vorrei inoltre girare un film che Elio Petri scrisse per me ma che non realizzò mai perché morì di tumore.


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